MOTIVAZIONALI

La teoria del cestino dei rifiuti (Garbage Can Model)

La teoria del “cestino dei rifiuti”, il metodo decisionale che ancora non hai provato

C’è chi tira la monetina, chi lancia penne in un barattolo, chi decide in base alla maggioranza in un sondaggio e c’è chi si affida all’oroscopo.

C’è però un particolare sistema decisionale, definito, con un’accezione chiaramente provocatoria, modello del garbage-can (o «cestino dei rifiuti»).

In questo modello a «cestino dei rifiuti» una decisione è il risultato raggiunto, o anche l’interpretazione ricavata, da quattro differenti tipologie di corsi d’azione, che scorrono, in modo relativamente indipendente ed autonomo, all’interno dell’organizzazione.

La nostra attenzione va qui alle interazioni che si determinano tra quattro di tali corsi d’azione:

1.     i problemi, che vengono continuamente rilevati nel corso del tempo (es. frustrazioni sul lavoro, carriera, relazioni di gruppo, distribuzione dello status, aspetti economici, ecc.);

2.     le soluzioni, che sono costantemente prodotte in risposta ai problemi che la vita quotidiana propone;

3.     i partecipanti, che vanno e vengono nel corso del tempo e il cui grado di coinvolgimento alle decisioni può variare in funzione della natura del problema di volta in volta trattato;

4.     le opportunità di scelta, ovvero particolari situazioni o contesti in cui ci si aspetta che l’organizzazione decida (es. la firma di un contratto, l’assunzione di una persona o la costituzione di un gruppo di lavoro).

Tali flussi sono relativamente indipendenti l’uno dall’altro e la decisione è il risultato della loro fortuita combinazione.

La metafora che viene pertanto proposta è la seguente: la decisione, o come viene chiamata nella fattispecie, l’opportunità di scelta, è paragonabile ad un “cestino dei rifiuti” in cui problemi, soluzioni e decisori sono gettati dentro man mano che vengono generati.

È in questo senso che si può considerare la decisione come il risultato della combinazione casuale di un problema e una soluzione che vengono messi assieme da uno dei tanti decisori che casualmente è stato (o si è) coinvolto nella decisione.

Una caratteristica molto importante che emerge, è il non necessario accoppiamento tra problemi e soluzioni; non sempre cioè le alternative scelte contribuiscono a risolvere il problema per il quale erano state formulate.

Questo si verifica perché le decisioni finali vengono effettuate quando la combinazione di problema, soluzione e decisori è tale da rendere possibile e sufficientemente credibile l’azione.

Può allora accadere che, ad esempio, la soluzione scelta contribuisca a risolvere problemi che si sarebbero manifestati di lì a poco tempo (prima cioè che essi vengano identificati e definiti).

In tale prospettiva, il garbage-can model, non si propone di definire un metodo scandito da fasi distinte che porti alla risoluzione dei problemi organizzativi, ma permette di ricostruire ex-post la configurazione di decisioni e processi relativi a contesti contraddistinti dagli elementi caratterizzanti le anarchie organizzate.

3 Idee per combattere la pigrizia e smettere di procrastinare

Consigli utili per affrontare uno degli stati d’animo più conosciuti e diffusi nella società moderna, la pigrizia, fedele compagna di pisolini

“Pigrizia: l’abitudine di riposarsi ancor prima di essere stanchi.” – (Jules Renard)

Ah la pigrizia, in questo periodo, chi più chi meno, è stato assalito da colei che riesce a far spiaggiare sui divani anche i più duri combattenti. E’ sempre lei che vi vorrebbe convincere a non leggere questo articolo, ma DOVETE LEGGERLO!

Scartati i fattori ormonali o altri problemi organici, dobbiamo comprendere cosa soggiace al nostro stato d’animo. Vi ricordate quella filastrocca sulla pigrizia che veniva spesso insegnata alle scuole elementari? Com’è che faceva?! Ah sì, eccola qua:

“La Pigrizia andò al mercato

ed un cavolo comprò,

mezzogiorno era suonato

quando a casa ritornò.

Prese l’acqua, accese il fuoco,

si sedette e riposò

ed intanto a poco a poco

anche il sole tramontò.

Così persa ormai la lena,

sola al buio ella restò

ed a letto senza cena

la Pigrizia se ne andò.”

Quante volte arrivati a fine giornata ci rendiamo conto di non aver concluso una “cippalippa”? O ci promettiamo di essere più dediti, più perseveranti, più, più, più, per poi perderci negli stessi errori? Quante volte abbiamo desiderato raggiungere quell’obiettivo, ma durante il cammino non si sa bene come, abbiamo perso la forza di volontà per farlo?

ESISTE UNA CURA ALLA PIGRIZIA?

Combattere la pigrizia può essere una vera e propria lotta contro i mulini a vento. Vorremmo scrollarci di dosso quella patina di apatia, ma nonostante i nostri sforzi tutto quello che riusciamo a fare è piazzarci davanti alla TV o a qualche social. Diamine, dovrà pure esistere una cura! O siamo condannati a soccombere in eterno di fronte alla nostra pigritudine?!

3 IDEE PER COMBATTERE LA PIGRIZIA E SMETTERE DI PROCRASTINARE

1. Affronta per primo il tuo problema più grande

Tutti noi tendiamo ad affrontare prima i lavori più semplici e rapidi, in modo da concentrare poi tutte le energie in un unico e più complicato progetto. Lo facciamo perché ci sembra che partendo dai compiti più facili, possiamo compierli facilmente e possiamo poi dedicarci a quelli più complicati che richiedono tutta la nostra concentrazione.

Lavorando in questo modo, però, non andiamo avanti, ma arriviamo alla fase della continua procrastinazione, perché tenderemo sempre a dire “lo faccio dopo”. Ce lo dimostra persino uno studio della New York University pubblicato nel Journal of Personality and Social Psychology a dicembre 2001, il quale ha scoperto che il cervello stimola il lavoro produttivo reale, costringendoci a prenderlo in piccole dosi e scandagliarlo nel tempo. Questo accade perché il cervello, prima di visualizzare il peggiore scenario possibile, farà di tutto per impedirci di cominciare.

“Tutti vogliono salvare il mondo ma pochi aiutano la mamma a lavare i piatti.” (Roland Topor)

2. Prova il Metodo Giapponese Kaizein

La parola giapponese Kaizen significa cambiare in meglio, miglioramento continuo. La strategia è molto semplice, basta eseguire l’azione che si tende a rimandare o ad evitare per 1 minuto ogni giorno. In questo modo ci si inizia ad abituare alla novità e via via l’azione poco gradita diventerà parte della routine quotidiana e non sarà più un problema.

Cosa potreste fare in soli 60 secondi? Ad esempio, se avete bisogno di fare esercizio fisico, provate a fare degli squat o degli addominali, oppure a saltare la corda. Potrete anche ripiegare degli abiti, iniziare a riordinare la vostra stanza o leggere una pagina di un libro che vi interessa, ma che continuate a lasciare chiuso sul comodino per mancanza di tempo. Giorno dopo giorno il tempo che dedicherete all’azione prescelta aumenterà in modo naturale e così mantenervi in forma o fare in modo che la vostra casa sia un po’ più ordinata del solito diventerà più semplice.

“Scegliere metodi per non agire è stata l’attenzione e lo scrupolo della mia vita.” (Fernando Pessoa)

3. Il modello delle 3 “S” (di Tony Robbins) per combattere la pigrizia:
Adotta una Strategia efficace

La pigrizia va a braccetto con gli scarsi risultati. Per cambiare i risultati che abbiamo ottenuto finora (o meglio, che NON abbiamo ottenuto finora) dobbiamo quindi intervenire sulla strategia che stiamo adottando.

Questo non significa necessariamente che devi stravolgere quanto hai fatto finora. Se i risultati non sono ancora arrivati, le motivazioni possono essere infatti due:

Non hai applicato la strategia corretta in modo costante e consistente.

Stai applicando la strategia sbagliata.

Quando sei in dubbio se continuare o meno con l’attuale strategia, la cosa migliore da fare è un “esperimento a tempo”: impegnati per un periodo predefinito nell’applicare la strategia in modo costante e consistente. Solo al termine dell’esperimento valuta i risultati ottenuti e decidi il da farsi. Purtroppo, però, individuare la strategia corretta per raggiungere i nostri obiettivi non è sufficiente per scrollarci di dosso la pigrizia. Ma questo lo sai meglio di me: quante volte ti è capitato di sapere esattamente cosa dovevi fare e non lo hai comunque fatto?

Spesso a bloccarci sono le storie che ci raccontiamo, oppure i nostri obiettivi non sono concreti.

Fai attenzione alla Storia che ti racconti

Queste balle spaziali che ostruiscono le nostre sinapsi hanno l’obiettivo principale di preservare il nostro ego. Cioè il cambiamento è sempre percepito come rischioso dalla nostra mente: se infatti tentiamo di cambiare e falliamo, andiamo in crisi. Se invece tentiamo di cambiare e riusciamo, mettiamo comunque in crisi tutto ciò che avevamo creduto vero fino a quel momento. In entrambi i casi il nostro subconscio vede un pericolo e ci ostacola.

Quando a bloccarci e a renderci pigri è la storia che ci raccontiamo, ancor prima di modificarla, dobbiamo prendere consapevolezza di questo nostro dialogo interiore. Nello specifico, esistono 5 tipologie di dialogo interiore.

1)ACCETTAZIONE NEGATIVA – È dominato da pensieri come: “Non Posso; Non Ci Riesco; Sono Stanco; Non Ho Più Le Energie”. Purtroppo, questo tipo di dialogo interiore, è quello che ha la maggior parte delle persone.

2)IDENTIFICAZIONE DEL PROBLEMA“Devo; Dovrei; Avrei Bisogno Di”. Sicuramente si tratta di una condizione migliore, rispetto a quella del primo livello, ma non possiamo investire in quest’area. È chiaro che sia stato individuato un problema, ma questa condizione non ci offre alcuna soluzione.

