ATTUALITA’

La par condicio spiegata in 6 punti

La data per le tanto agognate elezioni politiche è stata scelta. Il 4 marzo 2018 si torna a votare dopo 10 anni di governi non eletti direttamente dal popolo. Mancando meno di due mesi alle elezioni è “entrata in vigore la par condicio”. Di cosa si tratta e cosa comporta per i partiti e per i mass media?

Cos’è la par condicio?

Il termine latino par condicio significa letteralmente pari condizioni,  consiste nel garantire un’uguale visibilità a tutti i partiti e movimenti politici da parte dei mass-media. Viene disciplinata dalla legge 28 del 22 febbraio del 2000 volta a tutelare il pluralismo nel settore televisivo. Il senso di tale norma va ricercato nella garanzia, per tutti i partiti politici, di avere, almeno di partenza, le stesse possibilità di essere eletti.

Quando comincia la par condicio?

Molti credono che la par condicio vada rispettata solamente quando si è nel periodo di campagna elettorale, ma in realtà la legge 28 del 2000 non fa distinzione fra periodo elettorale e non, quando stabilisce la parità di trattamento di tutti i partiti politici e la loro presenza nei mezzi di informazione. Per garantire la democrazia più assoluta il confronto politico deve essere sempre equilibrato.

Chi è tenuto a rispettarla?

Sia i programmi di comunicazione politica (tribune), sia i mezzi di informazione (telegiornali). Mentre per i primi la ripartizione fra le varie voci deve essere molto precisa, praticamente matematica, per i telegiornali i criteri sono più elastici, in quanto non si vuole limitare la libertà di informazione e il diritto di cronaca.

Quali sono le autorità atte a vigilare sulla par condicio?

Per la televisione pubblica il controllo spetta alla Commissione di vigilanza RAI. Le emittenti private nazionali e locali vengono controllate dalla AGCOM. I due organi, prima di emanare le regole attuative della par condicio, devono consultarsi a vicenda, in modo che siano praticamente uguali per entrambi.

Quali sono le sanzioni in caso di mancato rispetto della par condicio?

L’Autorità valuta autonomamente ogni singolo programma e telegiornale. Nel momento in cui ravvisa una violazione interviene con una serie di atti successivi: prima un richiamo, poi un ordine di riequilibrio e infine una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di mancato riequilibrio.

Come si valuta un pluralismo politico consono?

Sono due i dati da tenere in considerazione, innanzitutto il tempo di parola, cioè il tempo in cui il candidato di una determinata fazione si esprime direttamente intervenendo in conferenze stampa, rispondendo ad interviste e rilasciando dichiarazioni pubbliche.

In secondo luogo il tempo di notizia, cioè il tempo che i giornalisti dedicano ad un argomento riferito nello specifico ad un determinato partito o movimento politico.

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Riforma Fornero. Perché tutti vogliono andare in pensione prima?

Il tema più scottante di questi giorni è l’abolizione della Riforma Fornero.

C’è chi la vuole mantenere, chi vuole cancellare la legge e riportare l’età pensionabile a soglie più basse. L’INPS segnala che non ci sono fondi per pagare le pensioni e che saranno sempre più basse. I politici promettono aumenti delle pensioni incrementando, però, le tasse .

Queste pensioni fanno parlare di loro nemmeno fossero una showgirl viziata. E mentre il dibattito si fa rovente gli italiani perdono il sonno.

 
LA RIFORMA NON C’ENTRA
Ma siete davvero sicuri che il problema delle pensioni sia la legge Fornero che sposta e posticipa l’età pensionabile? Quello che non riusciamo a capire è che la problematica principale deriva dal fatto che le persone sono insoddisfatte del loro lavoro. Conduciamo vite sempre più frenetiche con lavori sempre più impegnativi, con orari sempre più lunghi, che non ci permettono di passare il tempo con le persone che amiamo e di coltivare le nostre passioni al di fuori del lavoro.
Passiamo la maggior parte del tempo o nel traffico o negli uffici. Vediamo la pensione come un miracolo, dove finalmente potremo goderci la vita, i nostri affetti, e  fare le attività che ci piacciono.

DOVREBBE CAMBIARE IL MONDO DEL LAVORO
E se il lavoro, invece, fosse il lavoro dei nostri sogni?
Se lo Stato riuscisse a garantirci, dopo anni di studio dedicato a diventare professionisti di un settore, di poter  fare il lavoro che desideriamo, nessuno di noi vorrebbe andare in pensione tanto presto.

PERCHÉ VOGLIAMO ANDARE IN PENSIONE? 
Vogliamo andare in pensione perché ci siamo stufati, perché finalmente così potremo riposarci,  potremo dedicarci ai nipoti, a fare una passeggiata. Non avremo più i minuti contati per fare la spesa. Non vediamo l’ora di andare in pensione per poter viaggiare, vedere posti, fare cose.

