Riforma Fornero. Perché tutti vogliono andare in pensione prima?

Il tema più scottante di questi giorni è l’abolizione della Riforma Fornero.

C’è chi la vuole mantenere, chi vuole cancellare la legge e riportare l’età pensionabile a soglie più basse. L’INPS segnala che non ci sono fondi per pagare le pensioni e che saranno sempre più basse. I politici promettono aumenti delle pensioni incrementando, però, le tasse .

Queste pensioni fanno parlare di loro nemmeno fossero una showgirl viziata. E mentre il dibattito si fa rovente gli italiani perdono il sonno.

 
LA RIFORMA NON C’ENTRA
Ma siete davvero sicuri che il problema delle pensioni sia la legge Fornero che sposta e posticipa l’età pensionabile? Quello che non riusciamo a capire è che la problematica principale deriva dal fatto che le persone sono insoddisfatte del loro lavoro. Conduciamo vite sempre più frenetiche con lavori sempre più impegnativi, con orari sempre più lunghi, che non ci permettono di passare il tempo con le persone che amiamo e di coltivare le nostre passioni al di fuori del lavoro.
Passiamo la maggior parte del tempo o nel traffico o negli uffici. Vediamo la pensione come un miracolo, dove finalmente potremo goderci la vita, i nostri affetti, e  fare le attività che ci piacciono.

DOVREBBE CAMBIARE IL MONDO DEL LAVORO
E se il lavoro, invece, fosse il lavoro dei nostri sogni?
Se lo Stato riuscisse a garantirci, dopo anni di studio dedicato a diventare professionisti di un settore, di poter  fare il lavoro che desideriamo, nessuno di noi vorrebbe andare in pensione tanto presto.

PERCHÉ VOGLIAMO ANDARE IN PENSIONE? 
Vogliamo andare in pensione perché ci siamo stufati, perché finalmente così potremo riposarci,  potremo dedicarci ai nipoti, a fare una passeggiata. Non avremo più i minuti contati per fare la spesa. Non vediamo l’ora di andare in pensione per poter viaggiare, vedere posti, fare cose.

 RIFORMA DEL LAVORO
Se potessimo lavorare meno ore, percependo uno stipendio decente che ci permetta di vivere dignitosamente, avremmo molto più tempo da dedicare alla nostra famiglia e agli affetti, senza dover scegliere fra loro o il lavoro.
Se guadagnassimo abbastanza da permetterci di fare due bei viaggi all’anno di 15 giorni, se avessimo una vita meno frenetica e meno stressante, probabilmente nessuno di noi si arrabbierebbe tanto perché l’età pensionabile è stata posticipata.

CONCENTRIAMOCI SULLE TEMATICHE GIUSTE
Se facessimo il lavoro dei nostri sogni non vorremmo mai smettere di farlo.
Pensate agli scrittori, loro non vanno in pensione perché  amano scrivere e quindi continueranno a scrivere per tutto il resto della loro vita. Pensate ai poeti o ai magistrati. Ci sono tantissime professioni nelle quali le persone non vanno in pensione perché quel lavoro costituisce la loro più grande passione. Il caso più eclatante è  Berlusconi che all’età di 82 anni non vuole assolutamente starsene a casa, ma si rimette in gioco nuovamente per qualcosa, anche se le malelingue diranno il contrario, che lo appassiona veramente tanto.

Siamo davvero sicuri di volerci focalizzare sull’età pensionabile invece di pensare al vero problema, cioè la qualità del lavoro , la quantità di tempo da dedicarci e la retribuzione?
Considerando che molti non ci arrivano vivi alla pensione.

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Coalizione centro-destra: Già prime scaramucce a causa della Fornero?

Il 7 gennaio 2018 è andato in scena ad Arcore un vertice tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni che ha ufficializzato la coalizione di centro-destra che vedrà come forze politiche protagoniste Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e quarto Polo.

I punti fondamentali del programma della nuova coalizione prevedono “Meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall’Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell’immigrazione”.

La campagna elettorale, ha fatto capire Salvini nei suoi interventi sui social, si concentrerà in particolare sull’abolizione della Riforma Fornero.

L’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 detto “Salva Italia ha introdotto la Riforma Fornero, che prende il nome da Elsa Fornero, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti di allora.

COSA PREVEDE TALE RIFORMA?

Introduce il sistema di calcolo contributivo della pensione dei lavoratori, sostituendolo al sistema retributivo. In poche parole la pensione non dipende più dagli ultimi stipendi percepiti, ma dai contributi versati dal lavoratore.

La riforma innalza l’età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” : minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pubblica amministrazione e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).

E’ previsto un adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento in funzione dell’allungamento della speranza di vita.

Categorie occupazionali come gli artigiani, i commercianti e i lavoratori autonomi hanno subito l’aumento dei versamenti contributivi.

Le vittime più colpite sono stati i cosiddetti esodati, cioè quei lavoratori che, in accordo con le proprie aziende, avevano previsto il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti precedentemente. A causa dell’innalzamento dell’età del pensionamento, questi lavoratori sono rimasti per un periodo senza stipendio e senza pensione. Fortunatamente è intervenuto l’Esecutivo che ha previsto uno “scivolo” per sostenerli in questa fase di passaggio.

COSA CAMBIEREBBE ABOLENDO LA LEGGE FORNERO?

Ci sarebbe un abbassamento di 2 o tre anni degli attuali requisiti per accedere al pensionamento di anzianità o di vecchiaia. Inoltre cadrebbe anche il meccanismo automatico di adeguamento alla speranza di vita dei trattamenti pensionistici.  Il presidente dell’Inps Boeri afferma che abolire la riforma Fornero costerebbe fino a 140 miliardi nel 2020.

LA REPLICA DELL’EX MINISTRA DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI ELSA FORNERO

“Si parla sempre male di questa legge, ma si dimentica sempre che non si poteva continuare così. La riforma era necessaria. È questa la grande ipocrisia”. Così si è espressa la Fornero sulle frequenze di Radio1 in risposta alla proposta di Salvini di abolire la legge che porta il suo nome e ha aggiunto “Berlusconi sa che la legge Fornero non si può abolire se il Paese non si vuole suicidare”.