3)DECISIONE DI CAMBIARE“Mai; Mai Più”. È il livello in cui abbiamo deciso di apportare un cambiamento radicale nella nostra vita: “Non Fumerò Mai Più; Non Rimanderò Più”. È di fondamentale importanza, perché in questo momento, noi DIAMO ISTRUZIONI al nostro subconscio, che verranno considerate veritiere. Le sensazioni e le emozioni che proveremo, saranno la fonte da cui scaturiranno nuove azioni.

4)AFFERMAZIONI ESPRESSE AL PRESENTE CON ACCEZIONE POSITIVA – “Io sono; Io posso; Io ho; ecc. Io sono in controllo della mia vita; decido la mia vita; sono entusiasta; ho energia; mi rispetto”. Il quarto livello di dialogo interiore, invia al subconscio dei messaggi che ci incoraggiano, ci potenziano, ci rinforzano, che toccano il nostro cuore e che ci consentono di visualizzare i nostri sogni. È il livello che ci spinge in avanti. È il livello che ci fa combattere le nostre paure, che ci fa sterzare e dirigere verso la nostra meta. Questo è il livello in cui dobbiamo trascorrere il maggior tempo possibile. Richiede impegno e sforzo, ma è efficace.

5)BRILLA, SEI PARTE DELL’UNIVERSO – Se impari a riconoscerle, le puoi contrastare.

Cambia il tuo Stato (fisico e mentale)

Alzati in piedi e muoviti!

Nel 2012 la psicologa sociale Amy Cuddy, dell’Università di Harvard, ha dimostrato che esistono specifiche posture che sono in grado di influire sui nostri livelli di testosterone e cortisolo. In altre parole, se modifichiamo il nostro atteggiamento corporeo possiamo abbassare i livelli di stress ed aumentare la fiducia in noi stessi. L’abito non fa il monaco, ma il portamento sì. (Ti lasciamo il video della dottoressa. Meglio di lei chi te lo può spiegare? E non fare il pigro! Qui troverai le “power poses” più efficaci.

Leggete attentamente questo indovinello: “Ci sono tre passeri su un albero, due di essi vogliono volare. Quanti passeri ci sono adesso?”

Ci sono sempre tre passeri. Finché i passeri che vogliono saltare non lo faranno, resteranno sul ramo. Accade la stessa cosa per la pigrizia: non serve a nulla pensare di fare qualcosa se poi non lo facciamo.

E adesso cosa farai? Ti alzerai subito? O rimanderai a domani?

Ek.

SOLI IN CASA. PERCHE’ CI ABBUFFIAMO? QUALI I TRUCCHI PER SMETTERE? >>>LEGGI SUBITO L’ARTICOLO

Perché ci sentiamo sempre stanchi? Le 4 energie del nostro corpo

La stanchezza non è un fattore prettamente fisico, ci sono altre energie che dobbiamo considerare quando ci sentiamo distrutti e senza forze

Mio nonno diceva sempre che un breve pisolino da mezz’ora dopo pranzo lo rimetteva al mondo e gli dava una carica di energia che lo faceva arrivare riposato fino a sera. Siamo sempre stati abituati a credere che la stanchezza fosse un fattore principalmente fisico e che per riprenderci dalla stanchezza bastasse fare una bella dormita. Quando nemmeno un intero weekend a letto riesce a rimettervi in sesto, iniziate a domandarvi se non c’è qualcos’altro che non va in voi.

ATTENZIONE A RICARICARE TUTTE LE 4 FORME DI ENERGIA DEL TUO CORPO

“Sono sempre stanca”, “ho una stanchezza cronica”, “devo andare dal medico, prima non ero così stanco” : se ultimamente hai pronunciato queste frasi sempre più spesso, probabilmente è perché stai gestendo male le 4 dimensioni chiave della tua energia.

Potremmo parlare ore di mille tecniche per avere più energia, svegliarsi e fare Yoga, alzarsi prima la mattina, utilizzare la tecnica del pomodoro per studiare (che io uso e mi piace molto), o l’allenamento di Jill Cooper da 5 minuti al giorno per ritrovare la voglia di allenarsi” .

Tutte queste tecniche hanno però un piccolo difetto in comune: non servono a niente se sei sempre stanco e afflitto da una spossatezza cronica. Possiamo fare tutti i buoni propositi di questo mondo, possiamo definire i nostri obiettivi seguendo alla lettera i consigli degli esperti o adottare i migliori sistemi di gestione del tempo. Fare scalette giornaliere, ma se non impariamo a gestire la nostra energia, sarà tutto inutile.

Durante un corso mi hanno parlato di 4 dimensioni dell’energia, modello proposto nel libro “The Power of Full Engagement“, scritto dal Dr. James E. Loehr e Tony Schwartz. E oggi voglio condividerlo con voi.

3 PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ENERGIA PERSONALE

  1. Non è il tempo, ma la nostra energia personale la risorsa più importante per realizzare i nostri obiettivi.

2. Ogni tuo pensiero, emozione o azione ha un impatto sui tuoi livelli di energia personale.

3. La capacità della nostra “batteria” personale si espande nel momento in cui alterniamo costantemente periodi di lavoro (o studio) intensi a periodi di recupero profondo.

Questo approccio si chiama tecnicamente stress-recovery routine.

Se stai leggendo questo articolo è probabile che tu ti senta sempre stanco, ed è probabile che sia perché invece di alternare momenti di sforzo intenso a momenti di relax totale, vivi piuttosto in un perenne stato di “occupazione distratta“: sempre attaccato all’email, ai social, allo smartphone. Potremmo dire che non ti riposi mai veramente? Se sei stanco non è detto che tu stia gestendo male il tuo tempo, ma piuttosto stai gestendo male la tua energia.

Partiamo con il dire che le energie all’interno del corpo umano possono racchiudersi in 4 aree.

Energia Fisica, Emotiva, Mentale e Spirituale.

ENERGIA FISICA:

È colei alla quale diamo la colpa appena ci sentiamo stanchi, ma è anche la più facile da gestire.
Generalmente è legata ad una alimentazione errata, alla carenza di sonno e al poco allenamento fisico. Quindi basterebbe mangiare meglio, andare a dormire presto ed alzare il sedere dal divano spegnendo Netflix. La difficoltà in questo caso è che quando siamo stanchi tendiamo a ripetere i comportamenti (errati) a noi più familiari.

In più, quando siamo stanchi tendiamo a prendere decisioni sbagliate, che ci fanno sentire più stanchi. Senza contare che su alimentazione, sonno e allenamento fisico esistono valanghe di informazioni, spesso contraddittorie tra loro, e quando il nostro cervello riceve troppi stimoli, tende a “chiudere la saracinesca”.

Cosa possiamo fare?

Il corpo è il mezzo nel quale si muove la mente. Se il corpo non è in forma, la mente ne risente. E viceversa. Fai attenzione se ti sei “allenato” a non sentire la stanchezza, ad anestetizzarla. Potresti essere diventato insensibile ai segnali corporei che la comunicano. Riprendere contatto con questi segnali è quindi un primo passo per iniziare a prendersi cura di se e della propria stanchezza. D’altronde qualcuno diceva che noi siamo quello che mangiamo: ma non solo…noi siamo quello che pensiamo!

La stanchezza si ripercuote anche sul tuo aspetto fisico? Leggi anche ↓ 

CAPELLI ROVINATI: CAUSE E 8 RIMEDI INFALLIBILI

ENERGIA EMOTIVA:

Mangi bene, dormi a sufficienza e ti alleni a sufficienza ma ti senti uno straccio, stanco e stufo di tutto? Forse stai passando un periodo pieno di frustrazione, di rabbia, o di paura. L’energia fisica è il carburante di base, ma se non curiamo attentamente anche la nostra energia emotiva, siamo fregati.

Quello che molto spesso facciamo è “ingoiare” un’emozione dopo l’altra. Le calcoliamo una per una nel nostro zaino personale senza essere consapevoli del loro peso e di come influenzano il nostro benessere e la qualità della nostra vita. Ed ecco arrivare l’ipersensibilità (le più piccole cose ci colpiscono, siamo molto più sensibili, piangiamo quasi per nulla, ci arrabbiamo per qualsiasi cosa). Diminuisce il livello di attenzione (avete presente quei vuoti di memoria che vi fanno sospettare un principio di Alzheimer?), diminuisce la motivazione nel fare le cose e aumentano i pensieri negativi. Ogni giorno ci muoviamo più lentamente, con meno entusiasmo, senza motivazione.

Cosa possiamo fare?

Non sottovalutare quello che pensi, che provi e che fai, perché ogni pensiero, ogni emozione e ogni azione ha un impatto sui tuoi livelli di energia. Coltiva quotidianamente emozioni positive e impara ad interpretare diversamente quelle negative. La mindfulness è di moda. A me fa fatica pensare alla meditazione come aiuto. Tuttavia, al di là del poter vedere in essa una tecnica di meditazione, dobbiamo anche intenderla come un tipo di filosofia. Molto utile per fermare il flusso dei pensieri negativi, stress ed emozioni negative.

ENERGIA MENTALE:

Insonnia, dolori muscolari, crampi allo stomaco, battito cardiaco accelerato, emicrania, debolezza, ma anche irritabilità, bassa concentrazione, scarsa capacità di memorizzazione, vuoti di memoria, spossatezza e continuo senso di pesantezza nonostante si riposi adeguatamente. Questi sono alcuni dei sintomi di stanchezza mentale.

“Ogni giorno un utente di Facebook si sveglia e sa che non deve accendere lo smartphone. Ogni giorno un programmatore di Facebook si sveglia e sa che deve trovare il modo per far accendere lo smartphone ai suoi utenti. Non importa che tu sia un utente o un programmatore… tanto accenderai lo smartphone.”