 RIFORMA DEL LAVORO
Se potessimo lavorare meno ore, percependo uno stipendio decente che ci permetta di vivere dignitosamente, avremmo molto più tempo da dedicare alla nostra famiglia e agli affetti, senza dover scegliere fra loro o il lavoro.
Se guadagnassimo abbastanza da permetterci di fare due bei viaggi all’anno di 15 giorni, se avessimo una vita meno frenetica e meno stressante, probabilmente nessuno di noi si arrabbierebbe tanto perché l’età pensionabile è stata posticipata.

CONCENTRIAMOCI SULLE TEMATICHE GIUSTE
Se facessimo il lavoro dei nostri sogni non vorremmo mai smettere di farlo.
Pensate agli scrittori, loro non vanno in pensione perché  amano scrivere e quindi continueranno a scrivere per tutto il resto della loro vita. Pensate ai poeti o ai magistrati. Ci sono tantissime professioni nelle quali le persone non vanno in pensione perché quel lavoro costituisce la loro più grande passione. Il caso più eclatante è  Berlusconi che all’età di 82 anni non vuole assolutamente starsene a casa, ma si rimette in gioco nuovamente per qualcosa, anche se le malelingue diranno il contrario, che lo appassiona veramente tanto.

Siamo davvero sicuri di volerci focalizzare sull’età pensionabile invece di pensare al vero problema, cioè la qualità del lavoro , la quantità di tempo da dedicarci e la retribuzione?
Considerando che molti non ci arrivano vivi alla pensione.

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Coalizione centro-destra: Già prime scaramucce a causa della Fornero?

Il 7 gennaio 2018 è andato in scena ad Arcore un vertice tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni che ha ufficializzato la coalizione di centro-destra che vedrà come forze politiche protagoniste Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e quarto Polo.

I punti fondamentali del programma della nuova coalizione prevedono “Meno tasse, meno burocrazia, meno vincoli dall’Europa, più aiuti a chi ha bisogno, più sicurezza per tutti, riforma della giustizia e giusto processo, revisione del sistema pensionistico cancellando gli effetti deleteri della Legge Fornero, realizzazione della flat tax, difesa delle aziende italiane e del Made in Italy, imponente piano di sostegno alla natalità, controllo dell’immigrazione”.

La campagna elettorale, ha fatto capire Salvini nei suoi interventi sui social, si concentrerà in particolare sull’abolizione della Riforma Fornero.

L’art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 detto “Salva Italia ha introdotto la Riforma Fornero, che prende il nome da Elsa Fornero, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali del Governo Monti di allora.

COSA PREVEDE TALE RIFORMA?

Introduce il sistema di calcolo contributivo della pensione dei lavoratori, sostituendolo al sistema retributivo. In poche parole la pensione non dipende più dagli ultimi stipendi percepiti, ma dai contributi versati dal lavoratore.

La riforma innalza l’età pensionistica di uomini e donne, stabilendo i requisiti per la “pensione di vecchiaia” : minimo 20 anni di contribuzione e 66 anni di età per donne del pubblico impiego e uomini (Pubblica amministrazione e privati), 62 anni per donne del settore privato (poi 66 anni e 3 mesi nel 2018), 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome (che diventeranno gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018).

E’ previsto un adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento in funzione dell’allungamento della speranza di vita.

Categorie occupazionali come gli artigiani, i commercianti e i lavoratori autonomi hanno subito l’aumento dei versamenti contributivi.

Le vittime più colpite sono stati i cosiddetti esodati, cioè quei lavoratori che, in accordo con le proprie aziende, avevano previsto il pensionamento di vecchiaia anticipato rispetto ai requisiti richiesti precedentemente. A causa dell’innalzamento dell’età del pensionamento, questi lavoratori sono rimasti per un periodo senza stipendio e senza pensione. Fortunatamente è intervenuto l’Esecutivo che ha previsto uno “scivolo” per sostenerli in questa fase di passaggio.

COSA CAMBIEREBBE ABOLENDO LA LEGGE FORNERO?

Ci sarebbe un abbassamento di 2 o tre anni degli attuali requisiti per accedere al pensionamento di anzianità o di vecchiaia. Inoltre cadrebbe anche il meccanismo automatico di adeguamento alla speranza di vita dei trattamenti pensionistici.  Il presidente dell’Inps Boeri afferma che abolire la riforma Fornero costerebbe fino a 140 miliardi nel 2020.

LA REPLICA DELL’EX MINISTRA DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI ELSA FORNERO

“Si parla sempre male di questa legge, ma si dimentica sempre che non si poteva continuare così. La riforma era necessaria. È questa la grande ipocrisia”. Così si è espressa la Fornero sulle frequenze di Radio1 in risposta alla proposta di Salvini di abolire la legge che porta il suo nome e ha aggiunto “Berlusconi sa che la legge Fornero non si può abolire se il Paese non si vuole suicidare”.

