Appare affascinante, divertente, sicuro di sé, questo ci attira irrimediabilmente di lui. Conosce l’arte dell’adulazione, ma solo al fine di ottenere il nostro consenso e di tenerci in suo potere. Sto parlando del narcisista
Come si riconosce un narcisista
La caratteristica fondamentale di un narcisista è l’egocentrismo, l’ostentazione della profonda autostima che si ha per sé stessi, anche se, nel profondo, non è proprio così. I narcisisti patologici, infatti, nascondono una spiccata insicurezza dietro ai comportamenti da spaccone.
Vediamo insieme alcune caratteristiche comuni nel partner narcisista:
Ha bisogno che gli dimostri costantemente il tuo amore, mentre lui pensa di non aver bisogno di dimostrare nulla.
Non accetta di chiedere consiglio o aiuto ad altri, pensa di essere in grado di fare tutto da sé.
Pretende dal partner più di quanto dona, alcune volte esige anche in maniera veemente, convinto di averne diritto per volontà divina.
Tende a sminuire i tuoi successi e ad infierire e a colpevolizzarti quando attraversi dei momenti bui.
Manca totalmente di empatia, è del tutto inutile confidargli le tue debolezze, a meno che tu non voglia essere ulteriormente affossata.
Cerca di circondarsi di persone interessanti ed importanti per sentirsi anche lui tale e ti “invita” ad adeguarti a quegli standard.
Come gestire un partner narcisista
Il narcisismo è una patologia che si manifesta in età adulta, dopo i 18 anni. Il primo passo è prendere atto che si tratta di un vero e proprio disturbo della personalità e trattarlo come tale.
Dobbiamo entrare nei panni del narcisista, una persona insicura, vulnerabile, che non ha alcuna intenzione di risolvere i conflitti interiori che lo tormentano e che non vi esporrà mai totalmente i suoi sentimenti per paura di soffrire.
Tentare di cambiare il vostro partner è estremamente difficile, sia perché lui non riconoscerà mai il suo problema e di conseguenza non accetterà mai di farsi aiutare da uno specialista. Quindi come se ne esce?
La cosa più importante è riuscire a difendersi dai suoi attacchi, basando la propria autostima sulle qualità oggettive e riconosciute da altri soggetti e non sulla considerazione che il narcisista ha di voi.
La strategia da seguire in 5 punti:
Lui pretenderà tutto e subito. Voi concedetegli quello che ritenete giusto, ma tenete il punto sulle richieste palesemente esagerate e inaccettabili.
Se volete provare a farlo sciogliere è necessario che facciate voi la prima mossa: parlategli di come vi sentite, accettando il rischio che vi faccia sentire ancora peggio con le sue parole. Il vostro obiettivo è portarlo a mostrare qualcuna delle sue debolezze. In quel caso non vi vendicate per i soprusi subiti, ma coccolatelo e ascoltatelo. E’ possibile che non si senta più così in pericolo a parlare dei suoi problemi.
Se avete delle richieste particolari fategli presente che voi assecondate quasi il cento per cento delle sue e che quindi ritenete opportuno che lui faccia lo stesso almeno con quelle per voi più importanti.
Non siate sempre disponibili. Lo avete abituato più che bene, lui si sente sicuro della vostra presenza qualsiasi cosa accada. Farvi desiderare, ogni tanto, non potrà che contribuire a fargli capire quanto ci tiene a voi e non quanto gli siete utili.
Se non volete scoppiare accumulando rancore nei suoi confronti, affrontate le discussioni sul momento, non appena sono semplici lapilli, prima che si tramutino in eruzioni vulcaniche. Questo sarà probabilmente il passo più difficile, perché il narcisista pensa di avere ragione a prescindere, quindi o lo fregate con l’astuzia (es: se ha palesemente torto gli fate credere che la verità sta nel mezzo) o dovrete arrivare allo scontro verbale e fisico.
Piano B: mollare un narcisista
Magari per molte di voi si tratta del piano A, tanto meglio!
Cominciamo col dire che liberarsi di un partner narcisista non è di certo impresa semplice, soprattutto se si è instaurata una relazione che tende alla dipendenza sia fisica che psicologica.
Il primo passo è quello di tagliare completamente i ponti, cambiare numero o bloccare il suo, cancellare foto e video insieme, non concedergli neppure un ultimo appuntamento. Ricordate che il narcisista ha nella manipolazione la sua arma più pericolosa.