Non molti se ne stanno accorgendo ed anche se se ne sono accorti, ne sottovalutano le conseguenze. Eppure vivere perennemente connessi, alla mercé dell’ennesima notifica, sta letteralmente distruggendo la nostra energia mentale, e questo perpetuo stato di distrazione ci rende stanchi, demotivati, incapaci di realizzare qualcosa di grandioso nella nostra vita. Mi stupisce sempre questo dato: L’utilizzatore medio di telefono cellulare tocca il suo dispositivo 2.617 volte al giorno, secondo uno studio condotto dalla società di ricerca Dscout.

Duemilaseicentodiciasette volte!!!

Cosa possiamo fare?

 Fare una cosa alla volta e farla come se fosse la cosa più importante di questo mondo. Questa è personalmente la tecnica con la quale faccio più fatica in assoluto. Per esempio se guardi un film, non guardare ANCHE il telefono. Se parli con qualcuno, non buttare ANCHE l’occhio alla tv. Un’altra cosa importante è concentrare le distrazioni in un unico slot temporale (possibilmente al termine della giornata di studio/lavoro) eliminando le distrazioni e migliorando il tuo focus.

ENERGIA SPIRITUALE:

No, non parliamo di angeli, di spiritelli dei boschi e di “Jane and the Phantom”. Il termine energia spirituale ha un significato molto più prosaico e indica semplicemente quell’energia che deriva dal perseguire cause, progetti e sogni che ci appassionano profondamente. Se in questo periodo sei particolarmente stanco, e questa tua fiacca cronica non è legata direttamente a nessuna delle 3 dimensioni che abbiamo già visto, con tutta probabilità sei giù di tono perché quello che stai facendo non ti appassiona veramente.

Qui tutti “teniamo famiglia” e a volte la vita è fatta anche di periodi in cui per sopravvivere dobbiamo fare cose che non ci piace fare, ma questo non significa che dobbiamo arrenderci e lasciarci andare alla deriva.

Cosa possiamo fare?

Individua quegli hobbies, quelle tematiche e quelle passioni di cui sei da sempre innamorato. Se le hai tralasciate ultimamente, riprenderle in mano. Ti aiuteranno ad innalzare la tua energia spirituale. Tieni a mente l’opzione multipotenziale. Il concetto di multipotenzialità ha avuto molto successo negli ultimi anni e i cazzari di mezzo mondo se ne sono subito innamorati. In realtà i veri multipotenziali sono una ristretta minoranza, ma questo non significa che tu non possa effettivamente essere uno di questi. Investi tempo ed energie in progetti che siano in linea con i tuoi valori.

Sperando che questo articolo ti sia stato utile, se vuoi dicci nei commenti i tuoi metodi per recuperare energia. 

Buon sempre!

Ek.

Se sei una stressata cronica leggi anche >>> STRESS, COS’E’ E COME SI PUO’ COMBATTERE

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Gelosia – 10 consigli utili per superare questo insano sentimento

Non è facile trovare qualcuno che sia totalmente immune da questo particolare stato d’animo che ti assale quando hai paura che qualcuno ti porti via il tuo partner. Ci sono tuttavia dei trucchi e dei procedimenti per affrontare la gelosia e provare (è difficile) a razionalizzarla

C’è chi sostiene che un po’ di sana gelosia possa dare pepe al rapporto. E’ un discorso che ci può anche stare, ma da dimostrazione di interesse per la propria amata non deve trascendere in un’ossessione morbosa. Senza volersi spingere fino agli innumerevoli e deplorevoli casi di femminicidio legati proprio alla gelosia, avere accanto una persona molto gelosa può essere molto difficile.

Da cosa nasce la gelosia?

Alla base di questo tormentoso sentimento c’è sia la paura della perdita del proprio amore, che il timore dell’abbandono. Un rapporto che finisce può portare alla depressione, alla perdita di fiducia in se stessi e anche ad una figura imbarazzante con amici e parenti.

L’equazione è presto fatta: più aumenta la paura e l’insicurezza, più sale la gelosia. Se il timore diminuisce, anche la gelosia si quieterà. Il problema grande è che tale sentimento genera emozioni distruttive come l’odio per gli altri e il disprezzo per se stessi. Insomma la gelosia ti corrode fuori e dentro.

Facciamo una premessa banale, ma che è d’obbligo sottolineare. Se state insieme ad un traditore seriale, la vostra gelosia sarà giustificata, ma non lo sarà il vostro rimanere con quella persona. Nel caso in cui la vostra inquietudine sia presente anche con un partner accanto assolutamente corretto nei vostri confronti, allora dovreste provare a lavorare su voi stessi.

https://erikastreppa.it/perche-si-tradisce-differenze-tra-uomo-e-donna

10 Consigli utili per combattere la gelosia

1.RICONOSCETE LA GELOSIA – Il primo passo per risolvere un qualsiasi problema è capire di averlo. Non vergognatevi ad ammettere con voi stessi e con gli altri che siete gelosi. Non commettete alcun atto illecito. Magari evitate di sbandierarlo di fronte a persone poco avvezze alla sensibilità, che potrebbero schernirvi e farvi sentire inadeguati per questa vostra ammissione.

2. CREDETE AL VOSTRO PARTNER – So che se non siete abituati a farlo, iniziare di punto in bianco non sarà facile, ma alla base di ogni rapporto sano dovrebbe esserci la fiducia. Se l’hai seguito e hai constatato che non ti stava mentendo e se ti dimostra costantemente quanto ti ama, perché roderti il fegato immaginandolo fra le braccia di qualcun altra?

3. NON FATE I BAMBINI CAPRICCIOSI – Abbiamo parlato in precedenza di insicurezza, ma anche chi ha una forte autostima può essere soggetto alla gelosia. Soprattutto chi è abituato a stare al centro dell’attenzione e considera la propria metà come una sua proprietà, pretendendo che le attenzioni della sua compagna siano sempre e solo rivolte a lui. Non potete pensare che il vostro partner non parli e non rivolga la parola a nessun altro in vostra presenza. Un atteggiamento del genere a lungo andare allontanerà il vostro amore da voi. Anche perché le altre persone le faranno notare quanto siete despoti nei suoi confronti.

4. PUOI USARE LA GELOSIA PER CRESCERE – In che senso? Se provate gelosia ogni volta che il vostro partner esce è perché magari rimanete a casa a crogiolarvi nelle vostre fantasie tossiche. Organizzate una serata per conto vostro con altri amici, non potrà che farvi bene e quando tornerete a casa sarete felicissimi di rivedere il vostro lui/la vostra lei.

5. SMETTI DI SMINUIRTI – Sono frequenti in chi ha poca autostima, domande del tipo: “Come fa a stare a con me?“, “La sua collega è cento volte meglio di me”, “Il suo capo è palestrato, mentre io...”. Non chiedete mai al vostro partner perché vi ami? MAI! L’amore è magia, alchimia è qualcosa che non si può spiegare. Non cercare a tutti i costi di capire perché tua moglie ti ama. Goditi la cosa e basta!

6. EVITA LE RIPICCHE – Per sentirti più vivo/a e per vendicarti della gelosia che hai provato nei confronti del tuo partner, non flirtare con chiunque ti capiti sotto tiro di fronte a lui e non tirare fuori le tue esperienze amorose pregresse. Una strategia del genere non porta a nulla di buono.

7. EVITA L’EFFETTO EYES WIDE SHUT – Avete presente il film di Kubrik in cui Tom Cruise si immagina i tradimenti della moglie (Nicole Kidman)? Ecco, pensate che proprio alla base della loro rottura ci sono state alcune scene di quella pellicola, che hanno infastidito a tal punto Top Gun da portarlo alla gelosia ossessiva. Non immaginate sempre il peggio. Può aiutarvi scrivere su foglio cosa pensate che il vostro partner stia facendo senza di voi. Nel rileggerlo cercate di razionalizzare e pensate se potrebbe essere DAVVERO un’ipotesi plausibile.

8. LASCIALO/A ANDARE – Concedi al tuo amato i suoi spazi e i suoi svaghi, costringerlo a restare con te non è mai una buona idea. Anzi, potrebbe voler fuggire dalla tua iper possessività. Se uscite con altre persone lascialo parlare con la tua amica attraente. Se pensi che ci flirti per infastidirti, fallo impazzire mostrandoti totalmente rilassata.

9.CERTE ACCUSE INFONDATE POSSONO DISTRUGGERE IL RAPPORTO -Se la tua donna/ il tuo uomo si sentirà apostrofata/o con epiteti poco edificanti in più occasioni, potrebbe reagire in due modi: 1) fare in modo che le tue accuse diventino veritiere, tradentoti, 2) allontanarsi da te e persino disinnamorarsi.

10. IL PARTNER NON E’ UNA TUA ESCLUSIVA, MA TU DEVI ESSERE IL SUO PREFERITO/A – Come detto in precedenza il tuo compagno non può essere un oggetto in tuo possesso. Fai in modo che interagisca con le altre persone. Se non ha nulla da rimproverarti è molto più probabile che parlando con gli altri, abbia ancora più voglia di tornare da te. Se comincia a darti buca perché mostra di preferire in maniera sistematica qualcun altro, allora hai il permesso di allarmarti e di chiedere spiegazioni.

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FOTO: Leganerd.com; Riza.it

Marco Fabio Ceccatelli

L’illusione di essere competenti

Oggi vi racconterò una storia, che si potrebbe chiamare “RAPINA AL LIMONE – lo stupido che si credeva un genio del crimine

Un bel giorno del 1995, un uomo di mezza età, decise di rapinare due banche di Pittsburgh in piena luce del giorno. Non indossava una maschera o travestimenti di alcun genere, e sorrise pure alle telecamere di sorveglianza prima di uscire da entrambe le banche.

Più tardi, la polizia arrestò con facilità un esterrefatto McArthur Wheeler. Quando gli mostrarono i video di sorveglianza, Wheeler li fissò incredulo. “Ma mi ero messo il succo addosso”, bofonchiò.

