Il 4 luglio è considerata la festa più importante degli Stati Uniti d’America, quella che celebra lo straordinario patriottismo di questo popolo, l’Indipendence Day.
Cosa si festeggia esattamente il 4 luglio
Torniamo indietro a 243 anni fa, era il lontano 4 luglio 1776 quando le 13 colonie americane ottennero ufficialmente l’indipendenza dalla Gran Bretagna.
Il primo nucleo degli attuali USA era appunto costituito da 13 colonie: New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Georgia.
Thomas Jefferson aveva redatto la dichiarazione d’indipendenza già il 2 luglio, ma la ratifica ufficiale avvenne durante il congresso di Philadelphia, in Pennsylvania.
George Washington divenne il primo presidente degli Stati Uniti nel 1789.
La festa tra parate e barbecue
Durante questa giornata banche, poste e uffici federali rimangono chiusi. A mezzogiorno nelle basi militari vengono sparati tanti colpi di pistola quanti sono gli stati dell’Unione. Questo per riprendere il “Salute to the Union” , delle primissime celebrazioni, quando le colonie erano appena 13 e si sparavano “soltanto” 13 colpi.
Le famiglie americane seguono un preciso rituale durante la festa del 4 luglio. Appuntamento imperdibile è quello con le parate mattutine. Ci si riunisce con parenti ed amici per assistere a quella che è la manifestazione più limpida del patriottismo e dell’amor di patria americani.
Si prosegue con pic nic e barbecue nei parchi, su asciugamani e tovaglie rigorosamente a stelle e strisce.
L’apoteosi per qualsiasi Yankee che si rispetti arriva la sera, quando sullo sfondo di spettacolari fuochi d’artificio che illuminano ogni città americana, si intona l’inno americano The Star-Spangled Banner con la mano sul cuore.
Il menù tradizionale dell’evento
Hotdog e hamburger sono irrinunciabili per qualsiasi americano durante tutto l’anno, figuriamoci nella festa del pic nic e del barbecue per antonomasia.
Per gli amanti della carne saporita, ecco le spare ribs (le mitiche costolette di maiale) impreziosite dalla salsa BBQ. Anche il petto e le ali di pollo abbondano sulle griglie, intervallate da patate e verdure arrostite in quantità esagerata.
Per dessert non può mancare il tipico dolcetto da pic nic, il brownies al cioccolato e burro d’arachidi.
Dopo una interminabile settimana di lavoro finalmente è arrivato il weekend. Avevate preventivato di darvi alla pazza gioia con gli amici, di bere e ballare fino a notte fonda e dormire, poi, per tutta la domenica, ma il sabato sera vi sentite talmente distrutti che decidete di restare a casa.
Ora avete almeno tre opzioni a vostra disposizione:
Da perfetti asociali quali siete, decidete di mangiare 3 confezioni di noodles buttati sul divano, mentre guardate le ultime puntate di “The Walking Dead”.
Spulciate in maniera meticolosa la vostra rubrica e invitate a cena una tipa/ un tipo e sperate che porti lei/lui la pizza.
Organizzate un pigiama party che vi rimetta al mondo.
A leggerle così, sicuramente ci sono due opzioni più accattivanti e una che potremmo definire “particolare”. Mi riferisco alla terza, il rigenerante pigiama party. Evento attesissimo dalle teenager che non hanno ancora la possibilità di uscire la sera, per avere l’occasione di scambiarsi trucchi di bellezza e spettegolare su flirt più o meno veritieri.
So che questo articolo si rivolge anche a persone che magari non hanno nessuna intenzione di passare del tempo in pigiama con amici più o meno intimi, ma chi è che non vuole sentirsi più bello e con il viso rigenerato e ringiovanito?
5 MASCHERE ECOLOGICHE PER IL VISO
1. Maschera con rosso d’uovo e cachi
Rinfrescante e rassodante. Ideale per chi ha la pelle secca. Dovete battere insieme un rosso d’uovo e la polpa di un grosso caco maturo. Applicate sul viso e tenete per 30 minuti. Sciacquatevi con acqua tiepida.
2. Maschera con spinaci e latte
Ideale per chi soffre di acne. Pulite e sminuzzate gli spinaci su un tagliere e lessateli nel latte. Poi lasciateli freddare per qualche minuto, strizzateli e applicateli sul viso. Teneteli su per circa un’ora. Sciacquatevi con acqua tiepida.
3. Maschera al pomodoro fresco
Ottima per sbiancare la pelle.Tagliate in due un grosso pomodoro fresco maturo e passatelo sul viso come se fosse una spugnetta. Insistete sui punti del viso dove avete delle macchiette, magari dovute al sole. Ripete due o tre volte l’operazione in un’ora e poi sciacquate con acqua fresca.
4. Maschera con patate fresche
Un toccasana per le rughe. Tagliate le patate a fette sottili e applicatele nei punti critici, contorno occhi, lati della bocca e fronte. E’ una maschera che potete fare anche tutti i giorni per 30 minuti ogni volta, la mattina o la sera.
