2018

Riforma Fornero. Perché tutti vogliono andare in pensione prima?

Il tema più scottante di questi giorni è l’abolizione della Riforma Fornero.

C’è chi la vuole mantenere, chi vuole cancellare la legge e riportare l’età pensionabile a soglie più basse. L’INPS segnala che non ci sono fondi per pagare le pensioni e che saranno sempre più basse. I politici promettono aumenti delle pensioni incrementando, però, le tasse .

Queste pensioni fanno parlare di loro nemmeno fossero una showgirl viziata. E mentre il dibattito si fa rovente gli italiani perdono il sonno.

 
LA RIFORMA NON C’ENTRA
Ma siete davvero sicuri che il problema delle pensioni sia la legge Fornero che sposta e posticipa l’età pensionabile? Quello che non riusciamo a capire è che la problematica principale deriva dal fatto che le persone sono insoddisfatte del loro lavoro. Conduciamo vite sempre più frenetiche con lavori sempre più impegnativi, con orari sempre più lunghi, che non ci permettono di passare il tempo con le persone che amiamo e di coltivare le nostre passioni al di fuori del lavoro.
Passiamo la maggior parte del tempo o nel traffico o negli uffici. Vediamo la pensione come un miracolo, dove finalmente potremo goderci la vita, i nostri affetti, e  fare le attività che ci piacciono.

DOVREBBE CAMBIARE IL MONDO DEL LAVORO
E se il lavoro, invece, fosse il lavoro dei nostri sogni?
Se lo Stato riuscisse a garantirci, dopo anni di studio dedicato a diventare professionisti di un settore, di poter  fare il lavoro che desideriamo, nessuno di noi vorrebbe andare in pensione tanto presto.

PERCHÉ VOGLIAMO ANDARE IN PENSIONE? 
Vogliamo andare in pensione perché ci siamo stufati, perché finalmente così potremo riposarci,  potremo dedicarci ai nipoti, a fare una passeggiata. Non avremo più i minuti contati per fare la spesa. Non vediamo l’ora di andare in pensione per poter viaggiare, vedere posti, fare cose.

 RIFORMA DEL LAVORO
Se potessimo lavorare meno ore, percependo uno stipendio decente che ci permetta di vivere dignitosamente, avremmo molto più tempo da dedicare alla nostra famiglia e agli affetti, senza dover scegliere fra loro o il lavoro.
Se guadagnassimo abbastanza da permetterci di fare due bei viaggi all’anno di 15 giorni, se avessimo una vita meno frenetica e meno stressante, probabilmente nessuno di noi si arrabbierebbe tanto perché l’età pensionabile è stata posticipata.

CONCENTRIAMOCI SULLE TEMATICHE GIUSTE
Se facessimo il lavoro dei nostri sogni non vorremmo mai smettere di farlo.
Pensate agli scrittori, loro non vanno in pensione perché  amano scrivere e quindi continueranno a scrivere per tutto il resto della loro vita. Pensate ai poeti o ai magistrati. Ci sono tantissime professioni nelle quali le persone non vanno in pensione perché quel lavoro costituisce la loro più grande passione. Il caso più eclatante è  Berlusconi che all’età di 82 anni non vuole assolutamente starsene a casa, ma si rimette in gioco nuovamente per qualcosa, anche se le malelingue diranno il contrario, che lo appassiona veramente tanto.

Siamo davvero sicuri di volerci focalizzare sull’età pensionabile invece di pensare al vero problema, cioè la qualità del lavoro , la quantità di tempo da dedicarci e la retribuzione?
Considerando che molti non ci arrivano vivi alla pensione.

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Coalizione centro-destra: Già prime scaramucce a causa della Fornero?

Il 7 gennaio 2018 è andato in scena ad Arcore un vertice tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni che ha ufficializzato la coalizione di centro-destra che vedrà come forze politiche protagoniste Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e quarto Polo.

I punti fondamentali del programma della nuova coalizione prevedono “Meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall’Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell’immigrazione”.