Non vergognatevi di chiedere aiuto, che sia ad uno psicologo o a un gruppo di sostegno. Lo specialista lavorerà sulla vostra autostima, rendendovi consapevoli di quanto valete come persona singola e non come ombra del vostro partner.
Da 14 anni a questa parte il 2 ottobre in Italia si celebra la festa dei nonni, figure fondamentali per la crescita del bambino e come aiuto concreto ai genitori che sono fuori tutto il giorno per lavoro
Anche Google ha dedicato a questa ricorrenza un doodle molto significativo, due orsi anziani che giocano con il proprio nipotino.
Perché si festeggia il 2 ottobre?
In Italia la festa è stata istituita ufficialmente con la legge n.159 del 31 luglio 2005. Si è scelta come data il 2 ottobre perché in questo giorno la Chiesa Cattolica celebra gli angeli custodi. I nonni non possono considerarsi un po’ i nostri angeli custodi, soprattutto durante l’ infanzia?
Come nasce questa festa
La festa dei nonni nasce negli Stati Uniti nel 1978 su suggerimento di una casalinga chiamata Marian McQuade, madre di 15 figli e nonna di 40 nipoti. Il presidente di allora Jimmy Carter proclamò che il Grandparents Day si celebrasse la prima domenica di settembre dopo il Labor Day.
Curiosamente in Francia le nonne ed i nonni vengono festeggiati separatamente, rispettivamente la prima domenica di marzo e la prima domenica di ottobre.
Le festa dei nonni in Italia
Come detto in precedenza, con la legge n.159 del 31 luglio 2005 il parlamento italiano ha riconosciuto il ruolo fondamentale della figura dei nonni. Gli enti locali si impegnano a promuovere iniziative per valorizzare il loro ruolo nella famiglia e nella comunità. Addirittura il presidente della Repubblica premia i 10 nonni più meritevoli d’Italia.
E’ tradizione che i nipotini regalino ai loro angeli custodi una piantina sempreverde o dei fiori.
Il Nontiscordardimé è il fiore ufficiale di questa ricorrenza.
La canzone ufficiale della festa dei nonni
Il cantautore Walter Bassani nel 2005 ha scritto l’inno ufficiale della festa dei nonni, si intitola “Tu sarai” ( Tu sarai un uomo migliore, se porterai i nonni nel cuore).
Per coworking si intende uno stile lavorativo innovativo, basato sulla condivisione di uno spazio comune fra persone appartenenti ad aziende e business diversi
La cosa entusiasmante del coworking è la mancanza di vincoli che trovereste presenti in un normale ufficio, dove i superiori ed i colleghi saccenti sono sempre lì a metterti pressione. L’interazione con gli altri lavoratori può avvenire durante una pausa caffè o in caso di scambi di opinione su programmi simili. Rappresenta quindi un’occasione d’oro per accogliere consulenze gratuite, fornire idee personali e farsi coinvolgere in nuovi progetti lavorativi nati sul momento.
Letteralmente coworking vuol dire “lavorare con”, si tratta di uno spazio condiviso in cui personale di aziende diverse lavora a stretto contatto, con la possibilità di interagire per scambiarsi idee, opinioni e progetti. Ormai la maggior parte delle aziende si avvale di collaboratori esterni, che hanno la possibilità di contribuire anche da remoto, avvalendosi di tecnologie messe a disposizione in locali ed uffici ad hoc.
Inoltre la crisi lavorativa attuale ed il caro affitti suggerisce a freelance e startup di usufruire di questa nuova opportunità.
Cosa offre il coworking
Al di là del luogo fisico dove poter portare avanti il proprio lavoro, dotato di ogni tipo di tecnologia idonea a permettere lo sviluppo di idee e progetti, è di vitale importanza l’interazione tra professionisti che vi gravitano all’interno. Non di rado vengono riscontrati problemi comuni a più aziende e con delle “rilassanti” riunioni di lavoro davanti alla macchinetta del caffè si scoprono soluzioni innovative grazie al lampo di genio di un individuo ispirato dalla caffeina. L’incontro con soggetti che svolgono attività simili può dare vita a sinergie estremamente redditizie sia in termini economici che di rapporti sociali.
Uno dei vantaggi primari del coworking è la gestione degli orari. Pensate ad una mamma di bimbi piccoli o in età scolare, che non ha la possibilità o la voglia di affidare i suoi pargoli alle cure dei nonni o della baby sitter. Ha la possibilità di organizzare la propria giornata come meglio crede e in base alle esigenze della sua famiglia.
Una postazione di coworking in Italia costa in media 25 euro al giorno. Se l’affitto si allunga il prezzo scende sensibilmente, circa 260 euro al mese.