PRIME CREPE NELLA COALIZIONE DI CENTRO-DESTRA?

Berlusconi aggiusta il tiro e ammette, sulle frequenze di Radio Capital, che non c’è l’intenzione di abolire in toto la legge Fornero, ma di “eliminare gli aspetti ingiusti, dopo un esame accurato con gli alleati”.

Salvini aveva imposto l’abolizione della riforma Fornero come condizione necessaria per la partecipazione della Lega alla coalizione.

Che ci sia già aria di divorzio fra Forza Italia e Lega o i due leader politici si verranno incontro per il bene del centro-destra?

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Le 7 cose che devi sapere sui sacchetti di plastica a pagamento

La polemica del momento riguarda la tassa sui sacchetti biodegradabili del reparto ortofrutta. Sui social si è scatenata l’ira dei consumatori, toccati maggiormente dal fatto di dover pagare ogni singolo sacchetto da 1 a 3 centesimi piuttosto che dall’aumento, assai più rilevante, di bollette di gas e luce e del pedaggio autostradale.

Le notizie al riguardo si susseguono velocemente, e nel marasma di novità continue non è facile capire come stiano esattamente le cose.

Proviamo qui a chiarire i punti fondamentali.

1. Di che legge si tratta e cosa dice esattamente?

La legge è quella di conversione del decreto legge 2017 n. 91, Disposizioni urgenti per la crescita economica del mezzogiorno, la quale impone che i sacchetti con spessore della singola parete inferiore a 15 micron debbano essere biodegradabili e compostabili. Le sanzioni per chi non rispetta tale legge vanno dai 2500 ai 25.000 euro. Ufficialmente la legge è entrata in vigore dal 1 gennaio 2018.

Il Ministero dell’Ambiente, in una nota inviata alla grande distribuzione, ha precisato che “le borse di plastica di qualsiasi tipo non possono essere distribuite a titolo gratuito dai supermercati e che il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino”.

2. Quanto si pagheranno le nuove buste biodegradabili?

Sono uscite sul web cifre esagerate, c’era chi addirittura parlava di 10 cent a busta, ma la realtà è un’altra. Il costo medio per singola busta si aggira sui 2 cent, calcolando una stima su 300 sacchetti annuali si arriva ad una spesa di 6 euro totali.

3. Perché il costo dei sacchetti deve ricadere sul consumatore?

La parlamentare PD Stella Bianchi, prima firmataria dell’emendamento che ha introdotto la nuova normativa, spiega: “Abbiamo sempre pagato i sacchetti della frutta e della verdura. Il costo dei sacchetti di plastica che abbiamo usato finora sono sempre stati spalmati sul prezzo finale del supermercato, come succede con tutti i costi di funzionamento. Ora ci accorgiamo di pagarle. Il prezzo risulta sullo scontrino e questo è stato deciso perché uno degli obiettivi della direttiva era aumentare la consapevolezza dei cittadini europei sul fatto che la plastica è un costo e quale modo migliore per rendersene conto se non questo?”.

4. Come hanno reagito le associazioni di consumatori?

Per il Codacons è “un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori”. Per Legambiente, invece, “non è corretto parlare di caro-spesa. L’innovazione ha un prezzo, ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo, che si dovrebbe aggirare intorno ai 2-3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa”.

5. Si possono portare i sacchetti da casa?

Il Ministero della Salute ha chiarito che è possibile portarsi da casa i sacchetti per comprare frutta e verdura purché siano biodegradabili, nuovi e monouso. Saranno gli esercenti che dovranno occuparsi di verificare che si tratti effettivamente di sacchetti nuovi e biodegradabili.

6. E’ vero che tale manovra è stata fatta a favore di un’azienda in particolare, la Novamont guidata da Catia Bastioli ritenuta vicina a Matteo Renzi?

La Novamont è senza dubbio l’azienda leader italiana in questo campo con l’80% di fatturato totale, ma non è l’unica che realizza sacchetti prodotti da materie prime naturali anziché da petrolio. In tutta Italia sono oltre 150 le aziende di questo settore con circa 4mila dipendenti e 350 milioni di fatturato. Non ci sono prove certe che leghino in maniera diretta Renzi a Catia Bastioli.

7. Era necessaria questa manovra sui sacchetti di plastica biodegradabili? 

Si tratta di un giudizio di merito, e le posizioni ad oggi sono su due binari opposti. L’obiettivo dichiarato è quello di coltivare una conversione ecologica dell’economia. La plastica tradizionale prodotta dal petrolio se la smaltisci correttamente e la ricicli, ridiventa materia prima seconda, ma se viene abbandonata nei campi e nei mari, danneggia per secoli e secoli quegli ambienti. Abbiamo un problema enorme di inquinamento dei mari da plastica, motivo per cui si è cercato di sostenere la riduzione dell’uso e dell’abbandono di questi prodotti. E’ indispensabile sostenere il più possibile l’uso di prodotti fatti da materia prima seconda ossia da plastica riciclata se si vuole trasformare l’economia in modo che sia più rispettosa dell’ambiente.