PRIME CREPE NELLA COALIZIONE DI CENTRO-DESTRA?

Berlusconi aggiusta il tiro e ammette, sulle frequenze di Radio Capital, che non c’è l’intenzione di abolire in toto la legge Fornero, ma di “eliminare gli aspetti ingiusti, dopo un esame accurato con gli alleati”.

Salvini aveva imposto l’abolizione della riforma Fornero come condizione necessaria per la partecipazione della Lega alla coalizione.

Che ci sia già aria di divorzio fra Forza Italia e Lega o i due leader politici si verranno incontro per il bene del centro-destra?

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Le 7 cose che devi sapere sui sacchetti di plastica a pagamento

La polemica del momento riguarda la tassa sui sacchetti biodegradabili del reparto ortofrutta. Sui social si è scatenata l’ira dei consumatori, toccati maggiormente dal fatto di dover pagare ogni singolo sacchetto da 1 a 3 centesimi piuttosto che dall’aumento, assai più rilevante, di bollette di gas e luce e del pedaggio autostradale.

Le notizie al riguardo si susseguono velocemente, e nel marasma di novità continue non è facile capire come stiano esattamente le cose.

Proviamo qui a chiarire i punti fondamentali.

1. Di che legge si tratta e cosa dice esattamente?

La legge è quella di conversione del decreto legge 2017 n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno, la quale impone che i sacchetti con spessore della singola parete inferiore a 15 micron debbano essere biodegradabili e compostabili. Le sanzioni per chi non rispetta tale legge vanno dai 2500 ai 25.000 euro. Ufficialmente la legge è entrata in vigore dal 1 gennaio 2018.

Il Ministero dell’Ambiente, in una nota inviata alla grande distribuzione, ha precisato che “le borse di plastica di qualsiasi tipo non possono essere distribuite a titolo gratuito dai supermercati e che il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino”.

2. Quanto si pagheranno le nuove buste biodegradabili?

Sono uscite sul web cifre esagerate, c’era chi addirittura parlava di 10 cent a busta, ma la realtà è un’altra. Il costo medio per singola busta si aggira sui 2 cent, calcolando una stima su 300 sacchetti annuali si arriva ad una spesa di 6 euro totali.

3. Perché il costo dei sacchetti deve ricadere sul consumatore?

La parlamentare PD Stella Bianchi, prima firmataria dell’emendamento che ha introdotto la nuova normativa, spiega: “Abbiamo sempre pagato i sacchetti della frutta e della verdura. Il costo dei sacchetti di plastica che abbiamo usato finora sono sempre stati spalmati sul prezzo finale del supermercato, come succede con tutti i costi di funzionamento. Ora ci accorgiamo di pagarle. Il prezzo risulta sullo scontrino e questo è stato deciso perché uno degli obiettivi della direttiva era aumentare la consapevolezza dei cittadini europei sul fatto che la plastica è un costo e quale modo migliore per rendersene conto se non questo?”.

4. Come hanno reagito le associazioni di consumatori?

Per il Codacons è “un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori”. Per Legambiente, invece, “non è corretto parlare di caro-spesa. L’innovazione ha un prezzo, ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo, che si dovrebbe aggirare intorno ai 2-3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa”.

5. Si possono portare i sacchetti da casa?

Il Ministero della Salute ha chiarito che è possibile portarsi da casa i sacchetti per comprare frutta e verdura purché siano biodegradabili, nuovi e monouso. Saranno gli esercenti che dovranno occuparsi di verificare che si tratti effettivamente di sacchetti nuovi e biodegradabili.

6. E’ vero che tale manovra è stata fatta a favore di un’azienda in particolare, la Novamont guidata da Catia Bastioli ritenuta vicina a Matteo Renzi?

La Novamont è senza dubbio l’azienda leader italiana in questo campo con l’80% di fatturato totale, ma non è l’unica che realizza sacchetti prodotti da materie prime naturali anziché da petrolio. In tutta Italia sono oltre 150 le aziende di questo settore con circa 4mila dipendenti e 350 milioni di fatturato. Non ci sono prove certe che leghino in maniera diretta Renzi a Catia Bastioli.

7. Era necessaria questa manovra sui sacchetti di plastica biodegradabili? 

Si tratta di un giudizio di merito, e le posizioni ad oggi sono su due binari opposti. L’obiettivo dichiarato è quello di coltivare una conversione ecologica dell’economia. La plastica tradizionale prodotta dal petrolio se la smaltisci correttamente e la ricicli, ridiventa materia prima seconda, ma se viene abbandonata nei campi e nei mari, danneggia per secoli e secoli quegli ambienti. Abbiamo un problema enorme di inquinamento dei mari da plastica, motivo per cui si è cercato di sostenere la riduzione dell’uso e dell’abbandono di questi prodotti. E’ indispensabile sostenere il più possibile l’uso di prodotti fatti da materia prima seconda ossia da plastica riciclata se si vuole trasformare l’economia in modo che sia più rispettosa dell’ambiente.

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Siamo rimasti al buio. Cosa fare quando salta la luce

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Siete a casa da soli, sul divano o nel lettone e state guardando un film, magari un horror e all’improvviso, il buio.

E’ saltata la luce!
E adesso?
 
Pur essendo sempre in regola con il pagamento delle bollette, vi sarà capitato comunque almeno una volta nella vita, di rimanere al buio nella vostra abitazione perché l’interruttore generale del vostro impianto elettrico è scattato, togliendo quindi la corrente a tutto il vostro circuito elettrico. Generalmente questo accade o perché avete superato il consumo massimo di corrente ( che nelle case è di 3 KW, ma potete chiedere, pagando di più, di passare a 6 KW) ed in questo caso a scattare sarà l’interruttore posto sul contatore generale del vostro fornitore di corrente, oppure in caso di guasti all’impianto o ad uno degli apparecchi collegati, a scattare sarà l’interruttore del vostro quadro elettrico.
 
