Il 4 luglio è considerata la festa più importante degli Stati Uniti d’America, quella che celebra lo straordinario patriottismo di questo popolo, l’Indipendence Day.
Cosa si festeggia esattamente il 4 luglio
Torniamo indietro a 243 anni fa, era il lontano 4 luglio 1776 quando le 13 colonie americane ottennero ufficialmente l’indipendenza dalla Gran Bretagna.
Il primo nucleo degli attuali USA era appunto costituito da 13 colonie: New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Georgia.
Thomas Jefferson aveva redatto la dichiarazione d’indipendenza già il 2 luglio, ma la ratifica ufficiale avvenne durante il congresso di Philadelphia, in Pennsylvania.
George Washington divenne il primo presidente degli Stati Uniti nel 1789.
La festa tra parate e barbecue
Durante questa giornata banche, poste e uffici federali rimangono chiusi. A mezzogiorno nelle basi militari vengono sparati tanti colpi di pistola quanti sono gli stati dell’Unione. Questo per riprendere il “Salute to the Union” , delle primissime celebrazioni, quando le colonie erano appena 13 e si sparavano “soltanto” 13 colpi.
Le famiglie americane seguono un preciso rituale durante la festa del 4 luglio. Appuntamento imperdibile è quello con le parate mattutine. Ci si riunisce con parenti ed amici per assistere a quella che è la manifestazione più limpida del patriottismo e dell’amor di patria americani.
Si prosegue con pic nic e barbecue nei parchi, su asciugamani e tovaglie rigorosamente a stelle e strisce.
L’apoteosi per qualsiasi Yankee che si rispetti arriva la sera, quando sullo sfondo di spettacolari fuochi d’artificio che illuminano ogni città americana, si intona l’inno americano The Star-Spangled Banner con la mano sul cuore.
Il menù tradizionale dell’evento
Hotdog e hamburger sono irrinunciabili per qualsiasi americano durante tutto l’anno, figuriamoci nella festa del pic nic e del barbecue per antonomasia.
Per gli amanti della carne saporita, ecco le spare ribs (le mitiche costolette di maiale) impreziosite dalla salsa BBQ. Anche il petto e le ali di pollo abbondano sulle griglie, intervallate da patate e verdure arrostite in quantità esagerata.
Per dessert non può mancare il tipico dolcetto da pic nic, il brownies al cioccolato e burro d’arachidi.
Sei una persona capace, determinata, che da sempre il meglio di se in tutto quello che fa? In caso di risposta affermativa COMPLIMENTI!
Come dici? Non ti meriti i miei complimenti? Non sei poi così in gamba? Quello che fai potrebbe farlo chiunque?
Aspetta un secondo, potresti essere una delle tantissime persone che soffre di Sindrome dell’Impostore.
Di cosa si tratta
Il più istintivo di voi potrebbe aver reagito con un “impostore io? Ma di che parli”? Quello più riflessivo potrebbe essere trasalito e aver pensato: “Non ha tutti i torti in fondo”.
Smettetela di essere troppo severi con voi stessi e fermatevi un secondo a leggere.
La sindrome dell’impostore è uno stato d’animo che campeggia in quelle persone che hanno ottenuto premi e successi, ma pensano in cuor loro di non meritarli, nonostante chiunque continui ad elogiarli per le loro competenze.
Ti ci riconosci anche tu?
E’ una sindrome che non risparmia nessuno
Secondo studi approfonditi questa patologia mentale colpisce soprattutto le donne di successo, che hanno raggiungo traguardi importanti in ambienti di lavoro prettamente maschili.
Il paradosso è che più il soggetto è capace e maggiore è la possibilità di sentirsi inadeguati di fronte ai propri successi.
Ne soffrono in particolare professionisti affermati, artisti, star del mondo della musica e dello spettacolo. La società basata sull’ipercompetitività e sull’insicurezza economica ha acuito questo problema.
I cosiddetti vip temono di essere giudicati per le loro performance e di essere criticati aspramente dai fan. Spesso la pressione è talmente forte da portare alla depressione.
Le cause di questo stato d’animo
I soggetti più esposti alla sindrome dell’impostore sono essenzialmente 4:
Chi è stato educato alla modestia e prova imbarazzo nel lodarsi, anche quando lo meriterebbe.
Chi ha un forte senso del dovere e si sente male al solo pensiero di poter deludere qualcuno.