La campagna elettorale, ha fatto capire Salvini nei suoi interventi sui social, si concentrerà in particolare sull’abolizione della Riforma Fornero.

L’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 detto “Salva Italia ha introdotto la Riforma Fornero, che prende il nome da Elsa Fornero, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti di allora.

COSA PREVEDE TALE RIFORMA?

Introduce il sistema di calcolo contributivo della pensione dei lavoratori, sostituendolo al sistema retributivo. In poche parole la pensione non dipende più dagli ultimi stipendi percepiti, ma dai contributi versati dal lavoratore.

La riforma innalza l’età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” : minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pubblica amministrazione e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).

E’ previsto un adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento in funzione dell’allungamento della speranza di vita.

Categorie occupazionali come gli artigiani, i commercianti e i lavoratori autonomi hanno subito l’aumento dei versamenti contributivi.

Le vittime più colpite sono stati i cosiddetti esodati, cioè quei lavoratori che, in accordo con le proprie aziende, avevano previsto il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti precedentemente. A causa dell’innalzamento dell’età del pensionamento, questi lavoratori sono rimasti per un periodo senza stipendio e senza pensione. Fortunatamente è intervenuto l’Esecutivo che ha previsto uno “scivolo” per sostenerli in questa fase di passaggio.

COSA CAMBIEREBBE ABOLENDO LA LEGGE FORNERO?

Ci sarebbe un abbassamento di 2 o tre anni degli attuali requisiti per accedere al pensionamento di anzianità o di vecchiaia. Inoltre cadrebbe anche il meccanismo automatico di adeguamento alla speranza di vita dei trattamenti pensionistici.  Il presidente dell’Inps Boeri afferma che abolire la riforma Fornero costerebbe fino a 140 miliardi nel 2020.

LA REPLICA DELL’EX MINISTRA DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI ELSA FORNERO

“Si parla sempre male di questa legge, ma si dimentica sempre che non si poteva continuare così. La riforma era necessaria. È questa la grande ipocrisia”. Così si è espressa la Fornero sulle frequenze di Radio1 in risposta alla proposta di Salvini di abolire la legge che porta il suo nome e ha aggiunto “Berlusconi sa che la legge Fornero non si può abolire se il Paese non si vuole suicidare”.

PRIME CREPE NELLA COALIZIONE DI CENTRO-DESTRA?

Berlusconi aggiusta il tiro e ammette, sulle frequenze di Radio Capital, che non c’è l’intenzione di abolire in toto la legge Fornero, ma di “eliminare gli aspetti ingiusti, dopo un esame accurato con gli alleati”.

Salvini aveva imposto l’abolizione della riforma Fornero come condizione necessaria per la partecipazione della Lega alla coalizione.

Che ci sia già aria di divorzio fra Forza Italia e Lega o i due leader politici si verranno incontro per il bene del centro-destra?

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Le 7 cose che devi sapere sui sacchetti di plastica a pagamento

La polemica del momento riguarda la tassa sui sacchetti biodegradabili del reparto ortofrutta. Sui social si è scatenata l’ira dei consumatori, toccati maggiormente dal fatto di dover pagare ogni singolo sacchetto da 1 a 3 centesimi piuttosto che dall’aumento, assai più rilevante, di bollette di gas e luce e del pedaggio autostradale.

Le notizie al riguardo si susseguono velocemente, e nel marasma di novità continue non è facile capire come stiano esattamente le cose.

Proviamo qui a chiarire i punti fondamentali.

1. Di che legge si tratta e cosa dice esattamente?

La legge è quella di conversione del decreto legge 2017 n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno, la quale impone che i sacchetti con spessore della singola parete inferiore a 15 micron debbano essere biodegradabili e compostabili. Le sanzioni per chi non rispetta tale legge vanno dai 2500 ai 25.000 euro. Ufficialmente la legge è entrata in vigore dal 1 gennaio 2018.

Il Ministero dell’Ambiente, in una nota inviata alla grande distribuzione, ha precisato che “le borse di plastica di qualsiasi tipo non possono essere distribuite a titolo gratuito dai supermercati e che il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino”.