A quanto pare, Wheeler era venuto a conoscenza, grazie ad un trucco di magia fatto da un suo amico, del fatto che il succo di limone veniva utilizzato come inchiostro invisibile, quindi, se non si fosse avvicinato a una fonte di calore, sarebbe rimasto invisibile. Si era convinto che strofinarsi del succo di limone sul viso l’avrebbe reso invisibile alle telecamere di sicurezza.

La polizia concluse che Wheeler non era né pazzo né sotto effetto di droghe, solo incredibilmente in errore.

Venticinque anni fa fu arrestato l”ignorante zero’

L’EFFETTO DUNNING-KRUGER CI SPIEGA PERCHÉ GLI IGNORANTI SONO CERTI DI AVERE SEMPRE RAGIONE

Questo bizzarro fenomeno catturò l’attenzione dello psicologo David Dunning della Cornell University, che incaricò il suo studente, Justin Kruger, di indagare su quanto stava succedendo.

Sento alcuni di voi dire il fenomeno non è così nuovo. Già Socrate – e siamo nel quinto secolo avanti Cristo –avverte che “è sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza“, e il faraone Akhenaton (qui siamo nel quattordicesimo secolo avanti Cristo) afferma: “il folle è ostinato e non ha dubbi. Conosce tutto tranne la propria ignoranza“, e sì avete ragione, ma questi due di innovativo hanno STUDIATO E MISURATO in maniera sperimentale per la prima volta nella storia la propensione all’errore.

GLI STUDI

Così, Dunning e Kruger misero in atto alcuni brillanti esperimenti. Formularono a studenti di corsi di laurea triennale una serie di domande. Ad ogni volontario venne chiesto quale fosse il proprio livello di competenza e di stimare il livello di competenza degli altri studenti intorno a loro, in tre differenti aree:

Umorismo. Logica. Grammatica.

Nella seconda parte dell’esperimento i partecipanti vennero poi invitati a sostenere un test per misurare la loro effettiva abilità in questi tre ambiti.. Cosa interessante: gli studenti che avevano avuto il punteggio più basso nei test cognitivi erano anche quelli che avevano dato i pronostici più ottimistici, troppo ottimistici  (autoproclamandosi altamente competenti).

In uno studio di follow up, Dunning e Kruger lasciarono il proprio laboratorio per andare in un poligono, dove sottoposero quelli che sparavano per hobby a un test sulla sicurezza delle armi da fuoco. Similarmente alle loro precedenti rilevazioni, quelli che risposero correttamente a meno domande erano anche quelli che sovrastimavano in modo generoso la propria competenza relativa alle armi. Al di là della conoscenza reale, però, l’effetto di Dunning-Kruger può essere osservato nell’autovalutazione di una miriade di altre abilità personali.

Se si guarda qualsiasi talent show trasmesso oggi in TV, si noterà lo shock sui volti dei partecipanti che non superano le audizioni e vengono respinti dai giudici. E sebbene per noi sia uno spettacolo quasi comico, queste persone sono sinceramente ignare di quanto la loro illusoria superiorità le abbia ingannate.

“E se chi è stupido fosse troppo stupido per accorgersi di essere stupido?”

PERCENTUALI BIZZARRE

Per esempio, succede che quasi la metà (il 42 per cento) di un gruppo di ingegneri stimi di far parte del 5 per cento costituito dai più bravi. Oppure: “Ti consideri un guidatore nella media o sopra la media? L’88 per cento degli automobilisti americani ritiene di avere capacità di guida superiori alla media. Temo che il dato italiano potrebbe essere ancora più clamoroso”.

Curiosamente, anche le persone più intelligenti non riescono a valutare in maniera accurata le proprie capacità. Così come gli studenti che prendono regolarmente 18 e 19 agli esami sovrastimano le proprie capacità, gli studenti da 30 sottostimano le proprie. Nel loro studio più celebre, Dunning e Kruger rilevarono che gli studenti con le performance migliori, i cui punteggi nei test cognitivi stavano nel quartile più alto, sottostimavano la propria competenza relativa. Questi studenti erano convinti che se certi compiti per loro erano facili, dovevano esserlo anche per gli altri.

 La cosiddetta “Sindrome dell’Impostore” può essere considerata l’esatto opposto dell’effetto di Dunning-Kruger, e a causa sua le persone di successo non riescono a riconoscere il proprio talento e credono che le altre persone abbiano il loro stesso livello di competenza. La differenza è che le persone più competenti, una volta ricevuto un feedback appropriato, possono ricalibrare, ed effettivamente ricalibrano, la propria autovalutazione, mentre gli individui incompetenti spesso non ci riescono.

Tutto questo fa sì che l’effetto Dunning-Kruger sia, oltre che disarmante, difficilissimo da emendare. E ci sono due ulteriori complicazioni. In primo luogo, esperti e inesperti usano dialogare (e scontrarsi) su due diversi livelli. Gli esperti entrano nel merito, mentre gli inesperti, forti solo delle proprie certezze, tendono a mettere in discussione la credibilità e l’autorevolezza dei loro interlocutori, mettendoli con ciò in una posizione scomoda e sgradevole.

Lo possiamo vedere nei numerosi dibattiti in tv dove alla fine un medico contro show girl e opinionisti non riesce a far valere la sua tesi, seppur provata scientificamente, ed alla fine i telespettatori non credono più alla veridicità della scoperta. Peccato che così si danneggiano gli esperti e si avvantaggiano gli altri (almeno in termine di autostima, fino a quando non proveranno a rapinare una banca). Se vi interessa di quanti pregiudizi cognitivi siamo vittime CLICCATE QUI

COME NON CADERE NEL TRANELLO

Tutti noi purtroppo possiamo essere vittime di questo bias cognitivo e, come detto, Internet, nonostante i suoi meravigliosi vantaggi, ha aggravato questa piaga.

Capita così che sempre più persone pur non rientrando nella classica definizione di “idioti inconsapevoli” si comportino come:

·         “Mamme Pancine” che elargiscono dettagliati consigli medici ad altre neo-mamme.

·         Frequentatori di bar che dissertano di geo-politica internazionale.

·         Autoproclamati esperti di ingegneria civile che non hanno mai montato neanche un mobile Ikea.

·         No-vax con dottorato in virologia preso all’Università della Vita.

·         E naturalmente gli immancabili 60 milioni di Commissari Tecnici che spuntano fuori ogni volta che gioca la Nazionale Italiana.

Qui sta il segreto per non finire come lo stupido ladro di cui si parlava prima. A volte tentiamo imprese che terminano con risultati positivi, ma altre volte – come nel caso del succo di limone – il nostro approccio alle cose è imperfetto, irrazionale, o semplicemente sciocco. Il trucco è non farsi fregare da illusioni di superiorità e imparare a rivalutare accuratamente la nostra competenza. Dopo tutto, come avrebbe detto Confucio, la vera conoscenza sta nel conoscere il livello della propria ignoranza.

CONSIGLI PRATICI

1.       IMPARA A SCEGLIERE LE FONTI: Non limitarti a reagire come un burattino dopo aver letto di sfuggita un titolo. Controlla sempre la fonte di un post: a volte basta verificare il sito che ha condiviso la notizia. Ricorda, che che ne dicano complottisti & co. , la notizia con titolo acchiappa-like di l-hadettomiocugggino.altervista.com non avrà mai lo stesso valore di un report giornalistico del New York Times.

2.       LEGGI, LEGGI, LEGGI: Viviamo nell’Economia dell’Attenzione e le aziende del tech si contendono, anche sfruttando le nostre vulnerabilità psicologiche, ogni istante delle nostre giornate. Ogni singolo minuto di distrazione strappato ai propri utenti equivale per queste multinazionali a miliardi di dollari in ricavi pubblicitari. Non c’è dunque da sorprendersi se abbiamo l’impressione di non avere più tempo per leggere, approfondire e sviluppare il nostro pensiero critico. La lettura ci costringe ad un livello di concentrazione nettamente superiore, ma sopratutto ci permette di assorbire le informazioni ad un livello più profondo e ci dà il tempo fisico per riflettere su quanto stiamo imparando; tutte componenti essenziali per limitare l’effetto Dunning-Kruger e sviluppare una reale competenza specifica sugli argomenti su cui ci stiamo informando.

3.       UMILTA’: In un mondo che ci insegna ad urlare le nostre verità assolute, riscoprire la forza gentile dell’umiltà può essere rivoluzionario.

Hans Rosling scrive “Essere umili significa essere consapevoli di quanto i nostri istinti possano ostacolare la corretta interpretazione dei fatti. Significa essere realistici riguardo alla portata delle proprie conoscenze e pronti a dire: “Non lo so“. Significa anche essere disposti a cambiare opinione quando si scoprono fatti nuovi. È alquanto rilassante essere umili, perché si può smettere di sentirsi costretti ad avere un’opinione su qualsiasi cosa e a doverla difendere ad ogni costo.”

Leggere questo post non farà di nessuno di noi un esperto di psicologia sociale, questo è chiaro. Può aiutarci, però, ad avere maggiore consapevolezza di alcune nostre dinamiche mentali.

E se la vita vi da dei limoni, invece di spalmarveli in faccia, meglio farci una bella limonata…

Ek.

FOTO: Anankenews

Come gestire il rapporto con un narcisista

Appare affascinante, divertente, sicuro di sé, questo ci attira irrimediabilmente di lui. Conosce l’arte dell’adulazione, ma solo al fine di ottenere il nostro consenso e di tenerci in suo potere. Sto parlando del narcisista

Come si riconosce un narcisista

La caratteristica fondamentale di un narcisista è l’egocentrismo, l’ostentazione della profonda autostima che si ha per sé stessi, anche se, nel profondo, non è proprio così. I narcisisti patologici, infatti, nascondono una spiccata insicurezza dietro ai comportamenti da spaccone.