5. Maschera con chiara d’uovo
Ideale per chi ha la pelle grassa e i pori dilatati. Montate una chiara d’uovo in una ciotola e aggiungete un cucchiaio di limone. Una volta montata per bene va applicata sul viso per 30 minuti, ma attenzione agli occhi perché il limone brucia. Sciacquatevi con acqua tiepida. Il risultato è visibile all’istante, la pelle sarà tirata, più chiara e i pori si saranno ristretti.
Sei una persona capace, determinata, che da sempre il meglio di se in tutto quello che fa? In caso di risposta affermativa COMPLIMENTI!
Come dici? Non ti meriti i miei complimenti? Non sei poi così in gamba? Quello che fai potrebbe farlo chiunque?
Aspetta un secondo, potresti essere una delle tantissime persone che soffre di Sindrome dell’Impostore.
Di cosa si tratta
Il più istintivo di voi potrebbe aver reagito con un “impostore io? Ma di che parli”? Quello più riflessivo potrebbe essere trasalito e aver pensato: “Non ha tutti i torti in fondo”.
Smettetela di essere troppo severi con voi stessi e fermatevi un secondo a leggere.
La sindrome dell’impostore è uno stato d’animo che campeggia in quelle persone che hanno ottenuto premi e successi, ma pensano in cuor loro di non meritarli, nonostante chiunque continui ad elogiarli per le loro competenze.
Ti ci riconosci anche tu?
E’ una sindrome che non risparmia nessuno
Secondo studi approfonditi questa patologia mentale colpisce soprattutto le donne di successo, che hanno raggiungo traguardi importanti in ambienti di lavoro prettamente maschili.
Il paradosso è che più il soggetto è capace e maggiore è la possibilità di sentirsi inadeguati di fronte ai propri successi.
Ne soffrono in particolare professionisti affermati, artisti, star del mondo della musica e dello spettacolo. La società basata sull’ipercompetitività e sull’insicurezza economica ha acuito questo problema.
I cosiddetti vip temono di essere giudicati per le loro performance e di essere criticati aspramente dai fan. Spesso la pressione è talmente forte da portare alla depressione.
Le cause di questo stato d’animo
I soggetti più esposti alla sindrome dell’impostore sono essenzialmente 4:
Chi è stato educato alla modestia e prova imbarazzo nel lodarsi, anche quando lo meriterebbe.
Chi ha un forte senso del dovere e si sente male al solo pensiero di poter deludere qualcuno.
Chi è consapevole di poter sbagliare e si trova di fronte persone che impongono il loro pensiero credendo di essere il padre eterno e di non poter commettere errori.
Chi è portato a prescindere per l’autocritica, per paura di non essere all’altezza delle aspettative di qualcuno.
L’ottenimento di ulteriori successi tende a peggiorare questa situazione mentale. Aumentano le conoscenze e le competenze, ma anche le pressioni e le responsabilità.
L’effetto Dunning-Kruger
Speculare alla sindrome dell’impostore è la distorsione cognitiva nota come effetto Dunning-Kruger.
E’ la caratteristica degli “odiosi supponenti”, di coloro che si considerano esperti in qualunque materia e che non sanno riconoscere di avere delle lacune in alcuni ambiti.
Nello specifico questi soggetti tenderanno a sopravvalutare le proprie competenze e a sminuire quelle altrui.
Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio (William Shakespeare).
Consigli per affrontare la sindrome dell’impostore
Cominciate con l’accettare i complimenti che vi vengono fatti, perché il più delle volte sono meritati. Provate a rispondere con un semplice “grazie”, invece di sminuire in maniera quasi automatica il vostro lavoro : “non ho fatto nulla di che, chiunque avrebbe potuto farlo”.
Entra nell’ottica del poter sbagliare. Nessuno è perfetto e, soprattutto, immune da errori. Chi si pavoneggia tanto, spesso lo fa per coprire delle sue mancanze.
Cavalcate l’onda quando avete ottenuto degli importanti successi, godeteveli. Presto potrebbero esserci dei momenti negativi, ma anche quelli sono passeggeri, considerateli una pausa fino al prossimo successo.
Un trucco in più
Sicuramente avrete usato molto spesso lo stratagemma di scrivere su un foglio i pro ed i contro, prima di prendere una decisione importante. Alla fine, grazie a questo semplice trucco, siete riusciti a scegliere senza avere troppi rimpianti.
Il consiglio degli esperti è quello di mettere per iscritto i nostri pensieri negativi.
Scrivi perché non hai meritato di raggiungere un determinato traguardo, esponi le motivazioni che ti portano a credere che qualcun altro abbia agito molto meglio di te. Accusati in maniera plateale di aver avuto solo fortuna.
Prepara per iscritto una sorta di pagella per te, come se fossi la professoressa più severa del globo. Quando avrai finito di buttare sul foglio tutte le tue insicurezze, rileggi le aspre critiche che ti sei mosso. Scommettiamo che almeno la metà di queste ti sembreranno eccessive? Provare per credere.