Chi è consapevole di poter sbagliare e si trova di fronte persone che impongono il loro pensiero credendo di essere il padre eterno e di non poter commettere errori.
Chi è portato a prescindere per l’autocritica, per paura di non essere all’altezza delle aspettative di qualcuno.
L’ottenimento di ulteriori successi tende a peggiorare questa situazione mentale. Aumentano le conoscenze e le competenze, ma anche le pressioni e le responsabilità.
L’effetto Dunning-Kruger
Speculare alla sindrome dell’impostore è la distorsione cognitiva nota come effetto Dunning-Kruger.
E’ la caratteristica degli “odiosi supponenti”, di coloro che si considerano esperti in qualunque materia e che non sanno riconoscere di avere delle lacune in alcuni ambiti.
Nello specifico questi soggetti tenderanno a sopravvalutare le proprie competenze e a sminuire quelle altrui.
Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio (William Shakespeare).
Consigli per affrontare la sindrome dell’impostore
Cominciate con l’accettare i complimenti che vi vengono fatti, perché il più delle volte sono meritati. Provate a rispondere con un semplice “grazie”, invece di sminuire in maniera quasi automatica il vostro lavoro : “non ho fatto nulla di che, chiunque avrebbe potuto farlo”.
Entra nell’ottica del poter sbagliare. Nessuno è perfetto e, soprattutto, immune da errori. Chi si pavoneggia tanto, spesso lo fa per coprire delle sue mancanze.
Cavalcate l’onda quando avete ottenuto degli importanti successi, godeteveli. Presto potrebbero esserci dei momenti negativi, ma anche quelli sono passeggeri, considerateli una pausa fino al prossimo successo.
Un trucco in più
Sicuramente avrete usato molto spesso lo stratagemma di scrivere su un foglio i pro ed i contro, prima di prendere una decisione importante. Alla fine, grazie a questo semplice trucco, siete riusciti a scegliere senza avere troppi rimpianti.
Il consiglio degli esperti è quello di mettere per iscritto i nostri pensieri negativi.
Scrivi perché non hai meritato di raggiungere un determinato traguardo, esponi le motivazioni che ti portano a credere che qualcun altro abbia agito molto meglio di te. Accusati in maniera plateale di aver avuto solo fortuna.
Prepara per iscritto una sorta di pagella per te, come se fossi la professoressa più severa del globo. Quando avrai finito di buttare sul foglio tutte le tue insicurezze, rileggi le aspre critiche che ti sei mosso. Scommettiamo che almeno la metà di queste ti sembreranno eccessive? Provare per credere.
Bentornati alla rubrica Comprati e provati per voi (in questo caso per Charlye).
Non parleremo delle voglie estremamente golose del mio figliuolo peloso, ma di un regalo che gli ho fatto un po’ di tempo fa e che all’inizio non apprezzava.
Poi, col tempo, si è reso conto che non poteva più farne a meno, soprattutto d’estate. Sto parlando del mitico tappetino refrigerante per cani.
Ogni volta che decido di non crederci più, lui mi mostra tutto il suo potere, tutta la sua forza prorompente e folgorante. Ti ferisce e ti fa male non l’amore, ma la delusione che provi quando se ne va, o quando ne dai troppo a chi non ricambia.
Non è l’amore a ferire, ma la sua assenza. E così che ogni volta che con rabbia dichiari “basta, non voglio amare più così!” lui ti accontenta e ti fa amare ancora più forte. Alla fine un innamorato chi è? Un cumulo di ormoni della felicità che si chiede di continuo «starò sbagliando? E se poi finisce? E se mi fa male?».
Lasciatevi andare, la vita è troppo breve
Smettetela di seguire dogmi precisi, come aspettare 3 appuntamenti per fare l’amore, 6 mesi per convivere, 1 anno per ufficializzarlo in famiglia. Non ascoltate quello che dicono parenti serpenti ed amici (soprattutto quelli delusi, che vi dispensano consigli che loro non hanno seguito e non seguirebbero mai).
Scoprirete che lasciarsi andare è meraviglioso. La vita è troppo breve per vivere di paranoie e rimpianti.
Avrete dei rimorsi? Sì probabilmente sì, ma da adulti, nella terza età, i rimorsi vi faranno sorridere molto più dei rimpianti. Si è giovani una volta sola. Se quella ragazza vi piace provateci! Se vi dirà di no, avrete una storia in più da raccontare agli amici. E se farà male ci saranno i vostri affetti pronti a consolarvi.