Vediamo insieme alcune caratteristiche comuni nel partner narcisista:

  1. Ha bisogno che gli dimostri costantemente il tuo amore, mentre lui pensa di non aver bisogno di dimostrare nulla.
  2. Non accetta di chiedere consiglio o aiuto ad altri, pensa di essere in grado di fare tutto da sé.
  3. Pretende dal partner più di quanto dona, alcune volte esige anche in maniera veemente, convinto di averne diritto per volontà divina.
  4. Tende a sminuire i tuoi successi e ad infierire e a colpevolizzarti quando attraversi dei momenti bui.
  5. Manca totalmente di empatia, è del tutto inutile confidargli le tue debolezze, a meno che tu non voglia essere ulteriormente affossata.
  6. Cerca di circondarsi di persone interessanti ed importanti per sentirsi anche lui tale e ti “invita” ad adeguarti a quegli standard.

Come gestire un partner narcisista

Il narcisismo è una patologia che si manifesta in età adulta, dopo i 18 anni. Il primo passo è prendere atto che si tratta di un vero e proprio disturbo della personalità e trattarlo come tale.

Dobbiamo entrare nei panni del narcisista, una persona insicura, vulnerabile, che non ha alcuna intenzione di risolvere i conflitti interiori che lo tormentano e che non vi esporrà mai totalmente i suoi sentimenti per paura di soffrire.

Tentare di cambiare il vostro partner è estremamente difficile, sia perché lui non riconoscerà mai il suo problema e di conseguenza non accetterà mai di farsi aiutare da uno specialista. Quindi come se ne esce?

La cosa più importante è riuscire a difendersi dai suoi attacchi, basando la propria autostima sulle qualità oggettive e riconosciute da altri soggetti e non sulla considerazione che il narcisista ha di voi.

La strategia da seguire in 5 punti:

  1. Lui pretenderà tutto e subito. Voi concedetegli quello che ritenete giusto, ma tenete il punto sulle richieste palesemente esagerate e inaccettabili.
  2. Se volete provare a farlo sciogliere è necessario che facciate voi la prima mossa: parlategli di come vi sentite, accettando il rischio che vi faccia sentire ancora peggio con le sue parole. Il vostro obiettivo è portarlo a mostrare qualcuna delle sue debolezze. In quel caso non vi vendicate per i soprusi subiti, ma coccolatelo e ascoltatelo. E’ possibile che non si senta più così in pericolo a parlare dei suoi problemi.
  3. Se avete delle richieste particolari fategli presente che voi assecondate quasi il cento per cento delle sue e che quindi ritenete opportuno che lui faccia lo stesso almeno con quelle per voi più importanti.
  4. Non siate sempre disponibili. Lo avete abituato più che bene, lui si sente sicuro della vostra presenza qualsiasi cosa accada. Farvi desiderare, ogni tanto, non potrà che contribuire a fargli capire quanto ci tiene a voi e non quanto gli siete utili.
  5. Se non volete scoppiare accumulando rancore nei suoi confronti, affrontate le discussioni sul momento, non appena sono semplici lapilli, prima che si tramutino in eruzioni vulcaniche. Questo sarà probabilmente il passo più difficile, perché il narcisista pensa di avere ragione a prescindere, quindi o lo fregate con l’astuzia (es: se ha palesemente torto gli fate credere che la verità sta nel mezzo) o dovrete arrivare allo scontro verbale e fisico.

Piano B: mollare un narcisista

Magari per molte di voi si tratta del piano A, tanto meglio!

Cominciamo col dire che liberarsi di un partner narcisista non è di certo impresa semplice, soprattutto se si è instaurata una relazione che tende alla dipendenza sia fisica che psicologica.

Il primo passo è quello di tagliare completamente i ponti, cambiare numero o bloccare il suo, cancellare foto e video insieme, non concedergli neppure un ultimo appuntamento. Ricordate che il narcisista ha nella manipolazione la sua arma più pericolosa.

Non vergognatevi di chiedere aiuto, che sia ad uno psicologo o a un gruppo di sostegno. Lo specialista lavorerà sulla vostra autostima, rendendovi consapevoli di quanto valete come persona singola e non come ombra del vostro partner.

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L’ufficio è come il liceo, siamo solo più alti (e meno maturi)

La vita in ufficio non è sempre facile, si cerca di andare d’accordo con tutti, ma le relazioni interpersonali con i colleghi sono complicate.

Un po’ come il liceo, anche l’ufficio è una vera e propria scuola, che ti insegna a vivere e a stare al mondo. Una palestra per imparare a gestire i rapporti con persone dal carattere e dalla personalità totalmente diversi dai tuoi.

Le categorie di “compagni di classe”

Come a scuola avevi il tuo compagno di banco, in ufficio c’è il collega del cuore, su cui sai di poter contare e che sarà sempre disposto ad aiutarti con una consegna, pur facendo tardi la sera.

Troverai il primo della classe, sempre pronto ad alzare la mano ed a farsi notare. L’invidioso, quello che “se il professore ti ha messo sette allora lo deve avere anche lui”, e così eccoli che ti additano di guadagnare troppo rispetto a loro, che avete lo stesso carico di lavoro e non importa se avete 3 lauree in più, loro vogliono quanto o più di voi.

 E come c’era lei, la ragazza più bella che vi ha fatto battere il cuore, oggi c’è una giovane donna che sperate di incontrare alla macchinetta del caffè o che stalkerate per capire quando stacca da lavoro per, casualmente, incrociarla in ascensore.

Immancabile il bulletto che vi rubava la merenda dallo zaino e che oggi si prende i meriti al posto vostro. Il secchione che lavora senza sosta, che non sa dire di no ai colleghi che si approfittano del suo buon cuore e della sua buona volontà.

E poi c’è lui, il preside. Il capo che non esce mai dalla sua stanza. Se ne sta lì, seduto alla sua scrivania di radica e non si sa bene cosa faccia tutto il giorno. L’importante è che nessun professore/responsabile di settore vi ci mandi mai per una punizione.

Siamo tutti lì, sono tutti lì. Le dinamiche che pensavate di esservi lasciati alle spalle, dopo il lancio immaginario dei tocchi il giorno del diploma, vi si riproporrano davanti in una forma nuova, ma familiare.

popolari, i nerd, i gossipari sono tutti intorno a voi, e se come me, non siete mai stati tipi da etichette e non avevate un gruppo specifico, forse li saprete riconoscere meglio di altri.

Difficile non arrabbiarsi in ufficio

Impossibile non trovare in ufficio una figura che ci faccia uscire fuori di testa. L’attacco di rabbia, però, non manifesta la nostra forza, ma esattamente il contrario: la nostra fragilità e la nostra inadeguatezza nel risolvere un problema.

Non dobbiamo vivere con negatività colui che ci fa arrabbiare. Dovremmo utilizzarlo come mezzo per migliorare noi stessi, per imparare a lasciar correre qualche volta (non sempre) e a scegliere le nostre battaglie.

La rabbia non arriva dalla parte più nobile del cervello, quella che nel corso della storia ci ha permesso di inventare meraviglie, ma dalla parte primitiva, che condividiamo con gli animali dal brutto carattere e con Paperino.

Siamo un po’ tutti Paperino quando prendiamo a calci una sedia, quando lanciamo le cose dalla scrivania, quando urliamo rabbiosi frasi senza senso.

Vediamo allora insieme le tipologie di persone moleste in ufficio, e come trasformarci da Paperino a Flemmatico Britannico che sorseggia Tè.

Come confrontarsi con le figure mitologiche dell’ufficio

Di fronte a colleghi di lavoro con cui non si riesce a instaurare un sano rapporto professionale, non c’è attività di team building o welfare che tenga, ma noi cercheremo di trovare degli escamotage per sopravvivere.

IL PIGRO

Ripetuti ritardi, malattie frequenti, quando c’è staziona per ore davanti alla macchinetta del caffè. Si sente molto in ufficio: continui sospiri, finge di essere sempre pieno di lavoro, continui andirivieni nei corridoi come se avesse mille cose da fare, continue telefonate. Appare al 100% coinvolto nel suo lavoro. Nessuno osa avvicinarsi a lui per non disturbarlo nelle sue importanti e urgentissime attività. E invece lui bighellona tutto il tempo e il lavoro si accumula.

Come gestirlo: Semplicemente ignorateli! Non lasciate che vi captino nel loro radar perché se questo dovesse avvenire vi farebbero impazzire, facendovi chiedere come fanno a stare in pace con loro stessi non facendo nulla per tutta la giornata lavorativa. Sgridarli non servirà a molto perché quello che direte gli entrerà da un orecchio e gli uscirà dall’altro. Sappiamo tutti che agli occhi del capo appaiono come lavoratori infaticabili, quindi lamentarsi di loro coi superiori non servirà a nulla. Ignorateli e continuate regolarmente la vostra giornata lavorativa.

Siate orgogliosi del fatto che lavorate per vivere e vi guadagnate meritatamente il vostro denaro. Bisogna ammetterlo: guadagnare dei soldi perdendo tempo è un talento naturale, tuttavia non è un talento appagante. Queste persone non sanno che cosa vuol dire portare a termine con successo un lavoro e guadagnare uno stipendio per questo. Continuate a vivere la vostra vita con soddisfazione e lasciate che loro perdano tempo.

Guardare un collaboratore pigro underperform ogni giorno può essere fastidioso. Ma se il capo è d’accordo con il suo comportamento e ciò non influenza il vostro carico di lavoro, non consideratelo un vostro problema. Diventa affar tuo se la pigrizia di un collega influisce sulla tua capacità di svolgere il tuo lavoro. Una discussione schietta su ruoli, responsabilità e lavoro di gruppo dovrebbe essere avviata e portata al capo, se necessario.

IL GOSSIPPARO

Farebbe invidia a un agente della CIA. Sa sempre tutto e lo sa prima degli altri. È a lui che dovete rivolgervi per avere qualsiasi notizia stiate cercando. Conosce nel dettaglio ogni singolo assunto ed è quasi sempre al corrente delle strategie aziendali. O lo amate o lo odiate.