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Ristoranti Child Free: Siamo sicuri che il problema siano i bambini?

E’ di questa mattina la notizia di una coppia alla quale è stato chiesto di andar via da un ristorante dopo i numerosi inviti da parte dello staff, non accolti, di tenere a bada i propri figli. La situazione è sfociata in una rissa (http://www.trevisotoday.it/cronaca/bambini-chiassosi-al-ristorante-la-cena-di-famiglia-finisce-tra-botte-e-carabinieri.html ). La notizia ha spaccato l’opinione pubblica.

Ovviamente le famiglie si dichiarano sconvolte e richiedono che vi siano locali attrezzati per accogliere i bambini, magari con delle aree dove poterli far correre e sfogare. La controparte  chiede rispetto per il proprio lavoro e attenzione per i pericoli che gli stessi bambini possono correre, se lasciati liberi di scorrazzare in giro per il locale senza che nessuno li controlli. Chi i figli non li porta con sé o non li ha e vuole passare una serata piacevole senza dover tollerare per tutta la sera urla e schiamazzi dei figli degli altri, si schiera al fianco dei titolari del locale.

Io, dal canto mio, posso dire che da bambina ho passato le serate al ristorante della mia infanzia, seduta al mio posto. Sempre. E chi mi conosce sa che sono e sono sempre stata un terremoto, un vulcano di energie.

Non mi è mai stato permesso di alzarmi da tavola, perché mi è stato insegnato che “a tavola ci si sta per mangiare e si rispettano gli altri commensali, ai quali non va dato fastidio, come loro non danno fastidio a noi, perché non siamo a casa nostra”. Da un lato capisco le famiglie che magari non se la sentono di lasciare i bambini a casa con i nonni o con la baby sitter, perché la frenesia di questi tempi, gli permette raramente di passare del tempo con loro.

D’altro canto ritengo, però, che per i bambini sia una noia mortale andare a cena a ristorante, e che forse dovrebbero essere gli adulti ad adattarsi al benessere dei figli che di certo non amano passare 3 ore seduti ad ascoltare discorsi noiosi. Non si possono relegare degli individui che sprizzano energia da tutti i pori su delle sedie scomode. Alla fine finisce che i più pacifici si addormentano e vedi bambini che dormono su pile di cappotti, in braccio ai genitori o i più fortunati nei passeggini. Nella peggiore delle ipotesi vengono tenuti calmi mettendogli davanti il tablet ( molte volte comprato proprio per loro anche se la legge ne vieta l’utilizzo fino ai 12 anni) o un gioco sull’Iphone, se i genitori non sono già presi ad usarlo.

Potrebbe, forse, essere un idea in più, se non è possibile andare nei ristoranti con la Kids Zone ( le aree gioco dedicate esclusivamente a loro, lontane dai commensali) organizzarsi con altri genitori, e pagare una baby sitter che ne tenga 4/5 a casa a giocare tra loro mentre i grandi si rilassano davanti ad un buon vino o ad una succulenta pizza, in pace. Perché il punto è che uscire dovrebbe essere rilassante e piacevole per tutti. In questo modo i bambini sarebbero felici, ed i grandi anche. Tornati a casa coccole nel lettone e ninna per tutti.

Sta dilagando in Italia la tendenza “no kids zone”, normalmente per bambini piccoli da 0 a 8 anni, sempre più diffusa anche nei paesi nordeuropei, da sempre considerati baby friendly. Ristoranti e anche qualche spiaggia dove bambini (e di conseguenza le famiglie) non sono ben accetti. I locali Child Free, non è un segreto che esistano e non è nemmeno così difficile capire perché la loro diffusione sia tale. E’ vero che sono bambini, ma i genitori dovrebbero ricordare che l’educazione è fondamentale.

Io ancora ricordo una sera a cena, quando una bambina è arrivata correndo ed ha sbattuto sul nostro tavolo, rovesciando i bicchieri sui nostri vestiti e ci ha rubato il cestino del pane. Divertente? Dopo una settimana di lavoro, e l’unica uscita settimanale a disposizione, vi assicuro che di divertente non c’è stato niente, soprattutto quando la madre è arrivata dicendo “ Vabbè è solo una bambina” e nemmeno si è scusata.

Il punto è uno ed uno solo e non sono i Bambini, ma la MALEDUCAZIONE.

Non dovrebbe essere vietato ai bambini entrare, povere creature innocenti, ma ai genitori maleducati che pensano che possono liberare i loro figli e riposarsi per cena ( a meno che non ci siano spazi baby friendly nei ristoranti stessi, inseriti però in un contesto di socialità). Esattamente come non dovrebbe entrare chi parla in continuazione al cellulare, chi tiene alta la suoneria del telefonino, chi si crede il padrone del locale, chi fuma a tavola senza dar perso al fatto che il fumo arriva addosso ai commensali che stanno mangiando, rovinandogli la cena. 