E’ molto difficile trovare una persona compatibile con noi al 100%
Siete stati feriti e non volete più tentare, io già vi sento con i vostri “è inutile, non esiste nessuno che sia giusto per me, mi butterò sul gelato”.
La persona giusta esiste. Essere compatibili al 100% con un altro essere umano è quasi impossibile, ma a voi basterà un’affinità che si attesti oltre sul 75% per vivere una bella storia d’amore.
Io vi auguro di trovare un 99%, ma ci sono coppie che si amano e sono compatibili al 50% quindi non disperate!
Che vi piaccia o no, la nostra vita è sempre incerta, perché viviamo in un pianeta che, sebbene ci permetta di respirare e ci nutra, può anche porre fine alla nostra esistenza da un momento all’altro. Perché non andare oltre, invece di rimanere in superficie? Perché non correre qualsiasi rischio necessario per essere felici?
Uscite da quella che gli psicologi definiscono “comfort zone sentimentale”, la condizione che si viene a creare quando non si ha un partner per molto tempo e ci si abitua alla vita da single.
E’ vero che chi non rischia non soffre, ma, allo stesso tempo, non cresce, non impara, non ama, non vive. Bisogna rimpararlo l’amore, ed imparare nuovamente cosa sono la solidarietà, il rispetto, la capacità di ascoltare profondamente se stessi e di conseguenza l’altro.
E’ vero, l’ultima storia è finita male, ma solo il suo finale è stato tragico. Se si inizia ad avere coscienza del fatto che si cresce, si cambia, si evolve ogni giorno e che la vita è un continuo mutamento, è possibile proiettarsi in una relazione in modo totalmente diverso.
Se ogni giorno della vita si è in contatto con la propria trasformazione interiore si può scegliere di conoscere chi già si è scelto come compagno di vita, riscegliendolo nuovamente, ancora, ancora e ancora…
Quello che andava bene per voi dieci anni fa, non è detto che sia quello che vi vada bene oggi. Non abbiate paura di cambiare idea, se ciò può portarvi alla felicità.
L’Amore ci trasforma
Amare è un rischio, poiché amando ci si trasforma e si mettono in discussione tutti i modelli preconcetti.
L’Amore ci porta a mettere da parte il nostro egoismo ed individualismo, ci costringe ad affrontare, tramite l’altro, tutto quello che di noi stessi non abbiamo ma voluto vedere ed accettare.
E’ come se aveste uno specchio di fronte con dentro tutto ciò che c’è di irrisolto in voi. Potete scegliere se affrontare le vostre paure, se crescere insieme al vostro compagno/a oppure tirarvi indietro e continuare a negare chi siete in realtà.
Coraggio! Bisogna saper osare, sapersi mettere in gioco, rischiare, sapere che non ci sono garanzie e che nessuno potrà dirvi come andrà a finire (nemmeno dei Guru indiani, le carte, le rune o le stelle).
Salite su quella nave senza avere alcuna certezza! Salpate l’ancora verso l’isola che non c’è, ed amate senza timore! Questo è il mio augurio per voi: di amare senza freni, con passione e follia.
Fra le tante cattive abitudini italiane, una di quelle che provoca maggior sdegno nell’opinione pubblica è il parcheggiare nei posti riservati ai disabili. Nonostante questo, gli incuranti del divieto sono molti di più di quanti si creda, ma da ora ci penseranno due volte prima di farlo.
Le sanzioni previste
Chi parcheggia la propria autovettura su un parcheggio riservato ai disabili senza il necessario permesso incorrerà in una multa che va da 84 a 335 euro. Se il veicolo parcheggiato è un motociclo la multa scende dai 40 ai 163 euro.
Inoltre gli verrano decurtati due punti dalla patente.
Stessa sorte toccherà a chi parcheggerà sullo scivolo del marciapiede dedicato al passaggio dei disabili.
La Corte di Cassazione quinta sezione penale, nella sentenza 17794/2017, ha stabilito che chi parcheggerà in un posto riservato nominalmente ad un portatore di handicap incorrerà nel reato penale di violenza privata.
Il posto direttamente assegnato al disabile sarà individuato da apposita segnaletica con gli estremi del contrassegno invalidi rilasciato al soggetto autorizzato ad usufruirne.
Lo spazio viene concesso dal Comune a quei soggetti che necessitano di un parcheggio vicino alla propria abitazione o luogo di lavoro in quanto hanno difficoltà di deambulazione.