Non sempre per quel che racconta è davvero utile, ma tra le migliaia di informazioni che sciorina c’è quella che potrebbe fare al caso vostro. Il posto perfetto per instaurare un rapporto con lui è in mensa o alla macchinetta del caffè, è lì che si ritrova con gli altri come lui e si aggiorna sugli avvenimenti del microcosmo lavorativo.

Pro: Un suo racconto può farvi evadere dal grigiore della vostra monotona giornata lavorativa.

Contro: Meglio che non scopra i vostri segreti più imbarazzanti, potrebbero diventare di dominio pubblico in men che non si dica.

COME GESTIRLO:

Di fronte all’amante del gossip potete fare due cose:

  1. Evitare qualsiasi riferimento a questioni private e limitandovi allo stretto indispensabile per il lavoro;
  2. Responsabilizzarlo chiedendo conferma di quanto sta affermando con domande tipo “Sei certo di quello che dici? Se è come dici forse è meglio avvertire il capo, sono informazioni molto importanti”. Questo è un buon modo per fargli capire che non può spiattellare ai quattro venti tutto di tutti perché, inevitabilmente, i suoi pettegolezzi potrebbero arrivare al capo.

LO SPLENDIDO

È il Tom Cruise dell’organizzazione. Non perde mai l’entusiasmo, corre da un reparto all’altro ed è amato da tutti, soprattutto dai capi. È difficile stargli dietro perché prende subito l’iniziativa e sembra non sbagliare mai un colpo. Ma come fa ad avere sempre le riposte giuste? Non lo sapremo mai, ma siate preparati, questa tipologia ha spesso il carisma del leader e in qualche modo vi troverete a entrare nella sua orbita, attratti da lui come da un Sole.

Pro: C’è sempre qualcosa da imparare, la sua proattività è un esempio virtuoso per tutti.

Contro: Riuscire a stargli dietro può essere faticoso. Prima di lanciarvi all’inseguimento di una persona così, osservatela da lontano; anche lui ha dei punti deboli, non fatevi ingannare!

COME GESTIRLO: La Guest Star va gestita con astuzia a vostra vantaggio. Se si tratta di un vostro superiore, badate bene di non criticarlo di fronte ad altre persone per non demolire il suo ego. Fategli notare l’errore ipotizzando che possa essersi trattato della svista di qualcun altro.

IL LAMENTOSO

Se c’è qualcosa che non va lui l’ha sperimentato di persona. Ha un problema con il capo, con le risorse umane, con l’ultima paga, persino con la macchinetta del caffè e con l’aria condizionata. Non c’è mai nulla che sembra andargli per il verso giusto, e non fa che condividere con tutti la sua frustrazione. La maggior parte delle volte dai colleghi come questi cerchiamo di girare alla larga, ma può capitare di finire intrappolati nella loro rete e dover ascoltare tutte le loro lamentele.

Pro: Se siete di cattivo umore una chiacchierata con lui o lei potrebbe risollevarvi la giornata.

Contro: La negatività può essere contagiosa, state attenti!

COME GESTIRLO: Se avete una discreta confidenza con il collega ansioso potreste provare a suggerirgli delle sedute con uno specialista. Se preferite non urtare la sua sensibilità provate a indirizzarlo su argomenti piacevoli e positivi. E’ fondamentale non adeguarsi al suo stato d’animo perennemente negativo.

IL RUBACUORI

 Ci sono persone che catalizzano la nostra attenzione non appena le vediamo. Sono affascinanti, spesso di bella presenza, passeremmo ore ad ascoltarle. Non c’è gruppo di lavoro dove non ci sia un rubacuori e questa tipologia di colleghi è ben consapevole del fascino che emana, al punto che lo utilizza con disinvoltura per collezionare conquiste.

Di solito i rubacuori non sono una vera autorità all’interno dell’ufficio, ma utilizzano tutte le armi in loro possesso per farvelo credere. Di positivo c’è che queste persone amano l’ambiente lavorativo in cui sono immersi, sono perciò affidabili e quasi sempre presenti, non cercano scuse per rimanere a casa e non fanno assenze ingiustificate.

Pro: Il fascino che emanano può essere un vero toccasana, la loro presenza può essere un incentivo per andare più contenti a lavoro.

Contro: Spesso sono selettivi, non rivolgono a tutti le loro attenzioni, non rientrare nel loro giro potrebbe essere negativo per la vostra autostima.

COME GESTIRLO: Guardare e non toccare potrebbe essere la strategia più prudente, ma se dovesse essere lui ad approcciarvi, tenetevelo buono, potrebbe essere un alleato prezioso quando ci sarà da chiedere favori a qualcuno che è particolarmente sensibile al suo fascino.

LO YES MAN

Dice sempre di sì, a ogni proposta, a ogni compito, anche a ogni rimprovero. Non perde occasione per impressionare il capo e spesso è il suo tirapiedi. Di solito gli yes-man tendono a formare un gruppo unito, si ritrovano tra loro, parlano solo tra loro (e con i boss), sono i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene. Non sono molto amati dalle altre tipologie di colleghi, soprattutto perché spesso si arrogano il diritto di dire a voi quello che dovete fare e come dovete farlo, e non perdono occasione per andare a riferire al capo quello che avete fatto (e secondo loro non avreste dovuto fare, o almeno non così).

Pro: Sono così smaniosi di fare e farsi notare che potrebbero togliervi qualche impiccio.

Contro: Tendono a fare la spia.

COME GESTIRLI: Amano essere visti come i primi della classe dai capi, provate ad essere accondiscendenti con loro, facendoli sentire importanti. Se avete dubbi su qualche progetto chiedete il loro consiglio, in modo che non possano criticarvi nel caso di un vostro errore, perché sarebbe indirettamente anche colpa loro.

IL RUMINATORE SERIALE

Lo trovate sempre intento a sgranocchiare qualcosa. Che sia fame nervosa o un metabolismo che lavora alla velocità della luce non ci è dato saperlo, l’unica cosa che sappiamo è che la sua scrivania è sempre imbandita (e spesso disordinata), la sua bocca sempre piena. Se avete una cucina condivisa questo individuo ne sarà il re indiscusso. Gli odori che si spandono per il corridoio sono opera sua, il microonde ruota da ore solo per scaldare le sue portare.

Pro: Nel bel mezzo si una crisi ipoglicemica sapete a chi potete rivolgervi.

Contro: Se siete sotto pressione, allo scadere di una deadline fondamentale o più semplicemente vi siete svegliati con il piede storto, tutto quello sgranocchiare potrebbe darvi sui nervi.

COME GESTIRLO: E’ fondamentalmente innocuo, magari un po’ disordinato. Fossi in voi eviterei di lasciargli un documento urgente da lavorare sulla scrivania, potreste ritrovarlo, dopo pochi minuti, impiastricciato di cioccolato.

IL SEMPRE PRESENTE

Se avete una presentazione da terminare e siete costretti ad arrivare in ufficio la mattina alle 6 o andarvene la sera alle 23, state pur certi che lui ci sarà. Il sempre presente fa parte di quella categoria di colleghi che non dormono mai, sempre disponibili, sempre impegnati.  Verrebbe da chiedergli: ma ce l’hai una casa?

Pro: Sono reperibili anche quando il mondo intero sembra avervi abbandonato.

Contro: Con loro che arrivano alle 7 anche arrivando in orario vi sembrerà di arrivare in ritardo.

COME GESTIRLI: A meno che questa “patologia” non affligga il vostro capo o il collega con il quale siete in competizione, considerate i “sempre presenti” come una risorsa preziosa e qualche volta ringraziateli invitandoli ad un aperitivo per farli distrarre un po’.

IL SIMPATICO

È sempre pronto a fare una battuta, e non c’è evento aziendale che non lo vedrà protagonista di un racconto divertente o di una serie di barzellette. Nulla sembra metterlo di cattivo umore ed è capace di sdrammatizzare qualsiasi cosa. Non sono facili da collocare, ve li ritrovare dietro nei momenti più inaspettati, pronti a qualche perla delle loro, ma svaniscono dopo poco, decisi a dispensare buonumore da qualche altra parte.

ProUna chiacchierata di cinque minuti con loro può cambiarvi la giornata.

Contro: Ci sono giorni in cui avete bisogno di piangervi addosso, ascoltare canzoni tristi e fantasticare sul barattolo di gelato che vi aspetta a casa. In quei giorni… stategli alla larga.

COME GESTIRLI: Sono una medicina, se avete bisogno di staccare la spina da una consegna molto impegnativa, entrate nel loro radar per 5 minuti e poi tornate a lavoro. Come qualsiasi farmaco, una dose eccessiva può provocare effetti collaterali come irritazione e sbattimenti al muro per l’eccessiva felicità ostentata.

IL POLEMICO

Ci sono quelli che cercano di evitare le discussioni e quelli che sembrano nati per far polemica. Con questi ultimi il rischio di alzare i toni e trovarsi in mezzo a vere e proprie litigate è sempre dietro l’angolo. Alle riunioni non perdono mai occasione di far notare che qualcosa non è stata fatta come loro ritengono avrebbe dovuto essere fatta, e possono trasformare il meeting in un campo minato. È bene sapere quali sono gli argomenti da evitare per non innescare la miccia, ma spesso le loro sfuriate sono inevitabili, preparatevi perché prima o poi saranno dirette a voi.

Pro: Non sono capaci di tenersi nulla per loro, sono quindi molto sinceri.

Contro: Le polemiche inutili rischiano di ritardare il lavoro, spesso per questi individui la pars destruens è – purtroppo – molto più rilevante di quella costruens.

COME GESTIRLI: Sarebbe meglio tenerli lontani con l’aglio o con le croci, ma se non dovessero essere sensibili a questi stratagemmi, provate a ribadire colpo su colpo. Fateli ragionare chiedendogli, magari davanti ad un superiore: “Caro … potresti gentilmente spiegarci come questa tua polemica può esserci utile a risolvere il problema che si è creato”?