Bentornati alla rubrica Comprati e provati per voi (in questo caso per Charlye).
Non parleremo delle voglie estremamente golose del mio figliuolo peloso, ma di un regalo che gli ho fatto un po’ di tempo fa e che all’inizio non apprezzava.
Poi, col tempo, si è reso conto che non poteva più farne a meno, soprattutto d’estate. Sto parlando del mitico tappetino refrigerante per cani.
Quante volte avete sentito dai vostri genitori o dai vostri nonni la frase “l’abito non fa il monaco”?
La generazione dei Millennials (i nati tra il 1980 ed il 2000) sa che, soprattutto sul lavoro, è proprio l’abito a fare il monaco.
Il colloquio di lavoro è un’occasione importante per dare una svolta alla propria vita e richiede sicuramente un abbigliamento adeguato. Quando ti chiamano per un colloquio, il mondo delle possibilità ti si apre davanti. Una miriade di emozioni ti attraversa la testa, e ci si fanno mille domande. “Che cosa dirò?” “Che cosa mi chiederanno?” E poi, “che cosa dovrei indossare?”. Un po’ come quando si incontrano i genitori del proprio fidanzato.
Sono tutte domande legittime, e, almeno in questa sede, vogliamo darti una mano per quanto riguarda l’abbigliamento.
Una teoria comprovata da un’indagine inglese, condotta dalla società di recruiting TheLadders.co.uk, afferma che 4 selezionatori su 10 (37%) scelgono i candidati basandosi sul dress code. A dimostrare che i vestiti hanno il potere di condizionare la percezione di sé, secondo un meccanismo che si chiama enclothed cognition, ci hanno pensato due studiosi della Northwestern University, pensiero ripreso anche sulle pagine del “The New York Times”.
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Quando ci presentiamo ad un colloquio il selezionatore non ci conosce e certamente è molto difficile mostrare tutte le nostri doti nascoste nel poco tempo che ci viene concesso. E’ quindi fondamentale dare una buona prima impressione indossando vestiti appropriati e mostrando un aspetto curato. Ci deve essere sempre una maggiore attenzione al dettaglio, perché è proprio nei piccoli particolari che si nascondono gli indizi relativi all’ordine, all’accuratezza e all’affidabilità che ricercano i selezionatori nel candidato. Abiti e accessori possono essere considerati un’estensione della propria personalità, capaci di rispecchiare l’idea che ognuno ha di sé ed influenzare l’autostima, l’umore e, di conseguenza, anche il comportamento.
Informatevi sull’azienda: individuate l’equilibrio giusto tra il look richiesto dall’ambiente di lavoro e il rispetto della propria personalità. Infatti essere a proprio agio negli abiti indossati è fondamentale per la buona riuscita di un colloquio. Lo affermano due studiosi americani, Hajo Adam e Adam D.Galinsky della Kellogg School of Management presso la Northwestern University nell’Illinois, i quali hanno dimostrato che ciò che si indossa è in grado di influenzare il modo in cui una persona percepisce se stessa e, di conseguenza, come si pone davanti agli altri.
Il colore: non eccedete indossando colori sgargianti o accessori troppo stravaganti . Il 36% dei reclutatori ha ritenuto che l’abbinamento di colori e stili fosse un importante indicatore della personalità del candidato. L’arancione è considerato il colore peggiore da indossare per un colloquio di lavoro (95%), seguito dal rosso (84%) e dal rosa (83%). Imperdonabili infine gli abiti stropicciati e macchiati per il 59% dei dirigenti. Per i maschietti il grigio e il blu sono un passepartout in queste situazioni, ma per chi vuole dare un tocco di personalità al look mantenendo un registro formale è possibile abbinare accessori nelle diverse tonalità del blu, o nei colori bordò, marrone e verde.
I 15 CON I CONSIGLI DEGLI ESPERTI DI STILE PER FARE CENTRO AL COLLOQUIO:
1. Sii il più pulito possibile. Una cattiva igiene può rovinare anche l’abito migliore del mondo. Fai sempre una doccia il giorno del colloquio, trova il tempo per lavare i capelli e il corpo poco prima dell’appuntamento. Non solo la tua pelle sarà pulita e fresca, ma ti farà sentire decisamente meglio. Inizia il colloquio con l’alito fresco. Evita di succhiare una mentina o masticare una chewing-gum durante il colloquio.
2.Evita accessori e gioielli troppo vistosi e profumati in modo gradevole e leggero. E’ importante colpire il tuo potenziale datore di lavoro con il tuo odore pulito e fresco senza che questo sia troppo forte.
•Gli uomini dovrebbero evitare di esagerare con colonia o dopobarba. Basta qualche goccia.
•Le donne possono indossare un po’ di profumo o di crema profumata, ma dovrebbero evitare di indossare qualcosa che abbia un profumo troppo forte. Cerca di non mettere del profumo subito prima del colloquio.