Il caso giuridico
La vicenda giuridica inizia nel 2009 e ha come protagonisti la Sig.ra Giuseppina, disabile di 49 anni, che ha querelato il Sig. Mario, di 63 anni, normodotato, colpevole di aver parcheggiato la propria auto per 16 ore nel posto riservato alla signora.
Nonostante le continue chiamate alla Polizia Municipale e ai Carabinieri di zona, nessuno interviene, fino a che la richiesta non viene inoltrata ai Vigili che finalmente rimuovono l’auto del Sig. Mario.
Il giudice di Palermo condanna l’uomo a 4 mesi, confermati in appello. A nulla sono valse le giustificazioni del Sig. Mario che incolpava il figlio di aver distrattamente parcheggiato dove non lo aveva mai fatto prima.
Il condannato, imperterrito, ricorre in Cassazione, ma il ricorso è rigettato. Il Sig. Mario dovrà versare nelle casse della Sig.ra Giuseppina 5.000 euro, oltre a pagare le spese processuali di entrambi.
Spiegazione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha spiegato nella sentenza che parcheggiare in un posto riservato direttamente ad un portatore di handicap impedisce a quest’ultimo di godere di un diritto che gli spetta legittimamente.
Per questo motivo non basta una multa per punire il colpevole, in quanto si incorre nel reato di violenza privata e bisogna procedere penalmente.
Sono necessari maggiori controlli
Punire i colpevoli di questo reato in maniera severa è sicuramente un’iniziativa lodevole, ma devono esserci anche dei controlli costanti per impedire ai furbetti di pensare “vabbè tanto ne beccano uno ogni morte di papa, perché devono beccare proprio me”?
” Ci sono alcuni che nel silenzio raggiungono la loro massima cattiveria”. cit.Elias Canetti
La strategia del silenzio
A chi non è mai capitato di trovarsi davanti un interlocutore che per vari motivi non voglia più parlare? E quante volte, soprattutto noi donne, ci siamo fatte mille film e paranoie in testa, cercando di capire i perché ed i percome di quell’improvviso mutismo?
Ci sono casi in cui il silenzio viene usato come punizione. E’ una strategia a cui molte persone ricorrono per “esprimere” rabbia, disapprovazione o per rimproverare qualcuno. Questo può suscitare un senso di impotenza nella “vittima” o farle perdere il controllo.
Instaurare un dialogo con qualcuno non è sempre facile, soprattutto quando c’è di mezzo un conflitto che sembra non avere alcuna soluzione. Certo però, che se invece di affrontare direttamente l’argomento si sceglie di non rivolgere più la parola all’altro, quello che si verrà a creare sarà solo tensione aggiuntiva.
Alcune persone non vorrebbero mai dover affrontare un conflitto, vorrebbero solo che il loro punto di vista fosse chiaro e condiviso. Con atteggiamento infantile scelgono di utilizzare il silenzio come punizione, per poter vincere la battaglia senza dover scendere in guerra.
C’è anche chi utilizza il silenzio per manipolare o addirittura svilire l’altro. In questi casi il silenzio diventa una vera e propria arma, un’arma maneggiata con destrezza, con mestiere, ma non sempre chi riceve l’attacco è altrettanto addestrato.
C’è chi, dopo un diverbio o uno screzio, o anche senza causa apparente, riesce a “tenere il muso” e alla classica domanda: “Cosa c’è che non va?” risponde un secco, “Niente!”. E poi, ancora silenzio. L’immagine non vi è nuova vero?
Il silenzio positivo
Prima di andare avanti facciamo, però, attenzione a non confondere il silenzio come punizione con il silenzio positivo, che nasce per disinnescare, quando si è compreso che il conflitto ha raggiunto una fase di stallo e non si vuole aggiungere benzina sul fuoco.
«Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio. Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti. Io non voglio che finiamo come Barbie e Ken: tu tutta rifatta e io senza palle». frase tratta dal film “Perfetti Sconosciuti”
Le motivazioni del silenzio
Gli insulti: alcuni preferiscono smettere di parlare piuttosto che essere coinvolti in una discussione nella quale ci si scambiano insulti.
Rassegnazione: quando il nostro interlocutore non ascolta, quando abbiamo chiesto di cambiare infinite volte, ma senza ottenere risultati, a che pro continuare a parlare? Fai sapere all’altra persona che sei a sua disposizione se ha bisogno di te, soprattutto se sta attraversando una crisi personale.