Uno degli aspetti negativi dell’inverno è indubbiamente rappresentato dalle lunghe ed a volte interminabili giornate di maltempo, con piogge e temporali che talvolta si prolungano anche per diversi giorni, e che possono provocare l’interruzione della corrente.
 
La prima cosa da fare è mantenere la calma e restare fermi, prendete il cellulare ed accendete la torcia. Se avete un cellulare del medioevo, senza torcia incorporata, cercate di posizionare una torcia in un punto di casa facilmente raggiungibile, oppure mettete alla parete una lucina da notte che si illumina quando la luce va via. Ottima idea anche tenere delle candele in casa con degli accendini nelle vicinanze, utili sopratutto se la mancanza di corrente si protrae nel tempo causa guasto. 
 
Un altro consiglio pratico, è quello di avere sempre a disposizione in casa una lista dei numeri utili, tra i quali inserire anche quello del vostro elettricista. Sceglietene uno quando non sarete in un momento di panico, così avrete bene chiare le tariffe e non vi ritroverete a dover sborsare cifre inaspettate nel momento del bisogno.
La mancanza prolungata di corrente elettrica può causare diversi danni. Pensate a cosa potrebbe succedere se il vostro frigo/congelatore si sbrinasse.  NON APRITE IL FRIGO SE NON NECESSARIO FINO A QUANDO NON SARA’ TORNATA LA CORRENTE. Se questi elettrodomestici vengono aperti quando manca la corrente elettrica tendono a disperdere il calore più velocemente. Tenete comunque presente che in genere tali dispositivi possono resistere senza energia dalle 6 alle 12 ore. Cosa accadrebbe se la luce andasse via mentre state lavorando al computer e non avete salvato nulla del vostro lavoro? Immagino che abbiate ben chiaro quanto può essere fastidioso dover affrontare questo problema.
 
E’ IL MOMENTO DI AGIRE
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 Raggiungete il quadro elettrico. Di solito si trova all’interno di casa, vicino alla porta d’ingresso, nascosto dietro un quadro. 
A seconda dell’età della casa, il quadro sarà più o meno articolato. Nelle case più vecchie ci sarà il contatore e uno o due interruttori che controllano l’intero impianto elettrico, in quelle più moderne ci saranno una serie di interruttori ognuno dei quali gestisce una delle tante linee nelle quali è diviso un impianto elettrico di nuova generazione, più un interruttore generale e uno differenziale, il cosiddetto “salvavita”. Il contatore, invece, può anche essere all’esterno dell’appartamento, normalmente in un apposito vano insieme a tutti gli altri dei vari appartamenti del condominio.
L’interruttore generale, che si solito è il primo da sinistra, è quello che può togliere la corrente all’intero impianto. Poi c’è il differenziale, il cui interruttore è spesso contrassegnato dalla lettera “T”. Il differenziale può  interrompere il flusso di corrente quando rileva un assorbimento anomalo, ad esempio quando una persona entra in contatto con una parte del circuito sotto tensione. Infine avremo un’altra serie di interruttori che comandano delle linee parziali dell’impianto.
Verificate che le levette di tutti questi interruttori siano verso l’alto.
Se siete completamente al buio, il problema riguarda l’interruttore generale o il differenziale. Riportate la levetta verso l’alto. Il più delle volte, se tutti gli altri interruttori sono accesi, dovreste aver risolto il problema. Nel caso in cui ci fosse un altro interruttore spento, vuol dire che su quello specifico circuito c’è un problema che va risolto prima di riattivare tutto l’impianto.
 
Provate a staccare tutti gli altri interruttori, e riaccendere il differenziale. Se il differenziale rimane acceso riattaccate uno per uno gli altri interruttori, aspettando tra uno e l’altro almeno 20 secondi.
 
Spegnete, toccando una sola volta, l’interruttore delle luci che ricordavate accese al momento della mancanza di corrente.
 
Scollegate tutti gli elettrodomestici dalle spine.
 
Fate mente locale, ultimamente è capitato qualcosa che avrebbe potuto far scattare la corrente? Per esempio una lampada rotta in cui può essere entrata dell’acqua. Oppure mentre cucinavate si è rovesciato qualcosa sui fornelli. O tutto quello che vi viene in mente. Cercate di risolvere il problema e poi, solo dopo esservi assicurati di non prendere corrente. Riattaccate l’interruttore.
Se tutto è stato vano l’interruttore scatterà ancora. Ma se rimane acceso, provate ad accendere le luci una alla volta ed a ricollegare gli elettrodomestici. Arriverete a notare che quando riattaccate un determinato elettrodomestico o una luce, questa farà scattare il differenziale. A questo punto chiamate il tecnico o, se non siete riusciti nella riparazione, chiamate un elettricista.
 
 
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Come funziona la lavastoviglie

Come funziona la lavastoviglie

La lavastoviglie ha fatto il suo ingresso nel mondo nel 1886, grazie a Josephine Cochrane, inventrice americana, stufa di vedere le sue porcellane scheggiate dai lavaggi a mano dei suoi servitori.

Josephine fece brevettare un’apparecchiatura in grado di proiettare getti d’acqua sulle stoviglie grazie ad un sistema di pompe azionato manualmente. Questa invenzione fu presentata nel 1893 alla Fiera Colombiana di Chigago.

Una prima vera lavastoviglie (nel modo in cui la intendiamo oggi) è da far risalire al 1924, alla mano di William Howard Livens. Nel 1940 fu aggiunto anche un sistema di asciugatura. Il progetto di Livens non ottenne successo fino agli anni ’50 e solo dagli anni ’70 le lavastoviglie sono diventate comuni nella case dei nordamericani e degli europei. Nel 2012 oltre il 75% delle case in USA e Germania aveva una lavastoviglie.