Le città italiane con un maggior numero di ambienti a disposizione sono Milano (oltre 60 spazi), Roma (30 spazi) e Torino (22 spazi).
Se anche le vostre giornate sono allietate da pelosetti che girano scodinzolanti per casa, sarete certamente in cerca di qualche consiglio su come fargli vivere al meglio il cambio “tana”.
“Amare è come traslocare. Solo che a cambiare abitazione è l’anima che va a vivere in un altro corpo.”
Il Gatto merita l’inizio di questo articolo. Come sapete tendo a parlare principalmente di cani, ma come prima cosa è giusto sfatare una falsa credenza che riguarda i gatti, dei quali si dice che siano molto più legati all’ambiente che non ai familiari: non è assolutamente così!
Questa credenza è stata diffusa nell’Ottocento dal naturalista Jean-Henry Fabre, che lo sostenne in uno dei suoi racconti. Essendo molto conosciuto sia come studioso che come scrittore, tutti pensarono che quella che scriveva fosse la Verità Assoluta e l’idea del gatto “che ama di più la casa del padrone” divenne una delle leggende metropolitane più diffuse del mondo.
Se pensiamo che Fabre spiegava anche che per far cambiare ambiente al gatto era opportuno chiuderlo in un sacco, possiamo renderci conto di quanto ne capisse di gatti. In realtà Fabre faceva l’entomologo (anzi, è stato proprio l’inventore dell’entomologia – un plauso per questo): quindi, visto il trattamento che normalmente i gatti riservano agli insetti, probabilmente non aveva poi troppa simpatia per la specie felina!
C’è da dire, in compenso, che Fabre fu uno dei primi oppositori della vivisezione, quindi pacca sulla spalla per lui, anche se è stato autore di una delle più grandi corbellerie di tutti i tempi sui felini. Se la diceria ha attecchito, però, un motivo c’è: e sta nel fatto che i gatti, specie quelli che vivono in ambienti piuttosto limitati, non hanno – in media – la stessa capacità di orientamento dei cani. Se portate in mezzo a un prato un gatto che è sempre vissuto in casa, potreste assistere a scene dove il micio, invece di mettersi a correre e di godersi la libertà, potrebbe restare paralizzato e urlare disperato perché non sa più dove si trova. In queste occasioni, a volte, i gatti non riconoscono neppure i loro umani.
Ovviamente un po’ di disorientamento può colpirli anche in occasione di un trasloco. Per le prime ore potrebbero aggirarsi furtivi e con l’aria decisamente impaurita e/o schifata, rifiutando persino le coccole. C’è il rischio che passino ore sotto al divano prima di uscire, rigorosamente quando saranno certi di essere soli e saranno quindi pronti ad esplorare. Da qui a pensare che “rimpiangano la vecchia casa”, il passo è breve: ma in realtà stanno soltanto cercando di ricomporre una “mappa mentale” a cui poter fare riferimento.
Il trasloco con un cane
Il cane, oltre ad essere un animale abitudinario, (e fidatevi, più invecchiano e più questa caratteristica si amplifica) è anche un essere territoriale: potrebbe considerare un cambiamento di casa come un tentativo di portarlo via dal suo territorio ed inserirlo in uno nuovo, senza avere la sicurezza che questo non sia già di proprietà di altri.
Potrebbe quindi apparire nervoso alla vista di altri cani nel vicinato, poiché non sa ancora quale luogo occupano sul territorio e fino a dove si spingerà il suo “dominio”. A prescindere da tutto questo, sappiate che il vostro cane si adatterà facilmente e senza troppe complicazioni, perché l’importante non è dove, ma con chi.
Vediamo adesso come comportarci con i nostri amici:
Prima del trasloco
Targhetta identificativa. Probabilmente i vostri vicini vi conoscono e conoscono il vostro cane, ma gli abitanti del nuovo quartiere, compresi quelli che vivono nel tragitto per arrivarvi, non sanno nulla di voi. Per questo, la prima cosa da fare è incidere il nuovo indirizzo sulla targhetta del vostro cane. Così sarà più facile recuperarlo nel caso in cui scappi o si perda.
Prima di trasferivi, se non è troppo lontana, portate il vostro animale a passeggio per la nuova zona, così che quando arriverà il momento di cambiare l’ambiente, gli risulti più familiare. Imparerà a conoscere così i nuovi odori e rumori che lo circondano, creandosi una mappa mentale che gli permetterà di sentirsi più sicuro, e magari farà amicizia con qualche nuovo “amico” umano e non.