Ricevere le Scuse: quando l’altro ha commesso un errore, ci si sente feriti e si pretendono delle scuse per ciò che ci è stato fatto o ci è stato detto (o non è stato fatto, o non ci è stato detto). Fino a quel momento non verrà proferita parola. Si usa il silenzio come avvertimento. Chi si sente profondamente offeso, ma non vuole riconoscerlo usa il silenzio in modo che l’altro si ravveda.
Non cedere sempre per primo: quando si pensa che sia inutile parlare dell’argomento, perché non si riuscirà a raggiungere un accordo. Perché parlare se poi tanto ci ritroviamo al punto di partenza? Meglio interrompere la comunicazione e vedere se l’altro capisce che non ho intenzione di cedere.
Le parole sono inutili: In tutti i casi si afferma che il silenzio è l’opzione migliore per veicolare il conflitto. Per un motivo o per l’altro, la parola si è rivelata inefficace. Si decide, dunque, di smettere di parlare a qualcuno affinché questo venga inteso come punizione e, di conseguenza, l’altro riconsideri il suo atteggiamento.
Ascolto: quando si pensa che il nostro interlocutore non ci ascolti, che non sia aperto al nostro punto di vista, si usa il silenzio per “costringere” l’altro ad ascoltarci.
Cambiare Argomento: quando non si vuole affrontare una questione sensibile, una tecnica è accusare l’altro punendolo con il silenzio, per fare in modo che cambi argomento. Può darsi che non sia ancora pronta a una discussione. Se hai questa impressione, puoi provare a rimandare la discussione di qualche giorno.
Ci si aspetta una reazione: smettere di parlare con qualcuno può funzionare momentaneamente. Si infligge la punizione e l’altro reagisce: torna per scusarsi, promettere di cambiare o fare ciò che noi desideriamo. Tuttavia, a lungo termine, finisce per incubare piccoli rancori che possono crescere a dismisura. È raro che il silenzio attenui il conflitto di fondo o che ceda il passo alla sua risoluzione, piuttosto si limita a occultarlo.
Smettere di parlare con qualcuno è un atteggiamento aggressivo. Affronta il mutismo con fermezza, dicendo: “È crudele e non lo tollero”. Non accettare abusi emotivi nella tua vita.
“Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche”(Jan Paul Sarte).
Smettere di parlare con qualcuno corrisponde ad assumere un comportamento passivo-aggressivo. Che significa? Che si sta attaccando l’altro in modo implicito, e questo atteggiamento risulta altrettanto o addirittura più nocivo dell’aggressione diretta, perché il silenzio rappresenta un vuoto suscettibile a qualsiasi interpretazione.
La domanda è: siamo sicuri che l’altro comprenda davvero il significato del silenzio? Sareste pronti a scommettere che il modo migliore affinché cambi, o faccia ciò che voi desiderate, sia attaccarlo con la mancanza di dialogo?
Il silenzio aumenta la distanza. E la distanza non è solita essere un buon alleato per la comprensione o per restaurare legami logori o danneggiati.
Quando è bene tacere
È anche vero che, come diceva sempre mio nonno, a volte è meglio tacere. Quando siamo molto arrabbiati per esempio. L’ira porta ad esagerare nei toni e a voler ferire l’altro con parole che a mente fredda non avremmo mai detto.
Partendo da questi presupposti, non c’è niente di meglio che smettere di parlare per riacquistare il proprio contegno. In questi casi si tratta di una decisione intelligente.
Conosco una persona che quando è molto arrabbiata si infila le scarpe da running e va a correre, per almeno una mezzora, senza mai fermarsi. Sfoga tutta la sua rabbia. torna a casa solo quando è stanca e dopo essersi schiarita le idee.
Il modo migliore che abbia mai visto per avere solo discussioni positive.
Diciamo sì al silenzio in 3 casi:
Quando siamo troppo arrabbiati e ci rendiamo conto che potremmo dire cose di cui ci pentiremmo più tardi.
Quando il nostro interlocutore è troppo esaltato e la discussione sta degenerando.
Quando il silenzio viene utilizzato come una pausa nella discussione perché l’altro rifletta sulle sue parole.
In conclusione
Smettere di parlare per punire o affinché l’altra persona “si arrenda”, raramente porta buoni risultati. A volte dobbiamo affrontare la sfida che presuppone esprimere la nostra ira o arrabbiatura, senza ferire l’altro.