3. Evita i colori troppo sgargianti.
4. Non arrivare in ritardo, per nessun motivo. Calcola in tempo la durata del tragitto che collega casa tua al luogo in cui si terra il colloquio e preparati in anticipo. Cerca di arrivare almeno 10 minuti prima e, se dovessi ritardare, telefona per avvertire.
5. Indossa scarpe pulite e non usurate. Gli uomini sono invitati ad evitare sneakers e optare per un paio di stringate classiche. Mentre alle donne si consiglia di non indossare tacchi eccessivamente alti e sandali.
6. Assicurati di indossare una cintura coerente con l’outfit e possibilmente abbinata al colore delle scarpe.
7. Presentati con capelli e barba in ordine. E’ importante presentarsi con i capelli puliti e in ordine in modo da apparire precisi. I tuoi capelli dovrebbero essere asciutti e dovresti evitare un uso eccessivo di prodotti come lacca e gel. Prima del tuo colloquio controlla di non avere forfora sulle spalle, soprattutto se indossi un abito scuro. Usa un acconciatura poco vistosa. Gli uomini dovrebbero evitare di portare i capelli dritti o usare il gel per creare acconciature bizzarre, le donne dovrebbero evitare le pinze vistose o altri accessori e portare i capelli sciolti.
8. Mani e Unghie: Assicurati di avere le mani curate tenendo presente che sono la parte del corpo maggiormente esposta durante il colloquio. Dovresti avere sempre delle unghie presentabili. Il modo in cui curi le tue unghie può far capire al tuo datore di lavoro se fai attenzione ai dettagli. Lava le mani subito prima del colloquio. E’ probabile che la prima cosa che farai quando inizierà, sarà stringere la mano di qualcuno, perciò è importante che le tue mani siano pulite, profumate e non siano appiccicoseqw2dd.
•Le donne dovrebbero farsi una manicure. Puoi usare uno smalto trasparente o un rosa leggero. Evita i colori troppo vivaci.
•Gli uomini dovrebbero tagliare le unghie in modo che siano tonde e uniformi.
9.Considera che non esistono colloqui informali. Nel dubbio meglio “eccedere con le formalità”.
10. Vestiti lavati e stirati. Assicurati che i vestiti siano puliti e stirati, diversamente chi ti accoglierà al colloquio di lavoro penserà che tu sia appena uscita dal cesto del bucato. Sembrerà un’ovvietà, ma forse tra ansia ed emozione potresti dimenticarlo. Stira tutto quello che indosserai, magari la sera prima. Non soltanto ti farà apparire al meglio, ma mostrerà la cura con cui ti presenti e fai le cose, anche a un livello inconscio.
11. Non esagerare. Evita di scegliere abiti visibilmente troppo stretti e che non si adattano al tuo fisico. Questo non è il momento adatto per mettere in mostra i frutti del tuo lavoro in palestra.
12. Spegni il cellulare prima di iniziare il colloquio. Ci manca solo che si metta a vibrare incessantemente mentre stai spiegando quanto tu sia attento e preciso.
13. Non portare cibo o bevande ( tipo acqua o peggio ancora caffè) durante il colloquio. Sembreresti troppo a tuo agio.
14. Se il colloquio è via Skype vestiti lo stesso. Anche se non è richiesto dal tuo interlocutore, sarà impressionato dal tuo aspetto professionale. Anche se non potrà vedere i tuoi pantaloni, cura comunque la tua scelta, per sentirti più formale.
15. Quello che conta, sei tu. Non barare, ma non darti già sconfitto. Punta a pubblicizzare le tue qualità in merito alle richieste dell’azienda.
E con questo terminano le 15 regole per fare una buona impressione ad un colloquio.
Il resto è nelle vostre mani (e in quelle di… Voisapetechi, no non Voldemort, ma il selezionatore!).
Sperando che il post vi sia stato utile, incrociamo le dita ed in bocca al lupo!
Ogni volta che decido di non crederci più, lui mi mostra tutto il suo potere, tutta la sua forza prorompente e folgorante. Ti ferisce e ti fa male non l’amore, ma la delusione che provi quando se ne va, o quando ne dai troppo a chi non ricambia.
Non è l’amore a ferire, ma la sua assenza. E così che ogni volta che con rabbia dichiari “basta, non voglio amare più così!” lui ti accontenta e ti fa amare ancora più forte. Alla fine un innamorato chi è? Un cumulo di ormoni della felicità che si chiede di continuo «starò sbagliando? E se poi finisce? E se mi fa male?».
Lasciatevi andare, la vita è troppo breve
Smettetela di seguire dogmi precisi, come aspettare 3 appuntamenti per fare l’amore, 6 mesi per convivere, 1 anno per ufficializzarlo in famiglia. Non ascoltate quello che dicono parenti serpenti ed amici (soprattutto quelli delusi, che vi dispensano consigli che loro non hanno seguito e non seguirebbero mai).
Scoprirete che lasciarsi andare è meraviglioso. La vita è troppo breve per vivere di paranoie e rimpianti.