Sappiamo tutti come funziona la lavastoviglie: si posizionano piatti, bicchieri e posate come fossimo campioni di Tetris, si mette il sapone, si sceglie il lavaggio più adatto e si fa partire, chiudendo lo sportello in modo vigoroso.
Dopo un tempo variabile a seconda del tipo di lavaggio scelto, le stoviglie ci vengono restituite pulite e splendenti.
Ma cosa succede tra quando chiudiamo lo sportello a quando questo si riapre?

Possiamo dividere tutto il processo in 7 fasi:

  1. Incameramento dell’acqua: l’acqua viene prelevata dalla rete idrica e riempie una vasca apposita, generalmente posta sul fondo dell’elettrodomestico.
  2. Riscaldamento dell’acqua: l’acqua presente nella vasca viene portata ad una temperatura maggiore, per mezzo di una resistenza elettrica.
  3. Aggiunta del detersivo. Il sapone si miscela all’acqua.
  4. Lavaggio dei piatti. La miscela detergente viene trasportata all’interno dei bracci irroratori che, per merito della pressione di pompaggio, ruotano e irradiano l’acqua con una forza sufficiente a raggiungere tutte le stoviglie.
  5. L’acqua sporca si scarica, attraverso un’apposita pompa.
  6. C’è un altro ricarico d’acqua, ma questa volta senza sapone.
  7. Scarico del secondo ciclo di acqua.

Eliana

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Impariamo a disinfettare le spugne

DISINFEZIONE DI SPUGNE E STRACCI

Quando vivi in famiglia non ti accorgi delle tante cose che la mamma fa durante il giorno per tenere tutto pulito e senza germi. 

Fra queste ce n’è una che non consideriamo mai, la pulizia e la disinfezione delle spugne, che si sporcano già dal primo utilizzo e che possono assumere un cattivo odore.

SPUGNA PER LAVARE I PIATTI:

E’ uno strumento indispensabile in cucina per pulire le superfici e le stoviglie. Può diventare una nemica della nostra salute. Questo perché la funzione principale della spugna è rimuovere i residui di alimenti, che vengono assorbiti dalla spugna, che è composta da moltissimi fori per l’assorbimento dei liquidi che facilitano l’eliminazione dei residui, ma che, allo stesso tempo, conservano tutti i microrganismi e le impurità filtrati durante il processo di pulizia. Questo, unito alla inevitabile umidità, crea un ambiente ottimale per lo sviluppo di batteri ( l‘Escherichia coli, lo Staphylococcus aureus e la Salmonella possono sopravvivere sulle spugne per ore, perfino per giorni dopo il primo contatto), specialmente se la spugna resta umida fino all’impiego successivo.

Come istruire la colf

 

Secondo il Dr. Philip Tierno, professore di Microbiologia e Patologia dell’Università di New York: “la cosa più sporca che può trovarsi in casa è la spugna per lavare i piatti, forse ancora più sporca del copri water o del cestino dell’immondizia“.

Già vi sento dire “ Ehi io uso il sapone per i piatti e la lavo sempre dopo ogni utilizzo”, purtroppo non è sufficiente perché il detersivo non riesce ad eliminare completamente i germi.

Il modo migliore per evitare intossicazioni o malattie, a causa di una spugna piena di batteri, è disinfettarla. Sembrerebbe un paradosso: lavare un oggetto che usiamo per lavare, ma è un’azione necessaria.

Nel corso di una ricerca, realizzata nel 2007 dall’Agricultural Research Service statunitense (ARS), si realizzarono diverse prove per stabilire quale fosse il modo più efficace per eliminare i germi patogeni che si annidano nelle spugne.

La prima operazione fu quella di inumidire le spugne, a temperatura ambiente, con una sospensione di carne tritata, allo scopo di stimolare la produzione di batteri e funghi necessari alle analisi. Le spugne, in seguito, furono:

• introdotte in una soluzione al 10% di candeggina, per tre minuti.

• immerse nel succo di limone, per un minuto.

• passate nel microonde, per un minuto.

• lavate in lavastoviglie, con ciclo finale di asciugatura.

Dopo il trattamento, le spugne furono classificate in base alla quantità di batteri rimasti. I risultati mostrarono che: la candeggina e il succo di limone furono in grado di ridurre i batteri dal 37 al 87%. Il riscaldamento in microonde distrusse fino al 99,9% dei microrganismi, risultato simile per la lavastoviglie.

La ricerca, pertanto, concluse che il modo più efficace per eliminare i funghi e i batteri dalla spugna è riscaldarla in microonde o in lavastoviglie con ciclo di asciugatura.

NEL MICROONDE PER DISINFETTARLE

Lavate la spugna con acqua pulita e lasciatela due minuti in microonde alla temperatura massima. 

Oltre a questo, è bene seguire questi consigli:

• Lavate attentamente la spugna dopo ogni lavaggio.

• Adottate un sistema a rotazione, con due spugne, in modo da utilizzare sempre una spugna pulita, mentre si lava l’altra.

• Controllate, dopo aver lavato i piatti, che sulla spugna non siano rimasti resti di cibo.

• Dopo l’utilizzo, mettete ad asciugare la spugna, per evitare che l’umidità stimoli la proliferazione dei batteri.

• Se i piatti o le padelle sono unti di grasso animale, l’ideale è pulirli prima con carta da cucina, e poi eliminare il resto con la spugna.

Come pulire il piano cottura e i fornelli

NELL’ACQUA BOLLENTE PER DISINFETTARLE

Se non avete il microonde a disposizione o se non vi fidate molto, in alternativa potete mettere le spugne in una pentola con l’acqua che le copre completamente, fate bollire sul fuoco per 5 minuti circa e poi buttate via l’acqua sul fondo e lasciate asciugare le spugne all’aria e, anche con questo metodo, eccole disinfettate alla perfezione. Questo sistema è ottimo anche per le pagliette di metallo. 

“Acqua e sapone non uccidono i germi, li lavano solo via” – ha spiegato il dottor Philip Trieno, esperto dei dipartimenti di Microbiologia e Patologia presso la NYU Langone e autore di “The Secret Life of Germs”., che ha aggiungo che se laviamo i piatti con una spugna sporca in realtà non li puliamo, ma li arricchiamo di germi.