La soluzione non consiste nello smettere di parlare, bensì nel cercare e trovare i mezzi per gettare dei ponti verso la comprensione. L’assenza di parole può far cedere l’altro, ma questo non significa che il conflitto scompaia.
D’altro canto, può anche succedere che ciò non accada e che quella che all’inizio era una palla di neve si trasformi in una valanga.
A volte basterebbe cercare delle condizioni di dialogo migliori, oppure un modo diverso di esprimere la nostra disapprovazione. Rendere l’ambiente quotidiano più caloroso e amorevole può contribuire a rinvigorire la comunicazione.
Parlare col cuore, attenendosi sempre ai propri sentimenti, a ciò che proviamo noi e non a ciò che si crede provi l’altro, è una formula che non guasta mai. Proviamoci.
Se qualcuno è davvero importante per TE è meglio dire in modo assertivo ciò che pensi e senti. Così non ci sarà più spazio per gli equivoci. Nessuno merita di sentirsi indegno di attenzione o immeritevole di amore e di fedeltà. Non far sentire gli altri come non vorresti mai sentirti tu…
Ricordate lo splendido film del 1998 Patch Adamscon l’immenso Robin Williams nei panni del dottore che introdusse per la prima volta la risoterapia nel mondo della medicina?
“La buona salute è una questione di risate” cit. Hunter Patch Adams
Per chi se lo fosse perso, vi invito a recuperarlo, per vivere un connubio di emozioni contrastanti nel giro di pochi minuti l’una dall’altra. Piangerete e riderete tanto, ma in fondo sono entrambe pratiche salutari.
Una sana risata è un toccasana per la mente e per il corpo, soprattutto se condivisa con altre persone, che siano amici di vecchia data o semplici sconosciuti.
Molte aziende fanno frequentare ai propri dipendenti dei workshop della risata, basati non solo sul racconto di situazioni comiche e paradossali che inducono al sorriso, ma soprattutto su sessioni di risate indotte che servono ad allentare tensioni e stress accumulati.
Il risultato è incredibile. I dipendenti si sentono molto più motivati e rendono in media il 30% in più nelle successive ore di lavoro.
Perché ridere fa bene alla mente?
1)Come abbiamo accennato in precedenza, ridere riduce i livelli di stress, ci ricarica e ci fa essere più efficienti durante la giornata.
2)Per quanto tu possa essere triste e ansioso, quando ridi dimentichi tutto e ti senti più leggero.
3)Ridere ti permette di essere più lucido e di guardare alle situazioni apparentemente irrecuperabili da un’altra prospettiva.
Benefici per la salute fisica
Ridere di gusto ossigena il cervello e fa entrare in gioco le endorfine che donano all’istante una sensazione di benessere e di rilassatezza.
Ridere migliora l’ossigenazione e la circolazione sanguigna, previene le patologie cardiovascolari e gli attacchi di cuore.
Ridere dona al nostro corpo una maggiore resistenza alle malattie in quanto aumenta gli anticorpi che combattono le infezioni.
Ridere rilassa non soltanto la mente, ma anche i muscoli del corpo, come un massaggio che protrae i suoi effetti anche dopo la fine della risata.
Quante volte vi sarà capitato di ridere talmente tanto da arrivare addirittura a piangere?
Le lacrime contengono encefalina, un neurotrasmettitore che contribuisce ad alleviare il dolore. Le endorfine e l’encefalina insieme determinano una specie di anestesia che ci permette di sopportare anche notizie drammatiche o dolori fisici acuti.
Può accadere anche l’inverso. Nel caso di un lutto che non venga accettato subito, capita di passare da una risata amara fino ad un pianto singhiozzato.
La giornata mondiale della risata
Il World Laughter Day si celebra la prima domenica di maggio (quest’anno il 5) fin dal 1998.
L’idea venne al medico indiano Madan Kataria, l’inventore dello yoga della risata, una pratica basata sulla risata autoindotta.
La giornata ha lo scopo di sensibilizzare le persone sull’enorme potere della risata, che non può guarire da sola una grave malattia, ma può contribuire a sconfiggerla insieme alle cure canoniche.
La vostra casa sarà un covo di coniglietti cioccolatosi e di colombe zuccherate ancora per qualche giorno. Dovrete combattere con il coltello fra i denti per uscire vivi da questo inevitabile periodo di luculliani pranzi in famiglia, ciclopiche braciolate fra amici e colossali picnic sotto la pioggia.
Non voglio allarmarvi, ma l’estate è dietro l’angolo!