Avrete dei rimorsi? Sì probabilmente sì, ma da adulti, nella terza età, i rimorsi vi faranno sorridere molto più dei rimpianti. Si è giovani una volta sola. Se quella ragazza vi piace provateci! Se vi dirà di no, avrete una storia in più da raccontare agli amici. E se farà male ci saranno i vostri affetti pronti a consolarvi.
E’ molto difficile trovare una persona compatibile con noi al 100%
Siete stati feriti e non volete più tentare, io già vi sento con i vostri “è inutile, non esiste nessuno che sia giusto per me, mi butterò sul gelato”.
La persona giusta esiste. Essere compatibili al 100% con un altro essere umano è quasi impossibile, ma a voi basterà un’affinità che si attesti oltre sul 75% per vivere una bella storia d’amore.
Io vi auguro di trovare un 99%, ma ci sono coppie che si amano e sono compatibili al 50% quindi non disperate!
Che vi piaccia o no, la nostra vita è sempre incerta, perché viviamo in un pianeta che, sebbene ci permetta di respirare e ci nutra, può anche porre fine alla nostra esistenza da un momento all’altro. Perché non andare oltre, invece di rimanere in superficie? Perché non correre qualsiasi rischio necessario per essere felici?
Uscite da quella che gli psicologi definiscono “comfort zone sentimentale”, la condizione che si viene a creare quando non si ha un partner per molto tempo e ci si abitua alla vita da single.
E’ vero che chi non rischia non soffre, ma, allo stesso tempo, non cresce, non impara, non ama, non vive. Bisogna rimpararlo l’amore, ed imparare nuovamente cosa sono la solidarietà, il rispetto, la capacità di ascoltare profondamente se stessi e di conseguenza l’altro.
E’ vero, l’ultima storia è finita male, ma solo il suo finale è stato tragico. Se si inizia ad avere coscienza del fatto che si cresce, si cambia, si evolve ogni giorno e che la vita è un continuo mutamento, è possibile proiettarsi in una relazione in modo totalmente diverso.
Se ogni giorno della vita si è in contatto con la propria trasformazione interiore si può scegliere di conoscere chi già si è scelto come compagno di vita, riscegliendolo nuovamente, ancora, ancora e ancora…
Quello che andava bene per voi dieci anni fa, non è detto che sia quello che vi vada bene oggi. Non abbiate paura di cambiare idea, se ciò può portarvi alla felicità.
L’Amore ci trasforma
Amare è un rischio, poiché amando ci si trasforma e si mettono in discussione tutti i modelli preconcetti.
L’Amore ci porta a mettere da parte il nostro egoismo ed individualismo, ci costringe ad affrontare, tramite l’altro, tutto quello che di noi stessi non abbiamo ma voluto vedere ed accettare.
E’ come se aveste uno specchio di fronte con dentro tutto ciò che c’è di irrisolto in voi. Potete scegliere se affrontare le vostre paure, se crescere insieme al vostro compagno/a oppure tirarvi indietro e continuare a negare chi siete in realtà.
Coraggio! Bisogna saper osare, sapersi mettere in gioco, rischiare, sapere che non ci sono garanzie e che nessuno potrà dirvi come andrà a finire (nemmeno dei Guru indiani, le carte, le rune o le stelle).
Salite su quella nave senza avere alcuna certezza! Salpate l’ancora verso l’isola che non c’è, ed amate senza timore! Questo è il mio augurio per voi: di amare senza freni, con passione e follia.
Fra le tante cattive abitudini italiane, una di quelle che provoca maggior sdegno nell’opinione pubblica è il parcheggiare nei posti riservati ai disabili. Nonostante questo, gli incuranti del divieto sono molti di più di quanti si creda, ma da ora ci penseranno due volte prima di farlo.
Le sanzioni previste
Chi parcheggia la propria autovettura su un parcheggio riservato ai disabili senza il necessario permesso incorrerà in una multa che va da 84 a 335 euro. Se il veicolo parcheggiato è un motociclo la multa scende dai 40 ai 163 euro.
Inoltre gli verrano decurtati due punti dalla patente.
Stessa sorte toccherà a chi parcheggerà sullo scivolo del marciapiede dedicato al passaggio dei disabili.
La Corte di Cassazione quinta sezione penale, nella sentenza 17794/2017, ha stabilito che chi parcheggerà in un posto riservato nominalmente ad un portatore di handicap incorrerà nel reato penale di violenza privata.
Il posto direttamente assegnato al disabile sarà individuato da apposita segnaletica con gli estremi del contrassegno invalidi rilasciato al soggetto autorizzato ad usufruirne.
Lo spazio viene concesso dal Comune a quei soggetti che necessitano di un parcheggio vicino alla propria abitazione o luogo di lavoro in quanto hanno difficoltà di deambulazione.
Il caso giuridico
La vicenda giuridica inizia nel 2009 e ha come protagonisti la Sig.ra Giuseppina, disabile di 49 anni, che ha querelato il Sig. Mario, di 63 anni, normodotato, colpevole di aver parcheggiato la propria auto per 16 ore nel posto riservato alla signora.