LA COPPIA

Quando si passa molto tempo in un certo ambiente è facile invaghirsi di qualcuno che questo ambiente lo frequenta tanto quanto noi, qualcuno con cui ci troviamo a condividere momenti positivi e negativi, che vediamo tutti i giorni e con cui parliamo anche di argomenti non lavorativi. Ci sono infatuazioni che non si spingono mai oltre e amori che sbocciano (e a volte sfioriscono) tra le mura lavorative. Può capitare anche che alcune coppie si dichiarino, altre che cerchino di mantenere la loro relazione segreta ai colleghi. In questo caso il dubbio potrebbe essere fastidioso, ma la privacy va rispettata. Non incaponitevi, nel caso lo vogliano saranno loro a venire allo scoperto, stanarli non spetta a voi.

Pro: Se l’amore è nell’aria possono beneficiarne tutti.

Contro: Nel caso arrivaste a uno scontro con uno dei due consideratevi ai ferri corti anche con l’altro della coppia.

COME GESTIRLI: Conquistatene uno e l’altro sarà dalla vostra parte per sempre, a meno che non abbiate conquistato la metà della coppia del sesso opposto al vostro. In quel caso è probabile che una guerra di gelosia possa scatenarsi di lì a breve.

IL DISORGANIZZATO

È il Lebowski della situazione. Arriva puntualmente in ritardo e trafelato perché gli capitano ogni giorno mille peripezie e disavventure nel tragitto casa-lavoro. Si dimentica sempre qualcosa di fondamentale e, per questo, ha un motivo per chiedervi un favore, coinvolgendovi nel suo caos.

QUANTO E’ DISORGANIZZATO?

Se è semplicemente un po’ distratto e caotico, potete provare ad aiutarlo insegnandogli a pianificare il lavoro. Se la disorganizzazione è solo una manifestazione di una piaga molto più purulenta come la pigrizia, allora dovrete comportarvi diversamente. Cercate di non essere coinvolti in progetti lavorativi insieme a lui, potrebbe rivelarsi una pesantissima palla al piede.

E voi che tipo di collega siete? Quali altre categorie vi vengono in mente? Lasciateci un commento qui sotto!

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Sindrome dell’impostore: Come combatterla

Sei una persona capace, determinata, che da sempre il meglio di se in tutto quello che fa? In caso di risposta affermativa COMPLIMENTI!

Come dici? Non ti meriti i miei complimenti? Non sei poi così in gamba? Quello che fai potrebbe farlo chiunque?

Aspetta un secondo, potresti essere una delle tantissime persone che soffre di Sindrome dell’Impostore.

Di cosa si tratta

Il più istintivo di voi potrebbe aver reagito con un “impostore io? Ma di che parli”? Quello più riflessivo potrebbe essere trasalito e aver pensato: “Non ha tutti i torti in fondo”.

Smettetela di essere troppo severi con voi stessi e fermatevi un secondo a leggere.

La sindrome dell’impostore è uno stato d’animo che campeggia in quelle persone che hanno ottenuto premi e successi, ma pensano in cuor loro di non meritarli, nonostante chiunque continui ad elogiarli per le loro competenze.

Ti ci riconosci anche tu?

E’ una sindrome che non risparmia nessuno

Secondo studi approfonditi questa patologia mentale colpisce soprattutto le donne di successo, che hanno raggiungo traguardi importanti in ambienti di lavoro prettamente maschili.

Il paradosso è che più il soggetto è capace e maggiore è la possibilità di sentirsi inadeguati di fronte ai propri successi.

Ne soffrono in particolare professionisti affermati, artisti, star del mondo della musica e dello spettacolo. La società basata sull’ipercompetitività e sull’insicurezza economica ha acuito questo problema.

I cosiddetti vip temono di essere giudicati per le loro performance e di essere criticati aspramente dai fan. Spesso la pressione è talmente forte da portare alla depressione.

Le cause di questo stato d’animo

I soggetti più esposti alla sindrome dell’impostore sono essenzialmente 4:

  1. Chi è stato educato alla modestia e prova imbarazzo nel lodarsi, anche quando lo meriterebbe.
  2. Chi ha un forte senso del dovere e si sente male al solo pensiero di poter deludere qualcuno.
  3. Chi è consapevole di poter sbagliare e si trova di fronte persone che impongono il loro pensiero credendo di essere il padre eterno e di non poter commettere errori.
  4. Chi è portato a prescindere per l’autocritica, per paura di non essere all’altezza delle aspettative di qualcuno.

L’ottenimento di ulteriori successi tende a peggiorare questa situazione mentale. Aumentano le conoscenze e le competenze, ma anche le pressioni e le responsabilità.

L’effetto Dunning-Kruger

Speculare alla sindrome dell’impostore è la distorsione cognitiva nota come effetto Dunning-Kruger.

E’ la caratteristica degli “odiosi supponenti”, di coloro che si considerano esperti in qualunque materia e che non sanno riconoscere di avere delle lacune in alcuni ambiti.

Nello specifico questi soggetti tenderanno a sopravvalutare le proprie competenze e a sminuire quelle altrui.

Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio (William Shakespeare).

Consigli per affrontare la sindrome dell’impostore

Cominciate con l’accettare i complimenti che vi vengono fatti, perché il più delle volte sono meritati. Provate a rispondere con un semplice “grazie”, invece di sminuire in maniera quasi automatica il vostro lavoro : “non ho fatto nulla di che, chiunque avrebbe potuto farlo”.

Entra nell’ottica del poter sbagliare. Nessuno è perfetto e, soprattutto, immune da errori. Chi si pavoneggia tanto, spesso lo fa per coprire delle sue mancanze.

Cavalcate l’onda quando avete ottenuto degli importanti successi, godeteveli. Presto potrebbero esserci dei momenti negativi, ma anche quelli sono passeggeri, considerateli una pausa fino al prossimo successo.

Un trucco in più

Sicuramente avrete usato molto spesso lo stratagemma di scrivere su un foglio i pro ed i contro, prima di prendere una decisione importante. Alla fine, grazie a questo semplice trucco, siete riusciti a scegliere senza avere troppi rimpianti.

Il consiglio degli esperti è quello di mettere per iscritto i nostri pensieri negativi.

Scrivi perché non hai meritato di raggiungere un determinato traguardo, esponi le motivazioni che ti portano a credere che qualcun altro abbia agito molto meglio di te. Accusati in maniera plateale di aver avuto solo fortuna.

Prepara per iscritto una sorta di pagella per te, come se fossi la professoressa più severa del globo. Quando avrai finito di buttare sul foglio tutte le tue insicurezze, rileggi le aspre critiche che ti sei mosso. Scommettiamo che almeno la metà di queste ti sembreranno eccessive? Provare per credere.

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L’Amore è una cosa spaventosamente semplice

Ogni volta che decido di non crederci più, lui mi mostra tutto il suo potere, tutta la sua forza prorompente e folgorante. Ti ferisce e ti fa male non l’amore, ma la delusione che provi quando se ne va, o quando ne dai troppo a chi non ricambia.

Non è l’amore a ferire, ma la sua assenza. E così che ogni volta che con rabbia dichiari “basta, non voglio amare più così!” lui ti accontenta e ti fa amare ancora più forte.
Alla fine un innamorato chi è? Un cumulo di ormoni della felicità che si chiede di continuo «starò sbagliando? E se poi finisce? E se mi fa male?».

Lasciatevi andare, la vita è troppo breve

Smettetela di seguire dogmi precisi, come aspettare 3 appuntamenti per fare l’amore, 6 mesi per convivere, 1 anno per ufficializzarlo in famiglia. Non ascoltate quello che dicono parenti serpenti ed amici (soprattutto quelli delusi, che vi dispensano consigli che loro non hanno seguito e non seguirebbero mai).

Scoprirete che lasciarsi andare è meraviglioso. La vita è troppo breve per vivere di paranoie e rimpianti.

Avrete dei rimorsi? Sì probabilmente sì, ma da adulti, nella terza età, i rimorsi vi faranno sorridere molto più dei rimpianti. Si è giovani una volta sola. Se quella ragazza vi piace provateci! Se vi dirà di no, avrete una storia in più da raccontare agli amici. E se farà male ci saranno i vostri affetti pronti a consolarvi.


E’ molto difficile trovare una persona compatibile con noi al 100%

Siete stati feriti e non volete più tentare, io già vi sento con i vostri “è inutile, non esiste nessuno che sia giusto per me, mi butterò sul gelato”.

La persona giusta esiste. Essere compatibili al 100% con un altro essere umano è quasi impossibile, ma a voi basterà un’affinità che si attesti oltre sul 75% per vivere una bella storia d’amore.

Io vi auguro di trovare un 99%, ma ci sono coppie che si amano e sono compatibili al 50% quindi non disperate!

Se volete divertirvi per capire quanto siete compatibili con il vostro partner: https://girlpower.pianetadonna.it/test/amore/quanto-siete-compatibili/41279


Non c’è rischio maggiore del non rischiare mai

Che vi piaccia o no, la nostra vita è sempre incerta, perché viviamo in un pianeta che, sebbene ci permetta di respirare e ci nutra, può anche porre fine alla nostra esistenza da un momento all’altro. Perché non andare oltre, invece di rimanere in superficie? Perché non correre qualsiasi rischio necessario per essere felici?

Uscite da quella che gli psicologi definiscono “comfort zone sentimentale”, la condizione che si viene a creare quando non si ha un partner per molto tempo e ci si abitua alla vita da single.

E’ vero che chi non rischia non soffre, ma, allo stesso tempo, non cresce, non impara, non ama, non vive. Bisogna rimpararlo l’amore, ed imparare nuovamente cosa sono la solidarietà, il rispetto, la capacità di ascoltare profondamente se stessi e di conseguenza l’altro.