Scusatemi per la violenza psicologica che vi ho inflitto, sono qui per aiutarvi a migliorare la situazione attuale, non per affossarvi ancora di più.
Gli avanzi di Pasqua tutti per colazione
Un primo consiglio che mi sento di darvi è quello di consumare i dolciumi che vi sono rimasti, la mattina a colazione. In fondo una consistente dose di energia all’inizio della giornata, quando le calorie da bruciare sono tutte di fronte a voi, non potrà essere deleteria come ingurgitare un uovo intero dopo cena davanti a Game Of Thrones.
Riprendere le buone abitudini
Se in previsione di pranzi megagalattici avete saltato la colazione e la merenda di metà mattina, tornate ai canonici 5 pasti giornalieri equilibrati.
Il vostro mantra dovrà essere “mangiare poco e spesso”, non “sfondarsi a pranzo o a cena e poi digiuno”.
Sebbene una pausa dalle lezioni di fitness sia stata perfino produttiva per il vostro fisico, non c’è tempo da perdere. Guai a pensare un solo secondo “ricomincio dopo il ponte del primo maggio”.
Ma che siete matti? Quasi due settimane senza allenarvi? Più tempo vi fermate e più sarà difficile riprendere crossfit e power yoga.
Non vergognatevi se le lasagne hanno creato un grazioso rigonfiamento sul vostro addome. Armatevi di scarpe comode, bottiglia da un litro e mezzo d’acqua (minimo) e cominciate a correre, ma non solo.
Dolci pasquali vs sport
-Uovo di Pasqua 600 kcal vs 1 ora di corsa/ 1 ora di zumba/ 2 ore di camminata
-Colomba pasquale 350 kcal vs 35 min di corsa/ 35 min di nuoto/ 70 minuti di camminata
-Pastiera 700 kcal vs 1h di calcetto/ 1h di free climbing
-Casatiello 800 kcal vs 1h di kick boxing/ 1h di Kung fu
Dove trovare le motivazioni?
Dormire è importante, ma non in palestra
“Chi me lo fa fare”? “Mangio meno così non serve fare sport”, “ma chi ci va al mare questa estate”!
Volete davvero nascondervi dietro a queste scuse? Non siete impazienti di mostrare il vostro fisico guizzante in bikini di fronte alle amiche e ai mariti delle amiche?
Un suggerimento basico è quello di coinvolgere qualcuno nel vostro progetto: vostra sorella, un’amica che ha il vostro stesso obiettivo, il vostro partner.
“Two is meglio che one” recitava un famoso slogan di una pubblicità di…gelati!
Concedetevi una giornata di detox
Anche chi durante l’anno è fedele ad un regime alimentare impeccabile, di fronte a uova di cioccolata con gusti sempre più variegati, vacilla e si lascia scivolare dolcemente nella valle delle calorie.
Concedetevi una giornata di detox a base esclusivamente di frutta e verdura. Gli antiossidanti, le vitamine e i minerali in dose massiccia, contribuiranno a disintossicarvi e a liberarvi dalla spossatezza che vi pervade.
“Esagerate” con l’acqua e con le tisane
Bevete tanta acqua, i due litri canonici dovrebbero essere la quantità minima. Nulla vi vieta di esaltare il sapore dell’acqua con degli infusi e delle tisane drenanti (al tarassaco e betulla sono le migliori) e depuranti (vi consigliamo quelle al finocchio e alla curcuma).
Riposate e dormite negli orari giusti
Penso che dormire almeno 8 ore di seguito a notte possa essere considerata pura utopia per la maggior parte di noi.
Secondo i nutrizionisti e i naturopati è essenziale andare a dormire presto, in particolare l’intervallo di tempo fra le 23 e le 3 è fondamentale perché è il momento in cui il nostro organismo si disintossica dagli stravizi giornalieri.
Proprio ieri sera sono stata al ristorante cinese col mio gruppo di Wing Chun e a fine pasto sono arrivati in dono gli immancabili biscotti della fortuna.
Il mio era abitato da un romantico spirito giapponese, la frase che conteneva non lascia dubbi: “Visto con gli occhi dell’amore tutto appare diverso”.
State fantasticando sull’uomo o sulla donna dei vostri sogni o avete colto il segreto che vi è stato svelato? Nessun problema, ci penso io a riportarvi alla realtà.
Cosa sono i biscotti della fortuna?