2. Quanto si pagheranno le nuove buste biodegradabili?

Sono uscite sul web cifre esagerate, c’era chi addirittura parlava di 10 cent a busta, ma la realtà è un’altra. Il costo medio per singola busta si aggira sui 2 cent, calcolando una stima su 300 sacchetti annuali si arriva ad una spesa di 6 euro totali.

3. Perché il costo dei sacchetti deve ricadere sul consumatore?

La parlamentare PD Stella Bianchi, prima firmataria dell’emendamento che ha introdotto la nuova normativa, spiega: “Abbiamo sempre pagato i sacchetti della frutta e della verdura. Il costo dei sacchetti di plastica che abbiamo usato finora sono sempre stati spalmati sul prezzo finale del supermercato, come succede con tutti i costi di funzionamento. Ora ci accorgiamo di pagarle. Il prezzo risulta sullo scontrino e questo è stato deciso perché uno degli obiettivi della direttiva era aumentare la consapevolezza dei cittadini europei sul fatto che la plastica è un costo e quale modo migliore per rendersene conto se non questo?”.

4. Come hanno reagito le associazioni di consumatori?

Per il Codacons è “un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori”. Per Legambiente, invece, “non è corretto parlare di caro-spesa. L’innovazione ha un prezzo, ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo, che si dovrebbe aggirare intorno ai 2-3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa”.

5. Si possono portare i sacchetti da casa?

Il Ministero della Salute ha chiarito che è possibile portarsi da casa i sacchetti per comprare frutta e verdura purché siano biodegradabili, nuovi e monouso. Saranno gli esercenti che dovranno occuparsi di verificare che si tratti effettivamente di sacchetti nuovi e biodegradabili.

6. E’ vero che tale manovra è stata fatta a favore di un’azienda in particolare, la Novamont guidata da Catia Bastioli ritenuta vicina a Matteo Renzi?

La Novamont è senza dubbio l’azienda leader italiana in questo campo con l’80% di fatturato totale, ma non è l’unica che realizza sacchetti prodotti da materie prime naturali anziché da petrolio. In tutta Italia sono oltre 150 le aziende di questo settore con circa 4mila dipendenti e 350 milioni di fatturato. Non ci sono prove certe che leghino in maniera diretta Renzi a Catia Bastioli.

7. Era necessaria questa manovra sui sacchetti di plastica biodegradabili? 

Si tratta di un giudizio di merito, e le posizioni ad oggi sono su due binari opposti. L’obiettivo dichiarato è quello di coltivare una conversione ecologica dell’economia. La plastica tradizionale prodotta dal petrolio se la smaltisci correttamente e la ricicli, ridiventa materia prima seconda, ma se viene abbandonata nei campi e nei mari, danneggia per secoli e secoli quegli ambienti. Abbiamo un problema enorme di inquinamento dei mari da plastica, motivo per cui si è cercato di sostenere la riduzione dell’uso e dell’abbandono di questi prodotti. E’ indispensabile sostenere il più possibile l’uso di prodotti fatti da materia prima seconda ossia da plastica riciclata se si vuole trasformare l’economia in modo che sia più rispettosa dell’ambiente.

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Siamo rimasti al buio. Cosa fare quando salta la luce

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Siete a casa da soli, sul divano o nel lettone e state guardando un film, magari un horror e all’improvviso, il buio.

E’ saltata la luce!
E adesso?
 
Pur essendo sempre in regola con il pagamento delle bollette, vi sarà capitato comunque almeno una volta nella vita, di rimanere al buio nella vostra abitazione perché l’interruttore generale del vostro impianto elettrico è scattato, togliendo quindi la corrente a tutto il vostro circuito elettrico. Generalmente questo accade o perché avete superato il consumo massimo di corrente ( che nelle case è di 3 KW, ma potete chiedere, pagando di più, di passare a 6 KW) ed in questo caso a scattare sarà l’interruttore posto sul contatore generale del vostro fornitore di corrente, oppure in caso di guasti all’impianto o ad uno degli apparecchi collegati, a scattare sarà l’interruttore del vostro quadro elettrico.
 