Sarebbe forse più giusto un cartello con scritto VIETATO L’INGRESSO AI MALEDUCATI.

E’ certamente più facile per un genitore stressato permettere al proprio figlio, anche in un luogo pubblico, di fare quello che vuole, piuttosto che stare di continuo a sgridarlo. Il problema è a monte. Ai figli andrebbe spiegato a casa come ci si comporta fuori dal contesto familiare, dove ci si può concedere qualche libertà in più. E’ fondamentale insegnare il rispetto per le altre persone. E’ bello poter essere liberi, ma la propria libertà finisce dove inizia quella degli altri. Nessuno vieta ad adulti e bambini di stare tutti insieme in un ambiente giocoso, conviviale, divertente, purché l’esuberanza dei più piccoli non rechi troppo fastidio alle persone adulte presenti.

Il bello di essere bambini è la spontaneità, la fantasia, il correre e ballare senza limiti, il cantare a squarciagola stonati e meravigliosamente fuori tempo senza vergogna.

Portare un bambino in un luogo chiuso, e costringerlo a stare composto su un seggiolone ad annoiarsi per ore, è una vera tortura, e credo che molti di voi lo ricordino ancora.

vietato ingresso ai bambini

Come al solito sono gli estremi ad essere sbagliati. Credo che sia sbagliato che un cartello VIETI l’entrata a chiunque, soprattutto ai bambini. Perché è proprio la negazione di qualcosa che risulta essere offensivo, la limitazione alla libertà di ogni individuo. Piuttosto sarebbe meglio scrivere “ il locale dispone di poco spazio per carrozzine e passeggini, è poco adatto ai bambini più piccoli poiché sprovvisto di fasciatoio ed aree apposite”.

Voi cosa ne pensate? Credete che la mancanza di rispetto sia verso le famiglie o che il problema di fondo sia la maleducazione? L’iniziativa delle Kids Zone e delle Aree Child Free la trovate interessante o credete ci siano altri modi per risolvere la situazione?

Come sempre vi auguro il meglio

Ek.

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La storia si ripete: Roma di nuovo in tilt per colpa della pioggia

E’ un ritornello sul quale ormai tutti i romani sono d’accordo, “Ogni volta che piove a Roma è un disastro”.

A seguito degli ennesimi disagi registrati nella capitale dopo il temporale di domenica 5 novembre è arrivata anche la conferma ufficiale da parte del Codacons, emblematiche sono le parole del suo presidente Carlo Rienzi:  “Sono bastate due ore di pioggia per mandare in tilt strade, viabilità, trasporti e stazioni della metropolitana, e provocare allagamenti con conseguenti disagi per gli utenti. Un film già visto e rivisto centinaia di volte, e una situazione di criticità cronica che rende senza alcun dubbio Roma la peggiore città d’Europa sotto la pioggia, quella cioè dove si vive peggio in caso di maltempo perché non in grado di assicurare servizi basilari ai cittadini e garantire la fruibilità di strade e trasporti pubblici”.

Rienzi continua: ““Dal momento che il temporale era stato annunciato da giorni e considerata l’esperienza degli ultimi anni, ci chiediamo cosa abbia fatto l’amministrazione comunale per evitare l’ennesima giornata da incubo nella capitale, e quali misure siano state adottate per garantire la funzionalità delle stazioni della metro ed impedire gli allagamenti delle strade”.

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L’effetto serra è alla base della vita sulla Terra. Perché è diventato un grosso problema?

Si sente parlare in modo quasi esclusivamente negativo dell’effetto serra, ma in realtà la vita sul nostro pianeta è possibile anche grazie a questo fenomeno naturale, che permette di conservare sulla Terra il calore necessario allo sviluppo di tutte le forme di vita. Vi basti pensare che, senza l’effetto serra, la temperatura media sul nostro pianeta sarebbe -18°.

terra

COME AVVIENE L’EFFETTO SERRA?

Durante il giorno i raggi del Sole penetrano nella nostra atmosfera e riscaldano la superficie terrestre. Durante la notte la Terra perde calore sotto forma di raggi infrarossi, i quali tornano nello spazio, ma una parte di questi viene bloccata dai cosiddetti gas serra, in particolare dall’anidride carbonica. Ciò permette al nostro pianeta di mantenere una temperatura mite e temperata.

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DUE TIPI DI EFFETTO SERRA

Effetto serra naturale: è l’effetto naturale descritto nel paragrafo precedente che consente al nostro pianeta di mantenere una temperatura media di +15°. Senza di esso la temperatura media scenderebbe vertiginosamente a -18° e molte forme di vita non riuscirebbero a sopravvivere.