Lasciate nella nuova casa del cibo oppure il giochino preferito così al suo arrivo potrà provare quest’esperienza positiva che resterà in memoria. Il cane ha bisogno di marcare il territorio ed è per questo che è importante che ispezioni la casa prima del trasloco definitivo.
Non lavate la sua cuccia, per questo ci sarà tempo dopo. I suoi oggetti personali sono fondamentali per lui, poiché attraverso l’olfatto, la sua mente si riempie di ricordi. Conservare un oggetto vecchio, come ad esempio la cuccia, lo farà sentire a suo agio i primi giorni.
Mantenete intatta la sua routine. È normale che con un trasloco i vostri orari cambino, tuttavia è bene cercare di non alterare troppo quelli del vostro cane.
Durante il trasloco
Spargete e nascondete biscottini o altri spuntini sfiziosi nella nuova casa, il vostro cane si divertirà a cercarli.
Cercate di non lasciarlo solo mentre state traslocando, a meno che non lo vediate molto a suo agio.
L’ambientazione nella nuova casa è una fase fondamentale e voi potete fare tanto per velocizzarla. Dopo aver sistemato i mobili o mentre lo state facendo, è importante dedicare al cane un angolo fisso. Qui metterete la cesta con le sue coperte e cuscini.
Quando si trasloca di solito si è presi dalla frenesia del cambiamento, si buttano le cose vecchie per far spazio alle nuove. Nel caso degli oggetti personali del cane, assolutamente non cambiatele con cose nuove. Il cane in tal caso si sentirebbe spaesato non solo dal cambiamento dell’ambiente, ma anche dei suoi oggetti personali.
Non obbligate il cane a gironzolare per la casa e non vi spaventate se si rifugia sotto il tavolo o sotto al letto/divano. Non forzatelo, quando sarà pronto esplorerà la casa da solo senza ansie.
Il giorno del trasloco
Il giorno del trasloco (ma anche il giorno prima se preferite), sarebbe bene affidare il cane ad un familiare, un amico, una persona di fiducia. In quelle ore, la sua presenza potrebbe essere di troppo, alcuni pericoli sono dietro l’angolo. Porte aperte per caricare mobili, e un via vai continuo potrebbero farci perdere di vista il cane, che una passeggiatina extra (e da solo!!) non la rifiuterebbe mai.
Dopo il trasloco
Una volta arrivati definitivamente nella nuova abitazione, fategli annusare tutto liberamente senza limiti. Quando avrà capito com’è fatta casa, stabilite gli spazi in cui può o non può stare.
Lasciate che sia lui a decidere il luogo dove sistemare la cuccia: farà la scelta migliore. Sarà facile capirlo, sarà il punto dove si accuccerà tranquillo.
Non lasciatelo solo quando arrivate: dedicategli più tempo del previsto per i primi tempi.
Almeno nelle prime 2 settimane è consigliabile non lasciarlo troppo tempo da solo, in quanto, ancora non ben abituato al nuovo contesto nel quale si trova. Potreste utilizzare la stessa tecnica che si usa per abituare il cane a restare solo in casa. Iniziate lasciandolo in una stanza mentre voi andate in un’altra. Prima per pochi secondi, aumentando poi il tempo. Tornate sempre nella stanza dove si trova per fargli capire che non lo state abbandonando.
Procedete poi a fare la stessa cosa uscendo di casa. Prima per 5/10 secondi rientrando successivamente, poi 30 secondi. E così via fino a rimanere fuori casa 15 minuti senza mai allontanarvi. Il cane capirà che uscirete, ma tornerete sempre da lui. Se il cane è tranquillo potrete iniziare ad allontanarvi per un’ora, poi due e così via.
Durante le passeggiate, siate pazienti. Ogni cosa è nuova e l’animale ha bisogno di annusare tutto per prendere confidenza con il nuovo mondo che lo circonda.
Lasciate che si relazioni con i cani dei nuovi vicini.
La ricerca del veterinario
Anche se tutti i proprietari pensano: “vabbé nel caso serva lo cerco”, nella maggior parte dei casi quando serve si è presi dall’ansia e dall’agitazione, non riuscendo ad avere le idee chiare. Portatelo dal veterinario per fare conoscenza, anche se non ha bisogno di una visita. Così facendo si sentirà più a suo agio quando sarà costretto ad andarci.