Quando la spugna per i piatti ha assunto davvero un cattivo odore è giunto il momento di sostituirla. 

Consiglio di cambiare la spugna minimo ogni mese, e così anche le salviette assorbenti e le ramine.

IN AMMOLLO PER RITROVARE LA FORMA

Se le spugne hanno perso la loro forma e si sono appiattite, il sistema per farle tornare come nuove è di metterle in ammollo in una ciotola di acqua calda, in cui avrete fatto sciogliere un cucchiaio di sale fino e il succo di mezzo limone. Questo trattamento di bellezza le pulisce e le fa tornare in forma, purtroppo non le disinfetta, ma le lascia pulite e rinnovate.

NELLA LAVAPIATTI PER LAVARLE

Se volete potete inserire all’interno della lavapiatti le spugne quando le attivate per il lavaggio. Mi raccomando, attenzione all’asciugatura che deve essere completa, in modo che le spugne siano prive di batteri.

La spugna impregnata di unto:
 
E se la spugna è impregnata d’unto cosa possiamo fare? Per prima cosa strofinate bene la spugna con sapone di Marsiglia, poi spremetela bene sotto un getto di acqua bella calda. Ripetendo quest’operazione più volte la spugna si riprende, ma se è ancora un tantino unta o nera mettetela in ammollo in acqua bollente, succo di limone e sale (usate 1 limone per 500 ml d’acqua e 3 cucchiai di sale fino).

STRACCI ASCIUGAPIATTI E SALVIETTE VARIE:

Anche per questi è necessario un lavaggio costante,  e l’unico rimedio è lavarli spesso in lavatrice a 60° gradi.  Andrebbero cambiati massimo una volta a settimana e messi a lavare in lavatrice. Io li cambio ogni 3 giorni. Il consiglio è di averne molti per poter consentire una rotazione semplice e costante.

SPUGNA PER IL CORPO:
 
Eh già, anche lei è una spugna e come tale va disinfettata, lavata e sostituita una volta al mese.
Sapevate che la spugna che usate per lavarvi è un ricettacolo di germi e batteri? 
Prima di tutto scegliamo la spugna giusta, evitiamo quelle a rete, difficili da pulire, e quelle troppo abrasive per evitare irritazioni della cute. Anche se la soluzione casalinga fai da te è sempre la migliore e più facile da pulire, vi state chiedendo qual è? Un calzino. Di spugna, ovviamente. Chi lo utilizza assicura che produce molta schiuma e permette un massaggio confortevole sul corpo.
 
 Secondo il dottor J. Matthew Knight, dermatologo presso il Knight Dermatology Institute americano, le cellule morte della pelle rimangono imprigionate nella spugna dopo la doccia. Il fatto di tenerla dentro alla stanza da bagno, in un ambiente caldo e umido, incide a sviluppare ancora più muffe, batteri e sostanze non proprio ideali per l’igiene della persona. Una volta usata ricordate che va ben lavata e fatta asciugare all’aperto.
 

Laviamo i Peluche: 6 metodi rapidi e performanti

Il rimedio della nonna: per pulire la spugna dopo l’utilizzo immergetela in una bacinella di acqua bollente insieme al succo di un limone e un cucchiaio di sale fino. Dopo una notte in ammollo strizzate e fate asciugare senza risciacquare.
 
Acqua e aceto.
Prendete una tazza all’interno della quale mescolate accuratamente acqua e aceto.
Immergete la spugna in questa miscela, fino a quando non sarà completamente impregnata e lasciatela in ammollo per circa 10 minuti. Una volta trascorso il tempo necessario, spremetela senza rigirarla in modo da non danneggiarla. Infine, applicate un po’ di candeggina sulla spugna e sciacquatela bene, in questo modo avrete una spugna da bagno in perfetto stato.

Come sempre non abbiamo nominato la candeggina ed i rimedi chimici, perché crediamo fermamente che l’accortezza in più verso la natura e l’ambiente sia possibile, e questi rimedi economici e pratici dimostrano che possiamo fare a meno di prodotti chimici per questa missione. 
 
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Buoni propositi per il nuovo anno. Non abbiate paura di sognare!

L’ultimo giorno dell’anno porta via con se fatiche, gioie, dolori, successi e insuccessi dell’anno passato. L’anno è finito.
Com’è andata è andata, la partita è chiusa e non ci dobbiamo pensare più. Nei primi giorni dell’anno si è soliti stilare la lista dei buoni propositi. Non so bene perché, sarà per il mio carattere iperattivo, ma io stilo liste di buoni propositi più volte l’anno, alcuni sono brava a mantenerli come la palestra, altri li rimando alla lista successiva.

Gennaio porta con se grandi aspettative e speranze, il motivo è che ci sentiamo tutti più consapevoli e più grandi? O forse che più cresciamo più ci conosciamo, e più impariamo ad amare i nostri pregi ed i nostri difetti, ma soprattutto ad amarci ed a capire cosa vogliamo davvero?
Con noi cambiano i nostri desideri, le nostre aspettative, le nostre liste.
Le reazioni che generano le liste passate sono fondamentalmente 2, un sorriso o tanta rabbia. Un sorriso, se quel punto si è realizzato o modificato positivamente, rabbia se è stato un fallimento.

Oggi vorrei condividere con voi la mia lista, questo perché spero possa da un lato ispirare e dall’altro non far sentire solo chi pensa di aver tante cose ancora in sospeso da realizzare. La vita è lunga e ce ne saranno di nuovi sogni e nuovi viaggi.

Stilare la lista.
Il foglio era veramente troppo grande e bianco sul pc, allora la prima cosa che ho fatto è stata scriverla su un pezzo di carta , la famosa “brutta”. E’ stato importante per scrivere di getto, senza pensare troppo a tutto quello che volevo realizzare o migliorare. Se puoi pensarlo puoi farlo!
Una volta letta ( ed aver riso per gli eccessivi propositi ai quali avrei dovuto mettere troppe clausole) ho sfoltito la lista, rendendola realizzabile e fattibile, ma soprattutto dando delle priorità ai propositi che veramente voglio realizzare.
Ed eccoli lì, tutti davanti a me, i desideri che vorrei realizzare nel 2018.