Nonostante le continue chiamate alla Polizia Municipale e ai Carabinieri di zona, nessuno interviene, fino a che la richiesta non viene inoltrata ai Vigili che finalmente rimuovono l’auto del Sig. Mario.
Il giudice di Palermo condanna l’uomo a 4 mesi, confermati in appello. A nulla sono valse le giustificazioni del Sig. Mario che incolpava il figlio di aver distrattamente parcheggiato dove non lo aveva mai fatto prima.
Il condannato, imperterrito, ricorre in Cassazione, ma il ricorso è rigettato. Il Sig. Mario dovrà versare nelle casse della Sig.ra Giuseppina 5.000 euro, oltre a pagare le spese processuali di entrambi.
Spiegazione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha spiegato nella sentenza che parcheggiare in un posto riservato direttamente ad un portatore di handicap impedisce a quest’ultimo di godere di un diritto che gli spetta legittimamente.
Per questo motivo non basta una multa per punire il colpevole, in quanto si incorre nel reato di violenza privata e bisogna procedere penalmente.
Sono necessari maggiori controlli
Punire i colpevoli di questo reato in maniera severa è sicuramente un’iniziativa lodevole, ma devono esserci anche dei controlli costanti per impedire ai furbetti di pensare “vabbè tanto ne beccano uno ogni morte di papa, perché devono beccare proprio me”?
” Ci sono alcuni che nel silenzio raggiungono la loro massima cattiveria”. cit.Elias Canetti
La strategia del silenzio
A chi non è mai capitato di trovarsi davanti un interlocutore che per vari motivi non voglia più parlare? E quante volte, soprattutto noi donne, ci siamo fatte mille film e paranoie in testa, cercando di capire i perché ed i percome di quell’improvviso mutismo?
Ci sono casi in cui il silenzio viene usato come punizione. E’ una strategia a cui molte persone ricorrono per “esprimere” rabbia, disapprovazione o per rimproverare qualcuno. Questo può suscitare un senso di impotenza nella “vittima” o farle perdere il controllo.
Instaurare un dialogo con qualcuno non è sempre facile, soprattutto quando c’è di mezzo un conflitto che sembra non avere alcuna soluzione. Certo però, che se invece di affrontare direttamente l’argomento si sceglie di non rivolgere più la parola all’altro, quello che si verrà a creare sarà solo tensione aggiuntiva.
Alcune persone non vorrebbero mai dover affrontare un conflitto, vorrebbero solo che il loro punto di vista fosse chiaro e condiviso. Con atteggiamento infantile scelgono di utilizzare il silenzio come punizione, per poter vincere la battaglia senza dover scendere in guerra.
C’è anche chi utilizza il silenzio per manipolare o addirittura svilire l’altro. In questi casi il silenzio diventa una vera e propria arma, un’arma maneggiata con destrezza, con mestiere, ma non sempre chi riceve l’attacco è altrettanto addestrato.
C’è chi, dopo un diverbio o uno screzio, o anche senza causa apparente, riesce a “tenere il muso” e alla classica domanda: “Cosa c’è che non va?” risponde un secco, “Niente!”. E poi, ancora silenzio. L’immagine non vi è nuova vero?
Il silenzio positivo
Prima di andare avanti facciamo, però, attenzione a non confondere il silenzio come punizione con il silenzio positivo, che nasce per disinnescare, quando si è compreso che il conflitto ha raggiunto una fase di stallo e non si vuole aggiungere benzina sul fuoco.
«Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio. Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti. Io non voglio che finiamo come Barbie e Ken: tu tutta rifatta e io senza palle». frase tratta dal film “Perfetti Sconosciuti”
Le motivazioni del silenzio
Gli insulti: alcuni preferiscono smettere di parlare piuttosto che essere coinvolti in una discussione nella quale ci si scambiano insulti.
Rassegnazione: quando il nostro interlocutore non ascolta, quando abbiamo chiesto di cambiare infinite volte, ma senza ottenere risultati, a che pro continuare a parlare? Fai sapere all’altra persona che sei a sua disposizione se ha bisogno di te, soprattutto se sta attraversando una crisi personale.
Ricevere le Scuse: quando l’altro ha commesso un errore, ci si sente feriti e si pretendono delle scuse per ciò che ci è stato fatto o ci è stato detto (o non è stato fatto, o non ci è stato detto). Fino a quel momento non verrà proferita parola. Si usa il silenzio come avvertimento. Chi si sente profondamente offeso, ma non vuole riconoscerlo usa il silenzio in modo che l’altro si ravveda.
Non cedere sempre per primo: quando si pensa che sia inutile parlare dell’argomento, perché non si riuscirà a raggiungere un accordo. Perché parlare se poi tanto ci ritroviamo al punto di partenza? Meglio interrompere la comunicazione e vedere se l’altro capisce che non ho intenzione di cedere.