Effetto serra antropico: è uno dei principali problemi ambientali di cui discutono i leader mondiali. L’effetto serra antropico è quello provocato dalle attività umane come le industrie, l’allevamento e l’agricoltura, ma non solo. Anche per il riscaldamento della nostra casa o per quello della nostra auto vengono prodotte ingenti quantità di anidride carbonica, che contribuiscono ad intensificare l’effetto serra e di conseguenza il riscaldamento globale.

Altra attività umana altamente responsabile dell’aumento di temperatura sul nostro pianeta è la costante riduzione di superfici agricole e boschive. Privandoci dell’aiuto delle piante, che con la fotosintesi clorofilliana trasformano l’anidride carbonica in ossigeno, stiamo condannando la Terra a delle conseguenze disastrose.

effetto serra industrie

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’EFFETTO SERRA?

L’aumento della temperatura media del nostro pianeta sta provocando degli sconvolgimenti climatici di grande portata, come lo scioglimento dei ghiacci, un numero sempre crescente di uragani e tornadi,  l’innalzamento del livello degli oceani di un metro e mezzo. In particolare, in Italia, c’è il rischio che tra qualche decennio la città di Venezia possa ritrovarsi completamente sommersa dalle acque. Lo stesso rischio viene corso da chilometri di coste che potrebbero essere cancellate dall’innalzamento del livello dei mari.

PROTOCOLLO DI KYOTO

Nel 1997, gli studi condotti dall’IPCC (Intergovernmental panel on climate change), un comitato scientifico internazionale dell’ONU, hanno portato alla creazione di un accordo internazionale, noto come Protocollo di Kyoto, in cui i paesi aderenti si impegnano ad adottare dei provvedimenti per ridurre la produzione dei gas serra e il conseguente riscaldamento globale.

Carne sintetica: Un’alternativa valida?

COSA POSSIAMO FARE NOI?

  1. Ridurre il consumo di combustibili fossili (petrolio, gas carbone) per produrre energia, in modo da ridurre la produzione di anidride carbonica, in poche parole non abusare del riscaldamento sia in casa che in auto.
  2. Aumentare la superficie di verde nelle nostra città. Piantare un albero o prendersi adeguatamente cura delle piante nel nostro giardino può essere un primo passo per dare modo alla fotosintesi clorofilliana di eliminare più anidride carbonica possibile.
  3. Passare a forme di energia rinnovabili e poco inquinanti come quella solare o quella eolica.

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Carne sintetica: Un’alternativa valida?

La carne artificiale o carne in vitro viene creata prelevando cellule muscolari da tessuti animali e nutrendo tali cellule con proteine che aiutano il tessuto a crescere e a riprodursi.

Il primo hamburger “in provetta” di carne bovina venne presentato nel 2013 in una conferenza stampa a Londra, prodotto da un team di scienziati della Maastricht University in Olanda. La prima cosa che risalta è il prezzo, 330mila dollari per un hamburger di 250 gr.

Lab-grown beef presented in London

Lo chef Richard McGeown la cucinò per un numero ristretto di assaggiatori, tra cui l’autore del libro “TASTE OF TOMORROW” Josh Schonwald e la ricercatrice austriaca, nonché critica culinaria Hanni Rützler  di Future Food Studio che al riguardo disse: “Per me è carne, è qualcosa che posso masticare e credo che l’aspetto sia decisamente simile”, tuttavia aggiunse che, seppure la consistenza fosse perfetta e avesse un sapore intenso, la mancanza di grasso non la rendeva particolarmente succosa e appetitosa come la carne tradizionale.

Le indagini di mercato condotte dal 2013 al 2017 hanno rilevato una certa diffidenza da parte dei futuri consumatori, poco ispirati dall’origine artificiale del prodotto e, probabilmente, spaventati dal prezzo esagerato.

La startup americana Memphis Meat nel marzo del 2017 ha creato in laboratorio la prima carne di pollo e anatra partendo da tessuti animali. Il metodo è lo stesso usato dal team olandese dell’università di Maastricht. ll team ha prelevato dai muscoli le cellule staminali, e le ha poi sviluppate in filamenti adagiandole su supporti specifici. Per creare la carne sintetica, i filamenti utilizzati sono stati 20 mila. L’azienda americana promette di migliorare il prodotto e di renderlo disponibile sul mercato entro 5 anni.

POLLO E ANATRA

DIFFERENZE TRA CARNE TRADIZIONALE E CARNE SINTETICA

La prima differenza sostanziale sta nel prezzo esorbitante della carne sintetica, gli scienziati che ci stanno lavorando assicurano che grazie al miglioramento della tecnologia utilizzata per produrla, il prezzo potrebbe diminuire drasticamente in tempi brevi.

La volontà di produrre grandi quantità di carne sintetica potrebbe richiedere l’aggiunta di ormoni della crescita artificiali, con conseguenze negative sulla nostra salute.

D’altro canto gli scienziati americani e olandesi hanno ipotizzato che si possano inserire principi nutritivi utili per il nostro benessere, come ad esempio acidi grassi Omega3 che di solito troviamo in grandi quantità nel pesce.