Si tratta di biscotti croccanti, che contengono al loro interno una “fortuna”, cioè un messaggio di buon auspicio per il futuro o una profezia che dovrebbe avverarsi in poco tempo.
In realtà le frasi che si trovano di solito sono volutamente vaghe, in modo da andare bene per un campione di persone più vasto possibile.
Le prime tracce dei biscotti della fortuna risalgono al diciannovesimo secolo in quel di Kyoto, in Giappone.
In particolare, la studiosa nipponica Yasuko Nakamaki ha redatto una tesi sull’argomento. Le ricerche, durate sei anni, l’hanno portata a scovare un’illustrazione del 1878 contenuta in un libro di racconti chiamato Moshiogusa Kinsei Kidan, raffigurante i nostri amati dolcetti.
Il personaggio di uno dei racconti lavorava in un negozio di Sembee, dove venivano preparati gli tsujura sembe, letteralmente i cracker della fortuna.
L’arguta donna giapponese ha scoperto che gli originali biscotti della fortuna avevano una forma diversa da quelli attuali, erano più grandi ed il biglietto con la profezia beneaugurante era inserito in una fessura, non all’interno del dolcetto. Pare che si volesse evitare l’inavvertito ingerimento del pezzetto di carta.
La diffusione negli Stati Uniti
I primi biscotti della fortuna in America furono serviti al Golden Gate Park di San Francisco nel 1890 da Makoto Hagiwara.
Il fondatore di Fugetsu-do a Little Tokyo (Los Angeles), Seichii Kito rivendica l’invenzione di questo dolcetto e la sua diffusione nei ristoranti cinesi di San Francisco e Los Angeles.
Nakamachi ha intervistato numerose famiglie giapponesi e cinesi stabilitesi negli Stati Uniti, le quali hanno testimoniato come i biscotti della fortuna, prima della seconda guerra mondiale, fossero conosciuti come “torte da tè della fortuna” in quanto erano consumati come pasticcini durante l’ora del tè.
Perché vengono associati alla Cina?
Biscotti della fortuna nella classica confezione che troviamo anche in Italia.
La teoria più verosimile al riguardo sostiene che durante la seconda guerra mondiale oltre 100.000 giapponesi vennero internati nei campi di isolamento cinesi. Fra i prigionieri erano presenti anche i produttori dei biscotti.
Per evitare che la produzione si fermasse, i cinesi presero il posto dei nipponici e diffusero la ricetta nei panifici della costa occidentale.
Si stima che alla fine degli anni ’50 se ne producessero 250 milioni l’anno. Attualmente per il mercato mondiale, americano ed europeo in particolare, se ne producono 3 miliardi all’anno.
Chi scrive i messaggi all’interno dei biscotti della fortuna?
Può sembrare un compito semplice, di cui chiunque potrebbe occuparsi, ma in realtà…
Sono degli scrittori emergenti che si dilettano in questa pratica per guadagnare qualcosa in attesa della pubblicazione del loro best seller.
Le frasi vanno scritte e pensate con cura, il segreto è che ci si possano rispecchiare tutti, dal teenager alla persona più anziana. Il contenuto non deve essere offensivo, ma ispirare la fantasia, le speranze o provocare un sorriso.
Potrebbero essere un dessert originale da offrire a degli amici che avete invitato a casa a cena o un modo estremamente romantico per chiedere alla vostra dolce metà di sposarvi.
Ma vediamo insieme come prepararli.
Ingredienti:
-100 gr di farina
-3 albumi
-60 gr di burro
-60 gr di zucchero a velo
-una bustina di vanilina
-un pizzico di sale
Preparazione:
Prendete una ciotola capiente e montateci gli albumi a neve. Nel frattempo mettete il burro a sciogliere a bagnomaria.
Versate nella ciotola farina e zucchero a velo setacciati, mi raccomando a pioggia!
Infine aggiungete la bustina di vanilina ed il burro fuso, mentre mescolerete il tutto con una frusta per ottenere un composto omogeneo.
Preparate una teglia foderandola con la carta forno. Poneteci sopra dei cerchi d’impasto in modo che non si tocchino fra loro.
Accendete il forno a 180° per una decina di minuti.
Scrivete la frase romantica o la fatidica proposta che intendete rivolgere al vostro partner e, quando i bordi dei biscotti appariranno dorati, ripiegateli velocemente nella forma canonica.
Vi consigliamo di farli raffreddare prima di servirli o di inserirli in pacchetto che avrete creato voi ad artem.