Le parole sono inutili: In tutti i casi si afferma che il silenzio è l’opzione migliore per veicolare il conflitto. Per un motivo o per l’altro, la parola si è rivelata inefficace. Si decide, dunque, di smettere di parlare a qualcuno affinché questo venga inteso come punizione e, di conseguenza, l’altro riconsideri il suo atteggiamento.
Ascolto: quando si pensa che il nostro interlocutore non ci ascolti, che non sia aperto al nostro punto di vista, si usa il silenzio per “costringere” l’altro ad ascoltarci.
Cambiare Argomento: quando non si vuole affrontare una questione sensibile, una tecnica è accusare l’altro punendolo con il silenzio, per fare in modo che cambi argomento. Può darsi che non sia ancora pronta a una discussione. Se hai questa impressione, puoi provare a rimandare la discussione di qualche giorno.
Ci si aspetta una reazione: smettere di parlare con qualcuno può funzionare momentaneamente. Si infligge la punizione e l’altro reagisce: torna per scusarsi, promettere di cambiare o fare ciò che noi desideriamo. Tuttavia, a lungo termine, finisce per incubare piccoli rancori che possono crescere a dismisura. È raro che il silenzio attenui il conflitto di fondo o che ceda il passo alla sua risoluzione, piuttosto si limita a occultarlo.
Smettere di parlare con qualcuno è un atteggiamento aggressivo. Affronta il mutismo con fermezza, dicendo: “È crudele e non lo tollero”. Non accettare abusi emotivi nella tua vita.
“Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche”(Jan Paul Sarte).
Smettere di parlare con qualcuno corrisponde ad assumere un comportamento passivo-aggressivo. Che significa? Che si sta attaccando l’altro in modo implicito, e questo atteggiamento risulta altrettanto o addirittura più nocivo dell’aggressione diretta, perché il silenzio rappresenta un vuoto suscettibile a qualsiasi interpretazione.
La domanda è: siamo sicuri che l’altro comprenda davvero il significato del silenzio? Sareste pronti a scommettere che il modo migliore affinché cambi, o faccia ciò che voi desiderate, sia attaccarlo con la mancanza di dialogo?
Il silenzio aumenta la distanza. E la distanza non è solita essere un buon alleato per la comprensione o per restaurare legami logori o danneggiati.
Quando è bene tacere
È anche vero che, come diceva sempre mio nonno, a volte è meglio tacere. Quando siamo molto arrabbiati per esempio. L’ira porta ad esagerare nei toni e a voler ferire l’altro con parole che a mente fredda non avremmo mai detto.
Partendo da questi presupposti, non c’è niente di meglio che smettere di parlare per riacquistare il proprio contegno. In questi casi si tratta di una decisione intelligente.
Conosco una persona che quando è molto arrabbiata si infila le scarpe da running e va a correre, per almeno una mezzora, senza mai fermarsi. Sfoga tutta la sua rabbia. torna a casa solo quando è stanca e dopo essersi schiarita le idee.
Il modo migliore che abbia mai visto per avere solo discussioni positive.
Diciamo sì al silenzio in 3 casi:
Quando siamo troppo arrabbiati e ci rendiamo conto che potremmo dire cose di cui ci pentiremmo più tardi.
Quando il nostro interlocutore è troppo esaltato e la discussione sta degenerando.
Quando il silenzio viene utilizzato come una pausa nella discussione perché l’altro rifletta sulle sue parole.
In conclusione
Smettere di parlare per punire o affinché l’altra persona “si arrenda”, raramente porta buoni risultati. A volte dobbiamo affrontare la sfida che presuppone esprimere la nostra ira o arrabbiatura, senza ferire l’altro.
La soluzione non consiste nello smettere di parlare, bensì nel cercare e trovare i mezzi per gettare dei ponti verso la comprensione. L’assenza di parole può far cedere l’altro, ma questo non significa che il conflitto scompaia.
D’altro canto, può anche succedere che ciò non accada e che quella che all’inizio era una palla di neve si trasformi in una valanga.
A volte basterebbe cercare delle condizioni di dialogo migliori, oppure un modo diverso di esprimere la nostra disapprovazione. Rendere l’ambiente quotidiano più caloroso e amorevole può contribuire a rinvigorire la comunicazione.
Parlare col cuore, attenendosi sempre ai propri sentimenti, a ciò che proviamo noi e non a ciò che si crede provi l’altro, è una formula che non guasta mai. Proviamoci.
Se qualcuno è davvero importante per TE è meglio dire in modo assertivo ciò che pensi e senti. Così non ci sarà più spazio per gli equivoci. Nessuno merita di sentirsi indegno di attenzione o immeritevole di amore e di fedeltà. Non far sentire gli altri come non vorresti mai sentirti tu…
Ricordate lo splendido film del 1998 Patch Adamscon l’immenso Robin Williams nei panni del dottore che introdusse per la prima volta la risoterapia nel mondo della medicina?