Essere la migliore testimone del mondo: Mia sorella, la mia migliore amica, la mia complice, si sposa. Sono emozionata e preoccupata, perché essere la testimone per me è un ruolo di grande responsabilità ed il mio primo proposito è essere presente e di supporto sempre, cercando di essere la migliore testimone e  la miglior sorella del mondo per lei.

Guardare meno i social: Toccare più le persone del mio telefono! Questa è una grande sfida, con i social ci lavoro, quindi non posso esimermi dall’utilizzarli. Ma utilizzarli per lavoro è l’unica opzione che accetterò. Basta guardare profili di persone che vivono vite apparentemente perfette e mi fanno sentire inadeguata. Basta soprattutto perdere tempo a guardarle invece di stare con i miei cari.

Bere meno Coca Zero: Questo è il più difficile di tutti, ma mi sono accorta che ne bevo una quantità sempre crescente, complice lo stress ed il fatto che non bevendo caffè mi convinco che ne ho bisogno per assumere caffeina.

Lavoro: Voglio impegnarmi ancora di più per raggiungere gli obiettivi lavorativi prefissati. So che ci saranno dei momenti down, quando ci sono degli obiettivi che contano molto per noi, credo sia normale avere dei momenti di sconforto caratterizzati da pensieri come“ non ce la farò mai” o “ ma che avevo in in mente ?” Ma non dovrò mollare! E nemmeno voi, quando avrete questi momenti pensate al perché quel giorno avete deciso di mettervi in marcia, stampatevi in testa la motivazione che vi ha spinto ad iniziare ed andate sempre avanti!

Viaggiare di più: Il tempo, questo amico così sfuggente che mi scivola via veloce tra le mani, altro buon proposito è trovarne per viaggiare di più.

Avere molta pazienza e forza con la casa nuova: Chi mi segue sa che stiamo cambiando casa, i cambiamenti da sempre sono per me fonte di stress, come per molti del resto. Tutti amiamo restare nella zona di comfort, sul nostro comodo vecchio cuscinone, piuttosto che cambiare posto anche se con un bel cuscino nuovo, più grande, pulito e profumato. Ci arrampichiamo su mille specchi fatti di scuse. E se il cuscino nuovo mi fa venire il mal di schiena? E se la posizione del nuovo cuscino non mi piace? Magari consulto il feng shui. E se non trovo parcheggio per il cuscino?

Le prime settimane sul cuscino nuovo piangiamo perché vogliamo tornare al vecchio, comodo e logoro cuscino, che conosciamo per i suoi pregi e i suoi difetti. Ecco, io so che andrà così, ma il mio buon proposito è abbandonare le vecchie abitudini con un po’ di leggerezza, perché come dico sempre “non siamo alberi” e possiamo cambiare nido senza farne una tragedia. Vi farò sapere quante lacrime verserò.

Dire sì alle difficoltà sarà il proposito più importante, saranno tutte esperienze dalle quali imparare per andare sempre avanti fino alla meta e fare di questo 2018 un anno indimenticabile.

Con l’augurio che la vostra lista dei desideri vi lasci solo sorrisi e nemmeno un po’ di rabbia, vi salutò per l’ultima volta da questo 2017, e che il 2018 sia un anno ancora migliore del precedente.

Auguri a tutti!

Con affetto

EK

 

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“Il momento di uccidere” di Grisham: E’ arrivato il momento di leggerlo o di vedere il film

Pochi giorni fa stavo controllando su internet i programmi serali e mi sono illuminata quando ho visto in programmazione alle 21 il film “Il momento di uccidere” di Joel Schumacher su un canale che ancora non conoscevo, Cine Sony. Lo trovate al canale 55 del digitale terrestre.

Sebbene si tratti di un film del 1996, con una cast stellare, in cui brillano fra tutti Matthew McConaughey, Samuel L. Jackson, Kevin Spacey ed una giovanissima e bellissima Sandra Bullock, non ero ancora riuscita a vederlo. Il mio entusiasmo derivava dal fatto che qualche anno fa avevo letto il romanzo omonimo di John Grisham e l’avevo trovato a dir poco appassionante.

Non sono mai stata una grande amante dei gialli giudiziari, ma il consiglio di una persona cara e la sua insistenza mi avevano convinto ad iniziare la lettura. Mai scelta fu più azzeccata.

La storia è molto forte e non nascondo che in alcuni punti è stata anche disturbante. Una bambina di colore viene violentata e picchiata a sangue da due ragazzi neo nazisti. Il padre della bimba vuole farsi giustizia da solo e lo confida ad un suo amico avvocato, che non lo prende sul serio. Inevitabilmente la vendetta si consuma, e…

Non voglio darvi ulteriori dettagli per non spoilerarvi tutta la trama.

https://erikastreppa.it/ecco-perche-non-esiste-un-seguito-di-eragon

Fanno da sfondo alla vicenda gli scontri fra rappresentanti del Ku Klux Klan e manifestanti della comunità afroamericana.

Nel romanzo, Grisham affronta magistralmente gli stati d’animo dei componenti della giuria, chiamati a giudicare su un caso che metterà a dura prova le loro coscienze ed i loro pregiudizi, razziali e non. La fase del processo viene esaltata soprattutto nel film, dove l’intensissima arringa finale del giovane avvocato rampante è da standing ovation. Nel libro la fase processuale occupa uno spazio più limitato, ma traspare l’enorme passione dell’autore per quella che è la sua professione legale.

In questo momento storico del nostro paese, in cui la questione migranti spacca nettamente in due l’opinione pubblica, è senza dubbio un libro che fa molto riflettere sulle diversità e sulla parità di diritti che è stata raggiunta solo a parole.