Comprare consapevolmente: Quanto è importante leggere le etichette?

La carne artificiale sarebbe meno esposta a batteri e a decomposizione e si manterebbe più a lungo. Inoltre sarebbe sottoposta a controlli molto più specifici e meticolosi della carne tradizionale.

In maniera lungimirante si sta anche pensando che è possibile ricreare il tessuto muscolare di qualsiasi animale, anche l’essere umano. Questo è importantissimo perchè potrebbe anche avere applicazioni mediche.

All’inizio bisognerebbe combattere la diffidenza della gran parte delle persone nei confronti di un prodotto visto come non naturale e che tuttora viene definito “FRANKENMEAT”, la stessa diffidenza che si respira nei confronti degli OGM, in maniera certamente amplificata.

Il gusto della carne artificiale potrebbe risentire della mancanza totale di grasso, ma potrebbe rivelarsi particolarmente adatta ai bambini e a chi ha problemi di colesterolo.

RISVOLTI AMBIENTALI

Tutti i ricercatori impegnati nello studio della carne artificiale sono concordi nell’affermare che l’impatto ambientale della carne sintetica è significamente minore rispetto a quello della carne da macello. Mentre l’industria dell’allevamento tradizionale è responsabile di circa il 18% dei gas serra, la produzione di carne sintetica ne emetterebbe solo il 4%.

Grazie alla produzione di carne sintetica si avrebbe un grande risparmio di energia, di acqua e di terra. In poco tempo si riporterebbe la terra allo stato vergine, con il conseguente ripopolamento anche da parte degli animali selvatici. Senza contare il fattore più ovvio, non sarebbe più necessario macellare ogni anno migliaia di mucche, pecore o in generale animali d’allevamento di ogni tipo.

POSIZIONI ETICHE AL RIGUARDO

I bioeticisti dichiarano che  “La carne sintetica ferma le crudeltà nei confronti degli animali, è migliore per l’ambiente, può essere più sicura, efficiente e anche più salutare.”

All’interno della corrente vegetariana le reazioni sono ambigue, una corrente è favorevole alla carne artificiale in quanto non possedendo sistema nervoso, la carne non può sentire dolore. Una frangia più estremista  considera la carne sintetica presentata nel 2013 non vegetariana, dal momento che è stato utilizzato siero fetale del vitello nel mezzo di coltura.

DUBBI

DUBBI

Ci sono degli interrogativi ai quali non sono ancora state date risposte esaurienti.

Che tipo di proteine vengono utilizzate, se riescono a mantenere le stesse proprietà nutritive della carne vera?

Sarebbe bello poter imporre alle aziende il cruelty free per quanto riguarda gli animali da macello, che dovrebbero poter condurre una vita dignitosa. Probabilmente non è economicamente conveniente tenere un comportamento così rispettoso della natura per le aziende produttrici?

Nulla toglie che le due tipologie di carne possano coesistere e sia il consumatore a poter scegliere quale utilizzare, ma il consumatore medio è già pronto per un cibo tanto innovativo e con un prezzo così proibitivo?

Voi che ne pensate? La assaggereste una bistecca sintetica o degli arrosticini in provetta?

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Lavorare i festivi, sicuri che sia questo il vero problema?

lavorare festivi

Al giorno d’oggi la nostra generazione sempre più spesso si trova a dover affrontare innumerevoli colloqui di lavoro per riuscire ad arrivare ad una assunzione, la guerra è spietata e la maggior parte delle volte ci si presenta in tantissimi per un unico posto.

E così ci ritroviamo ad accettare condizioni lavorative che non approviamo e che ci fanno soffrire, distanze abissali da casa all’ufficio, trasferimenti in altre città, orari di lavoro lunghi e massacranti, nessun ticket per il pranzo, stipendi che partono dai 300 euro mensili utilizzando contratti di stage o di apprendistato. Per non parlare dell’assenza della meritocrazia, delle zero tutele per genitori e donne, dell’assenza di una vita oltre al lavoro,  perché se vuoi avere una vita privata sei un pigro e non ti va di lavorare “ fare 10 – 20 è il minimo se vuoi lavorare qui”.

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Parliamoci chiaro, la condizione lavorativa è pessima per la maggior parte di noi e lo sappiamo tutti.

Il punto non è se sia giusto o sbagliato che le attività commerciali siano aperte di domenica e festivi. Il punto fondamentale è il trattamento economico e contrattuale che viene dato ai lavoratori nell’ambito del commercio.

Il loro trattamento economico dovrebbe prevedere una maggiorazione  di stipendio nelle giornate festive e la possibilità di turni per permettere a tutti di godere di almeno una festività a scelta. Esattamente come dovrebbe prevedere il pagamento degli straordinari  dopo le otto ore lavorative, perché non è tanto il lavorare 10 ore (in realtà è sbagliato, e dovrebbe essere facile per il datore di lavoro poter assumere due persone part-time a sei ore con sgravi fiscali per evitare di  incidere sullo stipendio del lavoratore), l’errore sta nel pagare o sottopagare il lavoro nell’ambito del commercio.