“La buona salute è una questione di risate” cit. Hunter Patch Adams
Per chi se lo fosse perso, vi invito a recuperarlo, per vivere un connubio di emozioni contrastanti nel giro di pochi minuti l’una dall’altra. Piangerete e riderete tanto, ma in fondo sono entrambe pratiche salutari.
Una sana risata è un toccasana per la mente e per il corpo, soprattutto se condivisa con altre persone, che siano amici di vecchia data o semplici sconosciuti.
Molte aziende fanno frequentare ai propri dipendenti dei workshop della risata, basati non solo sul racconto di situazioni comiche e paradossali che inducono al sorriso, ma soprattutto su sessioni di risate indotte che servono ad allentare tensioni e stress accumulati.
Il risultato è incredibile. I dipendenti si sentono molto più motivati e rendono in media il 30% in più nelle successive ore di lavoro.
Perché ridere fa bene alla mente?
1)Come abbiamo accennato in precedenza, ridere riduce i livelli di stress, ci ricarica e ci fa essere più efficienti durante la giornata.
2)Per quanto tu possa essere triste e ansioso, quando ridi dimentichi tutto e ti senti più leggero.
3)Ridere ti permette di essere più lucido e di guardare alle situazioni apparentemente irrecuperabili da un’altra prospettiva.
Benefici per la salute fisica
Ridere di gusto ossigena il cervello e fa entrare in gioco le endorfine che donano all’istante una sensazione di benessere e di rilassatezza.
Ridere migliora l’ossigenazione e la circolazione sanguigna, previene le patologie cardiovascolari e gli attacchi di cuore.
Ridere dona al nostro corpo una maggiore resistenza alle malattie in quanto aumenta gli anticorpi che combattono le infezioni.
Ridere rilassa non soltanto la mente, ma anche i muscoli del corpo, come un massaggio che protrae i suoi effetti anche dopo la fine della risata.
Quante volte vi sarà capitato di ridere talmente tanto da arrivare addirittura a piangere?
Le lacrime contengono encefalina, un neurotrasmettitore che contribuisce ad alleviare il dolore. Le endorfine e l’encefalina insieme determinano una specie di anestesia che ci permette di sopportare anche notizie drammatiche o dolori fisici acuti.
Può accadere anche l’inverso. Nel caso di un lutto che non venga accettato subito, capita di passare da una risata amara fino ad un pianto singhiozzato.
La giornata mondiale della risata
Il World Laughter Day si celebra la prima domenica di maggio (quest’anno il 5) fin dal 1998.
L’idea venne al medico indiano Madan Kataria, l’inventore dello yoga della risata, una pratica basata sulla risata autoindotta.
La giornata ha lo scopo di sensibilizzare le persone sull’enorme potere della risata, che non può guarire da sola una grave malattia, ma può contribuire a sconfiggerla insieme alle cure canoniche.
Il 25 aprile 1945 è una data storica per la Repubblica Italiana. Si festeggia la liberazione dall’occupazione nazista coadiuvata dai fascisti della Repubblica di Salò.
Perché proprio questo giorno?
Si è scelta come data simbolo il 25 aprile perché in quel giorno i soldati nazisti e fascisti iniziarono la ritirata dalle città di Milano e Torino, dopo che la Resistenza italiana, formata da 200.000 uomini e donne, aveva dato vita ad un’insurrezione armata contro di loro.
Già dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, firmato dal governo Badoglio con gli angloamericani, si erano costituite delle formazioni partigiane.
Si passò in breve tempo da poche migliaia di uomini a più di 200.000 individui, molti di questi contadini, operai e giovani che si rifiutarono di arruolarsi tra le file della Repubblica Sociale.
Il ruolo dei Comitati di Liberazione Nazionale
Le truppe angloamericane impiegano un anno per piegare le resistenze tedesche lungo la linea gotica che si estendeva da Massa Carrara a Pesaro.
Nella primavera del ’45 conquistano le maggiori città dell’Italia Settentrionale, anche grazie alla Resistenza armata dei partigiani coordinata dai CLN che rappresentavano i partiti sorti nel 1943.
C’erano un CLN centrale a Roma e un C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) con sede a Milano, a cui i comitati periferici facevano capo.
Il 25 aprile 1945 l’Italia è libera dal Nazismo. Fondamentale è l’eroismo delle formazioni partigiane, ma anche dei civili che si uniscono alla battaglia senza risparmiarsi.
Il 28 aprile di quell’anno Mussolini sarà fucilato dai partigiani a Giulino di Mezzegra, sulle rive del Lago di Como.
Il 30 aprile i tedeschi firmeranno la resa senza condizioni.
Fu il governo provvisorio guidato da Alcide De Gasperi a proporre al principe Umberto II, di stabilire il 25 aprile come festa nazionale.
Il decreto legislativo luogotenenziale del 22 aprile del 1946 recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”.
Con la legge n.269 del maggio 1949, la data è fissata in maniera definitiva. Da quel dì, il 25 aprile è giorno festivo come il Natale ed il primo maggio.