Uno degli aspetti negativi dell’inverno è indubbiamente rappresentato dalle lunghe ed a volte interminabili giornate di maltempo, con piogge e temporali che talvolta si prolungano anche per diversi giorni, e che possono provocare l’interruzione della corrente.
 
La prima cosa da fare è mantenere la calma e restare fermi, prendete il cellulare ed accendete la torcia. Se avete un cellulare del medioevo, senza torcia incorporata, cercate di posizionare una torcia in un punto di casa facilmente raggiungibile, oppure mettete alla parete una lucina da notte che si illumina quando la luce va via. Ottima idea anche tenere delle candele in casa con degli accendini nelle vicinanze, utili sopratutto se la mancanza di corrente si protrae nel tempo causa guasto. 
 
Un altro consiglio pratico, è quello di avere sempre a disposizione in casa una lista dei numeri utili, tra i quali inserire anche quello del vostro elettricista. Sceglietene uno quando non sarete in un momento di panico, così avrete bene chiare le tariffe e non vi ritroverete a dover sborsare cifre inaspettate nel momento del bisogno.
La mancanza prolungata di corrente elettrica può causare diversi danni. Pensate a cosa potrebbe succedere se il vostro frigo/congelatore si sbrinasse.  NON APRITE IL FRIGO SE NON NECESSARIO FINO A QUANDO NON SARA’ TORNATA LA CORRENTE. Se questi elettrodomestici vengono aperti quando manca la corrente elettrica tendono a disperdere il calore più velocemente. Tenete comunque presente che in genere tali dispositivi possono resistere senza energia dalle 6 alle 12 ore. Cosa accadrebbe se la luce andasse via mentre state lavorando al computer e non avete salvato nulla del vostro lavoro? Immagino che abbiate ben chiaro quanto può essere fastidioso dover affrontare questo problema.
 
E’ IL MOMENTO DI AGIRE
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 Raggiungete il quadro elettrico. Di solito si trova all’interno di casa, vicino alla porta d’ingresso, nascosto dietro un quadro. 
A seconda dell’età della casa, il quadro sarà più o meno articolato. Nelle case più vecchie ci sarà il contatore e uno o due interruttori che controllano l’intero impianto elettrico, in quelle più moderne ci saranno una serie di interruttori ognuno dei quali gestisce una delle tante linee nelle quali è diviso un impianto elettrico di nuova generazione, più un interruttore generale e uno differenziale, il cosiddetto “salvavita”. Il contatore, invece, può anche essere all’esterno dell’appartamento, normalmente in un apposito vano insieme a tutti gli altri dei vari appartamenti del condominio.
L’interruttore generale, che si solito è il primo da sinistra, è quello che può togliere la corrente all’intero impianto. Poi c’è il differenziale, il cui interruttore è spesso contrassegnato dalla lettera “T”. Il differenziale può  interrompere il flusso di corrente quando rileva un assorbimento anomalo, ad esempio quando una persona entra in contatto con una parte del circuito sotto tensione. Infine avremo un’altra serie di interruttori che comandano delle linee parziali dell’impianto.
Verificate che le levette di tutti questi interruttori siano verso l’alto.
Se siete completamente al buio, il problema riguarda l’interruttore generale o il differenziale. Riportate la levetta verso l’alto. Il più delle volte, se tutti gli altri interruttori sono accesi, dovreste aver risolto il problema. Nel caso in cui ci fosse un altro interruttore spento, vuol dire che su quello specifico circuito c’è un problema che va risolto prima di riattivare tutto l’impianto.
 
Provate a staccare tutti gli altri interruttori, e riaccendere il differenziale. Se il differenziale rimane acceso riattaccate uno per uno gli altri interruttori, aspettando tra uno e l’altro almeno 20 secondi.
 
Spegnete, toccando una sola volta, l’interruttore delle luci che ricordavate accese al momento della mancanza di corrente.
 
Scollegate tutti gli elettrodomestici dalle spine.
 