Siamo giunti alla fine, per voi che state leggendo è l’inizio di un nuovo viaggio, e anche per loro lo è. Lo so, gli scatoloni, lo stress, il disordine, sarete impegnati in mille attività, e quella coda scodinzolante potrebbe sembrare esser lì per farvi perdere tempo. Abbiate l’accortezza di renderlo partecipe del cambiamento, magari facendolo stare con voi mentre riempite gli scatoloni.
Vi auguro di trovare il coraggio di cambiare sempre nella vita, perché se non ci piace dove stiamo possiamo spostarci, non siamo alberi.
E’ un’abitudine comune a molti cani scavare buche in giardino. Alcuni lo fanno per noia, altri hanno l’indole innata di scavatori, spesso il vostro amico a 4 zampe scava per rispondere ad uno stimolo preciso.
Perché i cani scavano
Ogni razza ed ogni individuo ovviamente fa storia a sè, ma possono riscontrarsi delle cause principali alla base di questo comportamento. Ecco le principali:
1)Noia: una razza attiva che magari viene lasciate per tante ore di seguito da sola in giardino, tenderà a trovarsi qualcosa da fare. Cosa c’è di meglio di creare delle meravigliose cucce di terra?
2) Mancanza di attività fisica: molte razze hanno bisogno non solo di numerose passeggiate giornaliere, ma anche di vere e proprie corse su distese sconfinate ed il ritrovarsi rinchiusi in spazi limitati può portarli ad un senso di frustrazione che viene sfogata con lo scavare.
3) Nascondere dei tesori: qualsiasi cane che si rispetti ama nascondere quello che ha di più prezioso, che sia un osso in giardino sotto un cumulo di terra o un gioco in casa sotto al letto.
4)Dà la caccia ai roditori: può semplicemente accadere che il vostro Labrador (con il mio accade spesso) veda una talpa o qualcosa di simile che si rintana sotto terra e che lui voglia inseguirlo per giocare amorevolmente.
E’ facile citare i cani da caccia (i terrier) come scavatori incalliti per ovvie ragioni, fa parte del loro lavoro. Discorso simile si può fare per i retriver, quindi Golden e Labrador. Un’indole di scavatore si riscontra anche in razze come il siberian husky e l’alaskan malamute.
Quali rimedi adottare
Se sarete in grado di comprendere le cause del comportamento del vostro figlio peloso sarete a metà dell’opera, basterà colmare quella mancanza e probabilmente il vostro giardino non assumerà più l’aspetto di un campo minato. Aumentate la lunghezza, la frequenza e l’intensità delle passeggiate. Procurate al vostro amico a 4 zampe dei giocattoli da giardino con i quali potrà dilettarsi quando voi non ci siete.
Non dimenticate che alcune volte il cane adotta determinati comportamenti per attirare la vostra attenzione. Se siete usciti in giardino con lui, esplorate tutti i cespugli e gli anfratti insieme invece di messaggiare al cellulare e magari di mandare foto orgogliosi del vostro pupone peloso.
FAI IN MODO CHE IL CANE SCAVI DOVE VUOI TU
Se nel vostro cucciolo la voglia di scavare è innata e non accenna a diminuire, potete fare in modo che si dedichi al giardinaggio creativo solo in una zona di giardino che desiderate. Scegliete la zona e andate con lui a scavare una buca, poi metteteci il suo gioco preferito ed invitatelo a riprenderselo. Ripete questo procedimento per più giorni di seguito e vedrete che dopo un po’ di tempo il cane si limiterà a scavare nella zona da voi suggerita subdolamente.
SE VOLETE AVERE ULTERIORI CONSIGLI IN MERITO VI INVITO A GUARDARE IL BREVE VIDEO QUI SOTTO
QUALI SONO LE DIFFERENZE PIù IMPORTANTI FRA UN CANE MASCHIO ED UN CANE FEMMINA
Quando ci nasce un figlio non abbiamo la possibilità a priori di deciderne il sesso, anche se esistono molte teorie che sostengono il contrario. Se vi interessa approfondirle cliccate qui!
Nel caso di un figlio peloso, abbiamo la facoltà di scegliere se adottare un cane maschio o un cane femmina, in base alle nostre esigenze e alle caratteristiche comportamentali dei due sessi.
Le risposte alle domande più comuni le trovate nel video qui sotto:
Si parte con le differenze oggettive tra il cane maschio ed il cane femmina (es: differenza di peso ed altezza) fino ad arrivare alle diversità più curiose, non senza qualche sorpresa (scappa di più la femmina o il maschio?).