Il pregiudizio con il quale la comunità bianca del Mississipi guarda all’imputato di colore, lascia presagire una condanna certa alla pena di morte. Allo stesso modo, la diffidenza con la quale ci poniamo nei confronti dei migranti che giungono sulle nostre coste o in linea generale con chi riteniamo diverso e in qualche modo meno meritevole di avere una vita dignitosa rispetto a noi, condannano la solidarietà fra SIMILI ( e non UGUALI, perché sarebbe impossibile) ad essere una merce sempre più rara come la giustizia in tribunali palesemente parziali.

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Ristoranti Child Free: Siamo sicuri che il problema siano i bambini?

E’ di questa mattina la notizia di una coppia alla quale è stato chiesto di andar via da un ristorante dopo i numerosi inviti da parte dello staff, non accolti, di tenere a bada i propri figli. La situazione è sfociata in una rissa (http://www.trevisotoday.it/cronaca/bambini-chiassosi-al-ristorante-la-cena-di-famiglia-finisce-tra-botte-e-carabinieri.html ). La notizia ha spaccato l’opinione pubblica.

Ovviamente le famiglie si dichiarano sconvolte e richiedono che vi siano locali attrezzati per accogliere i bambini, magari con delle aree dove poterli far correre e sfogare. La controparte  chiede rispetto per il proprio lavoro e attenzione per i pericoli che gli stessi bambini possono correre, se lasciati liberi di scorrazzare in giro per il locale senza che nessuno li controlli. Chi i figli non li porta con sé o non li ha e vuole passare una serata piacevole senza dover tollerare per tutta la sera urla e schiamazzi dei figli degli altri, si schiera al fianco dei titolari del locale.

Io, dal canto mio, posso dire che da bambina ho passato le serate al ristorante della mia infanzia, seduta al mio posto. Sempre. E chi mi conosce sa che sono e sono sempre stata un terremoto, un vulcano di energie.

Non mi è mai stato permesso di alzarmi da tavola, perché mi è stato insegnato che “a tavola ci si sta per mangiare e si rispettano gli altri commensali, ai quali non va dato fastidio, come loro non danno fastidio a noi, perché non siamo a casa nostra”. Da un lato capisco le famiglie che magari non se la sentono di lasciare i bambini a casa con i nonni o con la baby sitter, perché la frenesia di questi tempi, gli permette raramente di passare del tempo con loro.

D’altro canto ritengo, però, che per i bambini sia una noia mortale andare a cena a ristorante, e che forse dovrebbero essere gli adulti ad adattarsi al benessere dei figli che di certo non amano passare 3 ore seduti ad ascoltare discorsi noiosi. Non si possono relegare degli individui che sprizzano energia da tutti i pori su delle sedie scomode. Alla fine finisce che i più pacifici si addormentano e vedi bambini che dormono su pile di cappotti, in braccio ai genitori o i più fortunati nei passeggini. Nella peggiore delle ipotesi vengono tenuti calmi mettendogli davanti il tablet ( molte volte comprato proprio per loro anche se la legge ne vieta l’utilizzo fino ai 12 anni) o un gioco sull’Iphone, se i genitori non sono già presi ad usarlo.

Potrebbe, forse, essere un idea in più, se non è possibile andare nei ristoranti con la Kids Zone ( le aree gioco dedicate esclusivamente a loro, lontane dai commensali) organizzarsi con altri genitori, e pagare una baby sitter che ne tenga 4/5 a casa a giocare tra loro mentre i grandi si rilassano davanti ad un buon vino o ad una succulenta pizza, in pace. Perché il punto è che uscire dovrebbe essere rilassante e piacevole per tutti. In questo modo i bambini sarebbero felici, ed i grandi anche. Tornati a casa coccole nel lettone e ninna per tutti.

Sta dilagando in Italia la tendenza “no kids zone”, normalmente per bambini piccoli da 0 a 8 anni, sempre più diffusa anche nei paesi nordeuropei, da sempre considerati baby friendly. Ristoranti e anche qualche spiaggia dove bambini (e di conseguenza le famiglie) non sono ben accetti. I locali Child Free, non è un segreto che esistano e non è nemmeno così difficile capire perché la loro diffusione sia tale. E’ vero che sono bambini, ma i genitori dovrebbero ricordare che l’educazione è fondamentale.

Io ancora ricordo una sera a cena, quando una bambina è arrivata correndo ed ha sbattuto sul nostro tavolo, rovesciando i bicchieri sui nostri vestiti e ci ha rubato il cestino del pane. Divertente? Dopo una settimana di lavoro, e l’unica uscita settimanale a disposizione, vi assicuro che di divertente non c’è stato niente, soprattutto quando la madre è arrivata dicendo “ Vabbè è solo una bambina” e nemmeno si è scusata.

Il punto è uno ed uno solo e non sono i Bambini, ma la MALEDUCAZIONE.

Non dovrebbe essere vietato ai bambini entrare, povere creature innocenti, ma ai genitori maleducati che pensano che possono liberare i loro figli e riposarsi per cena ( a meno che non ci siano spazi baby friendly nei ristoranti stessi, inseriti però in un contesto di socialità). Esattamente come non dovrebbe entrare chi parla in continuazione al cellulare, chi tiene alta la suoneria del telefonino, chi si crede il padrone del locale, chi fuma a tavola senza dar perso al fatto che il fumo arriva addosso ai commensali che stanno mangiando, rovinandogli la cena. 

Sarebbe forse più giusto un cartello con scritto VIETATO L’INGRESSO AI MALEDUCATI.

E’ certamente più facile per un genitore stressato permettere al proprio figlio, anche in un luogo pubblico, di fare quello che vuole, piuttosto che stare di continuo a sgridarlo. Il problema è a monte. Ai figli andrebbe spiegato a casa come ci si comporta fuori dal contesto familiare, dove ci si può concedere qualche libertà in più. E’ fondamentale insegnare il rispetto per le altre persone. E’ bello poter essere liberi, ma la propria libertà finisce dove inizia quella degli altri. Nessuno vieta ad adulti e bambini di stare tutti insieme in un ambiente giocoso, conviviale, divertente, purché l’esuberanza dei più piccoli non rechi troppo fastidio alle persone adulte presenti.