Fate mente locale, ultimamente è capitato qualcosa che avrebbe potuto far scattare la corrente? Per esempio una lampada rotta in cui può essere entrata dell’acqua. Oppure mentre cucinavate si è rovesciato qualcosa sui fornelli. O tutto quello che vi viene in mente. Cercate di risolvere il problema e poi, solo dopo esservi assicurati di non prendere corrente. Riattaccate l’interruttore.
Se tutto è stato vano l’interruttore scatterà ancora. Ma se rimane acceso, provate ad accendere le luci una alla volta ed a ricollegare gli elettrodomestici. Arriverete a notare che quando riattaccate un determinato elettrodomestico o una luce, questa farà scattare il differenziale. A questo punto chiamate il tecnico o, se non siete riusciti nella riparazione, chiamate un elettricista.
 
 
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Come funziona la lavastoviglie

Come funziona la lavastoviglie

La lavastoviglie ha fatto il suo ingresso nel mondo nel 1886, grazie a Josephine Cochrane, inventrice americana, stufa di vedere le sue porcellane scheggiate dai lavaggi a mano dei suoi servitori.

Josephine fece brevettare un’apparecchiatura in grado di proiettare getti d’acqua sulle stoviglie grazie ad un sistema di pompe azionato manualmente. Questa invenzione fu presentata nel 1893 alla Fiera Colombiana di Chigago.

Una prima vera lavastoviglie (nel modo in cui la intendiamo oggi) è da far risalire al 1924, alla mano di William Howard Livens. Nel 1940 fu aggiunto anche un sistema di asciugatura. Il progetto di Livens non ottenne successo fino agli anni ’50 e solo dagli anni ’70 le lavastoviglie sono diventate comuni nella case dei nordamericani e degli europei. Nel 2012 oltre il 75% delle case in USA e Germania aveva una lavastoviglie.

Sappiamo tutti come funziona la lavastoviglie: si posizionano piatti, bicchieri e posate come fossimo campioni di Tetris, si mette il sapone, si sceglie il lavaggio più adatto e si fa partire, chiudendo lo sportello in modo vigoroso.
Dopo un tempo variabile a seconda del tipo di lavaggio scelto, le stoviglie ci vengono restituite pulite e splendenti.
Ma cosa succede tra quando chiudiamo lo sportello a quando questo si riapre?

Possiamo dividere tutto il processo in 7 fasi:

  1. Incameramento dell’acqua: l’acqua viene prelevata dalla rete idrica e riempie una vasca apposita, generalmente posta sul fondo dell’elettrodomestico.
  2. Riscaldamento dell’acqua: l’acqua presente nella vasca viene portata ad una temperatura maggiore, per mezzo di una resistenza elettrica.
  3. Aggiunta del detersivo. Il sapone si miscela all’acqua.
  4. Lavaggio dei piatti. La miscela detergente viene trasportata all’interno dei bracci irroratori che, per merito della pressione di pompaggio, ruotano e irradiano l’acqua con una forza sufficiente a raggiungere tutte le stoviglie.
  5. L’acqua sporca si scarica, attraverso un’apposita pompa.
  6. C’è un altro ricarico d’acqua, ma questa volta senza sapone.
  7. Scarico del secondo ciclo di acqua.

Eliana

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Impariamo a disinfettare le spugne

DISINFEZIONE DI SPUGNE E STRACCI

Quando vivi in famiglia non ti accorgi delle tante cose che la mamma fa durante il giorno per tenere tutto pulito e senza germi. 

Fra queste ce n’è una che non consideriamo mai, la pulizia e la disinfezione delle spugne, che si sporcano già dal primo utilizzo e che possono assumere un cattivo odore.

SPUGNA PER LAVARE I PIATTI:

E’ uno strumento indispensabile in cucina per pulire le superfici e le stoviglie. Può diventare una nemica della nostra salute. Questo perché la funzione principale della spugna è rimuovere i residui di alimenti, che vengono assorbiti dalla spugna, che è composta da moltissimi fori per l’assorbimento dei liquidi che facilitano l’eliminazione dei residui, ma che, allo stesso tempo, conservano tutti i microrganismi e le impurità filtrati durante il processo di pulizia. Questo, unito alla inevitabile umidità, crea un ambiente ottimale per lo sviluppo di batteri ( l‘Escherichia coli, lo Staphylococcus aureus e la Salmonella possono sopravvivere sulle spugne per ore, perfino per giorni dopo il primo contatto), specialmente se la spugna resta umida fino all’impiego successivo.