Può esservi utile conoscere alcune caratteristiche proprie di un sesso specifico, per scegliere in maniera più consapevole il vostro migliore amico. C’è da dire che nella maggior parte dei casi è la razza che definisce il carattere di un cane e non il sesso, ma ci sono differenze non solo caratteriali fra maschi e femmine.
Ad esempio: è vero che il cane maschio perde più pelo del cane femmina?
Questa ed altre risposte nel video qui sotto. Buona visione!
C’è chi lo chiama e lo scrive padel e chi paddle, ma la sostanza è la stessa. Si tratta dello sport del momento. Già estremamente popolare in Spagna ed in Sud America, il padel (scegliamo la pronuncia latina rispetto a quella british) sta prendendo piede anche in Italia.
Non so se ci avete fatto caso, ma ormai ovunque vi girate sono nati campi di padel. Non soltanto all’interno di circoli sportivi polivalenti, ma anche come singole entità sparse sul territorio.
Mentre prima chi cercava un condominio attrezzato valutava con favore la presenza di piscina e campo da calcetto, adesso si cerca la novità, il campo da padel appunto.
Breve storia di questo sport
Le origini del padel si fanno risalire alla seconda metà del 1800, quando sui velieri inglesi che navigavano alla conquista di nuove colonie, i marinai giocavano nella stiva con una pallina e con i remi come racchette.
La tradizione latina, però, vuole che il padel sia nato grazie all’errore di un ricco messicano. Tale Enrique Corcuera, negli anni ’60, intendeva affiancare alla propria lussuosa villa un campo da tennis. Non aveva fatto i conti con i muri presenti e sbadatamente aveva fatto costruire un campo di dimensioni ridotte rispetto a quello regolamentare.
Se all’inizio il muro venne tenuto per evitare che la pallina uscisse troppo spesso dal campo, dopo poco tempo il muro divenne parte integrante del gioco. L’idea piacque molto perché permetteva di evitare le noiose interruzioni dovute al recupero delle palline perse nel giardino.
Il principe Alfonso di Hohenlohe, ospite della villa di Enrique nel 1974, si appassionò talmente tanto a questa nuova disciplina che decise di dotare il suo lussuoso Marbella Club Hotel di due campi con le stesse caratteristiche. Fu la Spagna la nazione europea in cui si diffuse maggiormente all’inizio.
Nello stesso periodo il miliardario Julio Menditegui esportò la novità sportiva in Argentina, dove il padel veniva giocato dalle classi più abbienti. Esistevano delle differenze di regolamento tra il gioco europeo e quello sudamericano, differenze che vennero appianate ufficialmente nel 1997, dopo che nel 1992 era nata anche una Federazione Internazionale dedicata.
Cosa significa Padel
La denominazione spagnola padel è l’acronimo di Promoción de actividades deportivas, educativas y lúdicas (Promozione di attività sportive, educative e ricreative). Tale acronimo è stato confermato nel 1991 con la nascita della Ipf (International Padel Federation), in cui sono coinvolte 34 federazioni nazionali ufficiali. C’è da dire che tale sport viene comunque praticato in un grande numero di paesi che ancora non hanno creato un’apposita federazione.
Il Regolamento
Fu la moglie di Enrique Corcuera, Viviana Dellavedova Corcuera, a scrivere per la prima volta le regole del padel e a donare il prezioso regolamento al marito per il suo compleanno.
DIFFERENZE COL TENNIS
Non si può non paragonare il padel al suo parente più illustre, il tennis. Sebbene molte regole siano le stesse, ci sono alcune differenze sostanziali. Oltre alla già citata dimensione ridotta del campo e ai muri da utilizzare come sponde, una caratteristica particolare è che in questo sport si giocano soltanto doppi.
Se avete un amico con cui giocate abitualmente a tennis il martedì sera, per provare questa disciplina dovrete necessariamente arruolare altri due giocatori.
CAMPO DA GIOCO
Nel tennis il campo è un rettangolo di 23,77 metri di lunghezza e 8,23 metri di larghezza per il singolo, 10,97 metri per il doppio. Nel padel il campo misura 20 metri di lunghezza e 10 di larghezza. La rete è alta 88 cm al centro e 92 ai lati.
Il rettangolo di gioco è circondato da 4 pareti alte tre metri, costruite con un materiale che permetta alla pallina di rimbalzare. Sul lato lungo troviamo due uscite o porte che permettono al giocatore di rimettere in gioco la pallina anche se questa è uscita fuori dal campo.