Il bello di essere bambini è la spontaneità, la fantasia, il correre e ballare senza limiti, il cantare a squarciagola stonati e meravigliosamente fuori tempo senza vergogna.

Portare un bambino in un luogo chiuso, e costringerlo a stare composto su un seggiolone ad annoiarsi per ore, è una vera tortura, e credo che molti di voi lo ricordino ancora.

vietato ingresso ai bambini

Come al solito sono gli estremi ad essere sbagliati. Credo che sia sbagliato che un cartello VIETI l’entrata a chiunque, soprattutto ai bambini. Perché è proprio la negazione di qualcosa che risulta essere offensivo, la limitazione alla libertà di ogni individuo. Piuttosto sarebbe meglio scrivere “ il locale dispone di poco spazio per carrozzine e passeggini, è poco adatto ai bambini più piccoli poiché sprovvisto di fasciatoio ed aree apposite”.

Voi cosa ne pensate? Credete che la mancanza di rispetto sia verso le famiglie o che il problema di fondo sia la maleducazione? L’iniziativa delle Kids Zone e delle Aree Child Free la trovate interessante o credete ci siano altri modi per risolvere la situazione?

Come sempre vi auguro il meglio

Ek.

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L’ascesa del Giappone: Da stato isolato a “Guardiano dell’Asia”

Negli ultimi  anni il Giappone ha conosciuto un boom economico incredibile ed è riuscito a mantenersi stabilmente tra le primissime potenze economiche mondiali. E pensare che appena 170 anni fa la situazione era agli antipodi rispetto a quella attuale.

UN PAESE FUORI DAL MONDO

samurai

Intorno al 1850 il Giappone era praticamente isolato dal resto del mondo. La società era strutturata in maniera gerarchica. C’era un Imperatore che aveva poteri limitati. Il vero padrone dello stato era lo Shogun, la massima carica militare, che aveva in pugno anche le famiglie più ricche del paese (Daimyo), obbligate a sottomettersi al suo volere.

In una posizione inferiore si trovava la casta dei Samurai, che non erano solo guerrieri, ma anche funzionari dello stato. Infine, al livello più basso della gerarchia, c’erano i contadini, gli artigiani ed i pescatori, i quali costituivano la maggior parte della popolazione.

 

 

L’economia era molto arretrata e si basava quasi esclusivamente sull’agricoltura e sull’artigianato della seta e della paglia. Non erano presenti industrie e mancava qualsiasi tipo di infrastruttura.

Il Giappone non aveva alcuna intenzione di aprirsi al resto del mondo per allargare i propri orizzonti e migliorare la propria situazione economica.

L’unico contatto con l’estero avveniva una volta l’anno, quando una nave olandese poteva gettare l’ancora nel porto di Nagasaki per lasciare alcune casse di prodotti per scambiarle con altre mercanzie.

UNA SVOLTA IMPREVISTA

Nel 1853 una flotta da guerra degli Stati Uniti, capitanata dal commodoro Matthew C. Perry, intimava l’apertura dei porti per le sue navi. Il Giappone rifiutò e le navi statunitensi, in risposta, bombardarono i villaggi costieri e si allontanarono.

Nel 1854 gli Stati Uniti rinnovarono la richiesta. Il Giappone, seppur controvoglia, cedette. Da quel momento anche alcuni stati europei (Inghilterra, Francia, Germania e Portogallo) ottennero il diritto di commercio con i nipponici.

Questa vicenda portò ad una svolta nella storia giapponese. L’Imperatore del tempo, Meiji Tenno ( sovrano celeste), si rese conto che il Giappone avrebbe dovuto modernizzarsi ed adeguarsi agli stati occidentali, proprio per evitare altre umiliazioni da parte degli americani e degli europei.

UNO SVILUPPO INCREDIBILE

Nel 1868 la struttura dello Stato giapponese cambiò radicalmente. I poteri vennero accentrati nelle mani dell’Imperatore che era affiancato da pochi fidati funzionari e da un ristretto Parlamento. Vennero confiscati tutti i beni dello Shogun, delle ricche famiglie nobili e dei Samurai, ma soprattutto vennero attuate delle riforme importantissime.

In ambito fiscale vengono sostituiti i vecchi tributi, che venivano pagati per lo più in natura , con delle tasse in denaro. Queste permisero alle finanze giapponesi di rifiatare. Venne introdotto l’obbligo scolastico di 5 anni per i bambini maschi. Le famiglie che potevano permetterselo mandavano i propri figli a studiare all’estero. Negli Stati Uniti per studiare medicina, in Germania per imparare la chimica e migliorare la tecnica di fabbricazione delle armi, in Inghilterra per rubare i segreti della lavorazione dei tessuti e delle costruzioni navali.

Si cominciarono a tradurre migliaia di libri occidentali, fu messo da parte il calendario tradizionale e fu introdotto il modello occidentale scandito in settimane ed anni.

Dulcis in fundo, furono chiamati tecnici stranieri per addestrare il personale giapponese. Bastarono appena 40 anni (dal 1870 al 1910) per permettere al Giappone di diventare una delle più grandi potenze mondiali.

IL GUARDIANO DELL’ ASIA

Dopo il clamoroso sviluppo economico, il Giappone organizzò anche un esercito ed una flotta molto potenti. Nel 1894 si accese un conflitto con la Cina per il controllo della Corea. L’esercito giapponese spazzò via quello cinese e assunse il controllo non solo sulla Corea, ma anche su Formosa (odierna Taiwan). Il Giappone andava assumendo a tutti gli effetti il ruolo di “Guardiano dell’Asia”.

IL CROLLO DEL MITO DELL’UOMO EUROPEO

Nel 1904 la Russia tentò un’incursione in territorio cinese, ma il Giappone intervenne militarmente e in meno di un anno sconfisse sia l’esercito che la flotta russa, arrivando anche ad un passo da Mosca. Per la prima volta, dopo centinaia di anni crollava il mito dell’invincibilità dell’uomo europeo.

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