Come istruire la colf

 

Secondo il Dr. Philip Tierno, professore di Microbiologia e Patologia dell’Università di New York: “la cosa più sporca che può trovarsi in casa è la spugna per lavare i piatti, forse ancora più sporca del copri water o del cestino dell’immondizia“.

Già vi sento dire “ Ehi io uso il sapone per i piatti e la lavo sempre dopo ogni utilizzo”, purtroppo non è sufficiente perché il detersivo non riesce ad eliminare completamente i germi.

Il modo migliore per evitare intossicazioni o malattie, a causa di una spugna piena di batteri, è disinfettarla. Sembrerebbe un paradosso: lavare un oggetto che usiamo per lavare, ma è un’azione necessaria.

Nel corso di una ricerca, realizzata nel 2007 dall’Agricultural Research Service statunitense (ARS), si realizzarono diverse prove per stabilire quale fosse il modo più efficace per eliminare i germi patogeni che si annidano nelle spugne.

La prima operazione fu quella di inumidire le spugne, a temperatura ambiente, con una sospensione di carne tritata, allo scopo di stimolare la produzione di batteri e funghi necessari alle analisi. Le spugne, in seguito, furono:

• introdotte in una soluzione al 10% di candeggina, per tre minuti.

• immerse nel succo di limone, per un minuto.

• passate nel microonde, per un minuto.

• lavate in lavastoviglie, con ciclo finale di asciugatura.

Dopo il trattamento, le spugne furono classificate in base alla quantità di batteri rimasti. I risultati mostrarono che: la candeggina e il succo di limone furono in grado di ridurre i batteri dal 37 al 87%. Il riscaldamento in microonde distrusse fino al 99,9% dei microrganismi, risultato simile per la lavastoviglie.

La ricerca, pertanto, concluse che il modo più efficace per eliminare i funghi e i batteri dalla spugna è riscaldarla in microonde o in lavastoviglie con ciclo di asciugatura.

NEL MICROONDE PER DISINFETTARLE

Lavate la spugna con acqua pulita e lasciatela due minuti in microonde alla temperatura massima. 

Oltre a questo, è bene seguire questi consigli:

• Lavate attentamente la spugna dopo ogni lavaggio.

• Adottate un sistema a rotazione, con due spugne, in modo da utilizzare sempre una spugna pulita, mentre si lava l’altra.

• Controllate, dopo aver lavato i piatti, che sulla spugna non siano rimasti resti di cibo.

• Dopo l’utilizzo, mettete ad asciugare la spugna, per evitare che l’umidità stimoli la proliferazione dei batteri.

• Se i piatti o le padelle sono unti di grasso animale, l’ideale è pulirli prima con carta da cucina, e poi eliminare il resto con la spugna.

Come pulire il piano cottura e i fornelli

NELL’ACQUA BOLLENTE PER DISINFETTARLE

Se non avete il microonde a disposizione o se non vi fidate molto, in alternativa potete mettere le spugne in una pentola con l’acqua che le copre completamente, fate bollire sul fuoco per 5 minuti circa e poi buttate via l’acqua sul fondo e lasciate asciugare le spugne all’aria e, anche con questo metodo, eccole disinfettate alla perfezione. Questo sistema è ottimo anche per le pagliette di metallo. 

“Acqua e sapone non uccidono i germi, li lavano solo via” – ha spiegato il dottor Philip Trieno, esperto dei dipartimenti di Microbiologia e Patologia presso la NYU Langone e autore di “The Secret Life of Germs”., che ha aggiungo che se laviamo i piatti con una spugna sporca in realtà non li puliamo, ma li arricchiamo di germi.