PUNTEGGIO
E’ praticamente uguale a quello del tennis. Si gioca al meglio dei tre set. In caso di parità al tie break si chiude a 7 sul 6 a 6, senza bisogno che ci sia un distacco di due punti. Per rendere la partita più veloce è consentito giocare con il punto secco, evitando i vantaggi sul 40 pari.
STRUMENTI DA GIOCO
All’apparenza le palline sono identiche a quelle del tennis, se è vero per quanto riguarda colore e dimensione, non lo è per quanto concerne la pressione. Le palline da padel hanno un’atmosfera in meno, per limitare la velocità nel rimbalzo.
Le racchette sono di dimensioni ridotte (45,5 cm) e non hanno corde, ma una superficie dura dotata di buchi nella parte centrale. Il manico possiede una corda elastica che per regolamento va legata al polso del giocatore.
I motivi sono molteplici. Avete mai provato ad organizzare una partita di calcetto? Non c’è gruppo whatsapp che tenga, la difficoltà di radunare un minimo di 10 baldi giovani è direttamente proporzionale all’immensità delle scuse utilizzate dai più per dare buca all’ultimo. Nel padel vi basterà arruolare altre tre persone per poter dedicarvi ad un’ora e mezza di sano sport.
Si bruciano tantissime calorie, perché si è sempre in movimento, ma non è necessario essere stati dei campioni di tennis o degli atleti straordinari per sostenere la durata di un match.
Giocandosi in 4 potete scegliere con vostra moglie di sfidare una coppia di amici e di scommettere su chi pagherà la pizza. Sono convinto che le donne risulteranno più agguerrite di voi.
Non preoccupatevi di non avere un campo vicino casa, probabilmente mentre state leggendo questo articolo ne stanno nascendo altri 15 nella vostra città, anzi nel vostro quartiere.
Se da bravi padroni quali siete, avete intenzione di portare il vostro cane in vacanza all’estero con voi, è bene che sappiate quali procedure sono imprescindibili.
Per evitare brutte sorprese, è necessario avere con voi anche il passaporto del vostro amico a 4 zampe. Potete richiederlo tranquillamente presso la vostra ASL di competenza, ma non riducetevi all’ultimo momento, perché potrebbe occorrere un po’ di tempo per il rilascio.
Quando si può rilasciare?
Il passaporto è rilasciabile solo dopo che il cucciolo ha compiuto 3 mesi, in quanto non è possibile sottoporlo al vaccino antirabbia prima dei 90 giorni di vita.
Infatti, per rendere il passaporto UE automaticamente valido per l’espatrio occorre che il vaccino sia stato fatto da almeno 21 giorni.
Per la Comunità Europea (tranne Regno Unito e Svezia) è sufficiente la vaccinazione antirabbica riportata sul passaporto.
Nei paesi extra-comunitari le regole variano da Stato a Stato.
Il microchip è uno strumento necessario per noi e per il nostro animale, perché permette al nostro miglior amico a 4 zampe di entrare a far parte “ufficialmente” della famiglia.
L’impianto del microchip ha sostituito i tatuaggi (una pratica precedente, istituita nel 1991 come primo metodo di identificazione dei cani). Dal 1 gennaio 2015, infatti, è consentito soltanto il primo per identificare il proprio amico peloso.
Di cosa si tratta?
Il microchip è un transponder miniaturizzato, una minuscola capsula di vetro biocompatibile, che non provoca alcun fastidio al cane. All’interno contiene un codice univoco di 15 cifre che identifica non solo l’animale, ma anche il nome del padrone e la sua residenza in virtù della registrazione all’Anagrafe canina.
Il microchip viene iniettato sotto la cute del cane con un’iniezione. Date le ridotte dimensioni (pochi millimetri) non provoca né dolori né fastidi al vostro amico a 4 zampe.
Quando va inserito il microchip?
Il microchip è obbligatorio per legge così come l’iscrizione all’Anagrafe canina, entro i 60 giorni dalla nascita del cucciolo.
Le sanzioni per l’inadempienza partono da un minimo di 78 euro ad un massimo di 259 euro.
I vantaggi del microchip
Come abbiamo accennato in precedenza, l’inserimento non è per nulla doloroso, come invece lo era la pratica del tatuaggio.
Quante volte sui social vedete post di gente che ha perso il proprio cucciolo e non riesce a trovarlo? Oppure, quanto spesso vi capita di notare cani che girano confusi per le strade del quartiere senza apparentemente avere un padrone? In questi casi il michochip è fondamentale per riportare a casa il cane smarrito ed eventualmente per denunciare un abbandono.
A tal proposito, l’obbligo del microchip mira anche a scoraggiare questa ignobile pratica .