Non fatevi condizionare dal passato

E’ vero, l’ultima storia è finita male, ma solo il suo finale è stato tragico. Se si inizia ad avere coscienza del fatto che si cresce, si cambia, si evolve ogni giorno e che la vita è un continuo mutamento, è possibile proiettarsi in una relazione in modo totalmente diverso.

Se ogni giorno della vita si è in contatto con la propria trasformazione interiore si può scegliere di conoscere chi già si è scelto come compagno di vita, riscegliendolo nuovamente, ancora, ancora e ancora…

Quello che andava bene per voi dieci anni fa, non è detto che sia quello che vi vada bene oggi. Non abbiate paura di cambiare idea, se ciò può portarvi alla felicità.

L’Amore ci trasforma

Amare è un rischio, poiché amando ci si trasforma e si mettono in discussione tutti i modelli preconcetti.

L’Amore ci porta a mettere da parte il nostro egoismo ed individualismo, ci costringe ad affrontare, tramite l’altro, tutto quello che di noi stessi non abbiamo ma voluto vedere ed accettare.

E’ come se aveste uno specchio di fronte con dentro tutto ciò che c’è di irrisolto in voi. Potete scegliere se affrontare le vostre paure, se crescere insieme al vostro compagno/a oppure tirarvi indietro e continuare a negare chi siete in realtà.

Coraggio! Bisogna saper osare, sapersi mettere in gioco, rischiare, sapere che non ci sono garanzie e che nessuno potrà dirvi come andrà a finire (nemmeno dei Guru indiani, le carte, le rune o le stelle).

Salite su quella nave senza avere alcuna certezza! Salpate l’ancora verso l’isola che non c’è, ed amate senza timore! Questo è il mio augurio per voi: di amare senza freni, con passione e follia.

Sempre a piedi scalzi

Ek.

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E’ giusto usare il silenzio come punizione?

” Ci sono alcuni che nel silenzio raggiungono la loro massima cattiveria”. cit.Elias Canetti

La strategia del silenzio

A chi non è mai capitato di trovarsi davanti un interlocutore che per vari motivi non voglia più parlare? E quante volte, soprattutto noi donne, ci siamo fatte mille film e paranoie in testa, cercando di capire i perché ed i percome di quell’improvviso mutismo?

Ci sono casi in cui il silenzio viene usato come punizione. E’ una strategia a cui molte persone ricorrono per “esprimere” rabbia, disapprovazione o per rimproverare qualcuno. Questo può suscitare un senso di impotenza nella “vittima” o farle perdere il controllo.

Instaurare un dialogo con qualcuno non è sempre facile, soprattutto quando c’è di mezzo un conflitto che sembra non avere alcuna soluzione. Certo però, che se invece di affrontare direttamente l’argomento si sceglie di non rivolgere più la parola all’altro, quello che si verrà a creare sarà solo tensione aggiuntiva.

Alcune persone non vorrebbero mai dover affrontare un conflitto, vorrebbero solo che il loro punto di vista fosse chiaro e condiviso. Con atteggiamento infantile scelgono di utilizzare il silenzio come punizione, per poter vincere la battaglia senza dover scendere in guerra.

Il silenzio come arma

C’è anche chi utilizza il silenzio per manipolare o addirittura svilire l’altro. In questi casi il silenzio diventa una vera e propria arma, un’arma maneggiata con destrezza, con mestiere, ma non sempre chi riceve l’attacco è altrettanto addestrato.

C’è chi, dopo un diverbio o uno screzio, o anche senza causa apparente, riesce a “tenere il muso” e alla classica domanda: “Cosa c’è che non va?” risponde un secco, “Niente!”. E poi, ancora silenzio. L’immagine non vi è nuova vero?

Il silenzio positivo

Prima di andare avanti facciamo, però, attenzione a non confondere il silenzio come punizione con il silenzio positivo, che nasce per disinnescare, quando si è compreso che il conflitto ha raggiunto una fase di stallo e non si vuole aggiungere benzina sul fuoco.

«Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio. Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti. Io non voglio che finiamo come Barbie e Ken: tu tutta rifatta e io senza palle». frase tratta dal film “Perfetti Sconosciuti”

Le motivazioni del silenzio

Gli insulti: alcuni preferiscono smettere di parlare piuttosto che essere coinvolti in una discussione nella quale ci si scambiano insulti.

Rassegnazione: quando il nostro interlocutore non ascolta, quando abbiamo chiesto di cambiare infinite volte, ma senza ottenere risultati, a che pro continuare a parlare? Fai sapere all’altra persona che sei a sua disposizione se ha bisogno di te, soprattutto se sta attraversando una crisi personale.

Ricevere le Scuse: quando l’altro ha commesso un errore, ci si sente feriti e si pretendono delle scuse per ciò che ci è stato fatto o ci è stato detto (o non è stato fatto, o non ci è stato detto). Fino a quel momento non verrà proferita parola. Si usa il silenzio come avvertimento. Chi si sente profondamente offeso, ma non vuole riconoscerlo usa il silenzio in modo che l’altro si ravveda.

Non cedere sempre per primo: quando si pensa che sia inutile parlare dell’argomento, perché non si riuscirà a raggiungere un accordo. Perché parlare se poi tanto ci ritroviamo al punto di partenza? Meglio interrompere la comunicazione e vedere se l’altro capisce che non ho intenzione di cedere.

Le parole sono inutili: In tutti i casi si afferma che il silenzio è l’opzione migliore per veicolare il conflitto. Per un motivo o per l’altro, la parola si è rivelata inefficace. Si decide, dunque, di smettere di parlare a qualcuno affinché questo venga inteso come punizione e, di conseguenza, l’altro riconsideri il suo atteggiamento.

Ascolto: quando si pensa che il nostro interlocutore non ci ascolti, che non sia aperto al nostro punto di vista, si usa il silenzio per “costringere” l’altro ad ascoltarci.

Cambiare Argomento: quando non si vuole affrontare una questione sensibile, una tecnica è accusare l’altro punendolo con il silenzio, per fare in modo che cambi argomento. Può darsi che non sia ancora pronta a una discussione. Se hai questa impressione, puoi provare a rimandare la discussione di qualche giorno.

Ci si aspetta una reazione: smettere di parlare con qualcuno può funzionare momentaneamente. Si infligge la punizione e l’altro reagisce: torna per scusarsi, promettere di cambiare o fare ciò che noi desideriamo. Tuttavia, a lungo termine, finisce per incubare piccoli rancori che possono crescere a dismisura. È raro che il silenzio attenui il conflitto di fondo o che ceda il passo alla sua risoluzione, piuttosto si limita a occultarlo.

Il silenzio come aggressione

Smettere di parlare con qualcuno è un atteggiamento aggressivo. Affronta il mutismo con fermezza, dicendo: “È crudele e non lo tollero”. Non accettare abusi emotivi nella tua vita.

“Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche” (Jan Paul Sarte).

Smettere di parlare con qualcuno corrisponde ad assumere un comportamento passivo-aggressivo. Che significa? Che si sta attaccando l’altro in modo implicito, e questo atteggiamento risulta altrettanto o addirittura più nocivo dell’aggressione diretta, perché il silenzio rappresenta un vuoto suscettibile a qualsiasi interpretazione.

La domanda è: siamo sicuri che l’altro comprenda davvero il significato del silenzio? Sareste pronti a scommettere che il modo migliore affinché cambi, o faccia ciò che voi desiderate, sia attaccarlo con la mancanza di dialogo?

Il silenzio aumenta la distanza. E la distanza non è solita essere un buon alleato per la comprensione o per restaurare legami logori o danneggiati.

Quando è bene tacere

È anche vero che, come diceva sempre mio nonno, a volte è meglio tacere. Quando siamo molto arrabbiati per esempio. L’ira porta ad esagerare nei toni e a voler ferire l’altro con parole che a mente fredda non avremmo mai detto.

Partendo da questi presupposti, non c’è niente di meglio che smettere di parlare per riacquistare il proprio contegno. In questi casi si tratta di una decisione intelligente.

Conosco una persona che quando è molto arrabbiata si infila le scarpe da running e va a correre, per almeno una mezzora, senza mai fermarsi. Sfoga tutta la sua rabbia. torna a casa solo quando è stanca e dopo essersi schiarita le idee.

Il modo migliore che abbia mai visto per avere solo discussioni positive.

Diciamo sì al silenzio in 3 casi:

Quando siamo troppo arrabbiati e ci rendiamo conto che potremmo dire cose di cui ci pentiremmo più tardi.

Quando il nostro interlocutore è troppo esaltato e la discussione sta degenerando.

Quando il silenzio viene utilizzato come una pausa nella discussione perché l’altro rifletta sulle sue parole.

In conclusione

Smettere di parlare per punire o affinché l’altra persona “si arrenda”, raramente porta buoni risultati. A volte dobbiamo affrontare la sfida che presuppone esprimere la nostra ira o arrabbiatura, senza ferire l’altro.

La soluzione non consiste nello smettere di parlare, bensì nel cercare e trovare i mezzi per gettare dei ponti verso la comprensioneL’assenza di parole può far cedere l’altro, ma questo non significa che il conflitto scompaia.

D’altro canto, può anche succedere che ciò non accada e che quella che all’inizio era una palla di neve si trasformi in una valanga.

A volte basterebbe cercare delle condizioni di dialogo migliori, oppure un modo diverso di esprimere la nostra disapprovazione. Rendere l’ambiente quotidiano più caloroso e amorevole può contribuire a rinvigorire la comunicazione.

Parlare col cuore, attenendosi sempre ai propri sentimenti, a ciò che proviamo noi e non a ciò che si crede provi l’altro, è una formula che non guasta mai. Proviamoci.

Se qualcuno è davvero importante per TE è meglio dire in modo assertivo ciò che pensi e senti. Così non ci sarà più spazio per gli equivoci. Nessuno merita di sentirsi indegno di attenzione o immeritevole di amore e di fedeltà. Non far sentire gli altri come non vorresti mai sentirti tu…

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