Quando la spugna per i piatti ha assunto davvero un cattivo odore è giunto il momento di sostituirla. 

Consiglio di cambiare la spugna minimo ogni mese, e così anche le salviette assorbenti e le ramine.

IN AMMOLLO PER RITROVARE LA FORMA

Se le spugne hanno perso la loro forma e si sono appiattite, il sistema per farle tornare come nuove è di metterle in ammollo in una ciotola di acqua calda, in cui avrete fatto sciogliere un cucchiaio di sale fino e il succo di mezzo limone. Questo trattamento di bellezza le pulisce e le fa tornare in forma, purtroppo non le disinfetta, ma le lascia pulite e rinnovate.

NELLA LAVAPIATTI PER LAVARLE

Se volete potete inserire all’interno della lavapiatti le spugne quando le attivate per il lavaggio. Mi raccomando, attenzione all’asciugatura che deve essere completa, in modo che le spugne siano prive di batteri.

La spugna impregnata di unto:
 
E se la spugna è impregnata d’unto cosa possiamo fare? Per prima cosa strofinate bene la spugna con sapone di Marsiglia, poi spremetela bene sotto un getto di acqua bella calda. Ripetendo quest’operazione più volte la spugna si riprende, ma se è ancora un tantino unta o nera mettetela in ammollo in acqua bollente, succo di limone e sale (usate 1 limone per 500 ml d’acqua e 3 cucchiai di sale fino).

STRACCI ASCIUGAPIATTI E SALVIETTE VARIE:

Anche per questi è necessario un lavaggio costante,  e l’unico rimedio è lavarli spesso in lavatrice a 60° gradi.  Andrebbero cambiati massimo una volta a settimana e messi a lavare in lavatrice. Io li cambio ogni 3 giorni. Il consiglio è di averne molti per poter consentire una rotazione semplice e costante.

SPUGNA PER IL CORPO:
 
Eh già, anche lei è una spugna e come tale va disinfettata, lavata e sostituita una volta al mese.
Sapevate che la spugna che usate per lavarvi è un ricettacolo di germi e batteri? 
Prima di tutto scegliamo la spugna giusta, evitiamo quelle a rete, difficili da pulire, e quelle troppo abrasive per evitare irritazioni della cute. Anche se la soluzione casalinga fai da te è sempre la migliore e più facile da pulire, vi state chiedendo qual è? Un calzino. Di spugna, ovviamente. Chi lo utilizza assicura che produce molta schiuma e permette un massaggio confortevole sul corpo.
 
 Secondo il dottor J. Matthew Knight, dermatologo presso il Knight Dermatology Institute americano, le cellule morte della pelle rimangono imprigionate nella spugna dopo la doccia. Il fatto di tenerla dentro alla stanza da bagno, in un ambiente caldo e umido, incide a sviluppare ancora più muffe, batteri e sostanze non proprio ideali per l’igiene della persona. Una volta usata ricordate che va ben lavata e fatta asciugare all’aperto.
 

Laviamo i Peluche: 6 metodi rapidi e performanti

Il rimedio della nonna: per pulire la spugna dopo l’utilizzo immergetela in una bacinella di acqua bollente insieme al succo di un limone e un cucchiaio di sale fino. Dopo una notte in ammollo strizzate e fate asciugare senza risciacquare.
 
Acqua e aceto.
Prendete una tazza all’interno della quale mescolate accuratamente acqua e aceto.
Immergete la spugna in questa miscela, fino a quando non sarà completamente impregnata e lasciatela in ammollo per circa 10 minuti. Una volta trascorso il tempo necessario, spremetela senza rigirarla in modo da non danneggiarla. Infine, applicate un po’ di candeggina sulla spugna e sciacquatela bene, in questo modo avrete una spugna da bagno in perfetto stato.

Come sempre non abbiamo nominato la candeggina ed i rimedi chimici, perché crediamo fermamente che l’accortezza in più verso la natura e l’ambiente sia possibile, e questi rimedi economici e pratici dimostrano che possiamo fare a meno di prodotti chimici per questa missione. 
 
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