Diciamo che possiamo paragonarlo ad una sorta di carta d’identità del vostro amico a 4 zampe, in quanto la sua lettura permetterà al veterinario di controllare anche se un cane è vaccinato o meno.
Infine, se volete il vostro compagno di giochi sempre con voi, magari anche in vacanza all’estero, l’impianto del microchip è una condizione necessaria per portarlo in viaggio fuori dai confini italiani (insieme al PASSAPORTO).
Quanto costa?
Nemmeno il costo può essere una scusa valida per non farlo, dato che in media si attesta sui 10/15 euro per quasi tutti i cani, ma varia da regione a regione.
Il pagamento deve essere fatto alla ASL di appartenenza, mentre per l’iniezione del microchip potete rivolgervi al vostro veterinario di fiducia, a patto che sia abilitato per tale procedura.
Falso mito
Il microchip non è un GPS, questo vuol dire che non potete ritrovare il vostro amico smarrito attraverso di esso. Tuttavia nel caso in cui il cane venga portato in una qualsiasi centro veterinario, sarà possibile leggere il suo microchip e riconsegnarlo alla famiglia proprietaria.
E quando ti sembra di aver finalmente terminato i preparativi per il tuo matrimonio, ecco che un tuo caro amico ti chiede: “Ma la Siae l’avete pagata?”. Panico. Ops, non ci avevo proprio pensato, o meglio, credevo si occupasse di tutto la location e invece…NO!
Cos’è la Siae?
Siae è l’acronimo di Società Italiana degli Autori ed Editori, che ha il compito di garantire ad autori ed editori i compensi economici derivanti dalle loro opere. Si tratta della principale società di gestione del copyright nel nostro paese.
Fanno parte degli eventi privati anche i battesimi, le comunioni, le cresime, le feste di laurea e festeggiamenti simili, che si svolgono in luoghi differenti dalla propria abitazione, offerti da privati e riservati agli invitati.
Viene pagato il compenso per l’esecuzione di brani musicali appartenenti al Repertorio SIAE – Divisione Musica.
Come si paga
Ci sono due modi per mettersi in regola con il pagamento Siae per una festa privata:
L’organizzatore occasionale dovrà recarsi presso gli appositi uffici territoriali munito di alcuni dati con cui compilare la documentazione: nome, cognome, codice fiscale, nome della location in cui si svolgerà l’evento, data dello stesso, tipo diintrattenimento (musica dal vivo o registrata, ballo o meno) e numero di invitati.
Si dovrà versare una cifra forfettaria (che vedremo fra poco) più una cauzione e si riceverà il programma musicale dell’evento, chiamato borderò, da compilare a cura del musicista o dj.
Questo andrà riconsegnato il giorno successivo per fare in modo che ci sia un’equa ripartizione dei compensi spettanti ai vari aventi diritto d’autore sulle musiche eseguite.
2. La procedura online è sicuramente più veloce: sul sito www.siae.it puoi trovare tutte le informazioni necessarie e pagare direttamente la cifra forfettaria per il tuo evento privato.
Per utilizzare il servizio online ti basterà essere maggiorenne e potrai accedere al portale con il tuo codice fiscale come organizzatore occasionale (questo per distinguerti dai professionisti che, ovviamente, pagheranno delle cifre diverse da te).
Quanto costa?
Veniamo ora alla nota dolente, i costi.
In questa tabella presa direttamente dal sito Siae.it, potete vedere quelli che sono i costi forfettari in base all’evento privato che intendete organizzare. Come vedete un matrimonio dai pochissimi invitati fino ai 200 necessita di un pagamento di 199 euro iva esclusa.
Ma non finisce qui. Dovete considerare anche gli eventuali diritti connessi.
Nel caso in cui oltre alla musica dal vivo usufruirete anche di musica registrata o riprodotta tramite un lettore musicale o un disc jockey ci sarà un ulteriore costo. Quest’ultimo servirà per compensare tutti coloro che hanno reso possibile la diffusione dell’opera in pubblico (produttori, artisti etc.).
Ecco la tabella nel dettaglio che trovate sul sito Siae.it.
Quando non dobbiamo pagare
Udite, udite! Ci sono dei casi in cui possiamo utilizzare liberamente la musica senza doverne pagare i diritti:
Feste organizzate in una casa privata, che sia la vostra o quella di un vostro amico.
Qualora si tratti di musica i cui autori siano deceduti da più di 70 anni.
Nel caso di musica non inserita nel repertorio SIAE per le quali esiste una licenza di Creative Commons.