Il problema non consiste tanto nell’apertura nei giorni festivi, perché ormai nel 2017 non possiamo permetterci di tornare indietro e non essere al passo con la globalizzazione. Ci sono attività, come la ristorazione, le forze armate, la sanità, ma anche gli stabilimenti balneari per tutta la stagione estiva, che non si possono concedere sabati, domeniche e altre festività. Tante attività prevedono di lavorare quando gli altri non lavorano, pensiamo ad esempio alle occupazioni notturne.

Non possiamo pensare di lavorare tutti dalle 8 alle 16 dal lunedì al venerdì, ci sono lavori che inevitabilmente necessitano di turnazioni durante i festivi. Potete boicottare i centri commerciali durante la domenica e le festività, ma considerate che alcune persone lavorando dalle 10 alle 20,  non hanno mai il tempo di concedersi una giornata di shopping se non durante la domenica o durante le feste, e molte altre, che lavorando dalle 9 alle 19 non hanno tempo, se non dopo le ore 20, di fare la spesa.

È proprio il mercato del lavoro a dover cambiare, ma la nostra società è troppo radicata per permettere un cambiamento deciso. Quindi abbiamo donne che fanno la spesa alle nove di sera perché tutto il resto del tempo nella giornata lo hanno passato lavorando o girando come trottole dietro ai figli e alla casa.

Se vuoi lavorare in Italia, attento a quello che scegli di studiare!

Viviamo in un paese dove i lavoratori vengono trattati come dei rompiscatole pretenziosi che si lamentano perché vorrebbero, oltre che lavorare, vivere la propria vita. In questo sistema sbagliato ci siamo dentro tutti. La carenza di lavoro fa sì che le persone accettino di lavorare in condizioni vergognose,  questo alimenta la richiesta di personale sempre più preparato, ma di manodopera a bassissimo costo, a discapito di professionisti e delle famiglie che alla fine non arrivano più a fine mese.

Quindi invece di concentrarci sul problema delle chiusure delle attività commerciali durante le festività, dovremmo preoccuparci soprattutto delle condizioni lavorative del paese nel quale viviamo, e delle quali non ci lamentiamo abbastanza.

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Convivenza? Si, grazie

L’idea di andare a convivere mette paura.

Ci vuole coraggio e, una volta iniziata l’avventura insieme, una grande pazienza e perseveranza.

Per questo dovete assolutamente farlo!

Convivere con un’amica/o o ancora meglio con la persona amata, è un’esperienza incredibile, alla quale non potete rinunciare solo perché bloccati da insicurezze infantili.

Condividere la casa con un’altra persona vi metterà alla prova, certo, ma cambierà anche la prospettiva della vostra quotidianità. Convivere vi regalerà sorrisi inaspettati e momenti di pura ilarità.

Vi renderete conto di quanto non fossero poi così assurde certe raccomandazioni di vostra madre. “E’ un’ora che sei sotto la doccia, lasci un po’ di acqua calda pure a noi? Appena hai finito togli i capelli dallo scarico e passa la pezzetta sul vetro della doccia.”, “Non puoi tenere le luci di tutta casa accese”, ” Raccogli i calzini e mettili nel cesto dei panni sporchi”. Queste sono tutte cose ovvie, che saranno la normale evoluzione del vivere senza genitori, sarete voi gli adulti e dovrete occuparvi di tutto, senza sconti.

Ma oggi parleremo della convivenza intesa come vivere insieme e non  delle inevitabili problematiche che il vivere senza “ mamma che fa tutto”, vi porterà ad affrontare. La fatica del vivere da soli c’è. Ma non c’entra il vostro partner, a meno che non abbiate già vissuto da soli prima.

Non possiamo dire che sia una passeggiata di salute, difficilmente tutto quello che l’altra persona farà vi andrà a genio. Ma vi sarà subito chiaro che il gioco vale la candela.

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Non vi entusiasma l’idea di gironzolare con lo spazzolino in bocca per casa mentre il vostro partner si intrufola furtivo in bagno e vi chiude fuori per almeno mezz’ora? Immaginate la poesia di essere svegliati dal profumo dolce del caffè e dalla voce soave del vostro amore che vi incita ad iniziare l’ennesima giornata di lavoro. Dopo una decina di sbadigli vi trascinate in cucina e la tavola è già apparecchiata per due, con qualsiasi tipo di leccornia, una colazione degna di un hotel extra lusso.

La convivenza è piena di momenti meravigliosi, non solo discussioni su chi metterà a fare la lavatrice o su chi pulirà i pavimenti. Potrebbe servire fare un plan sul chi fa cosa, ma se qualche volta non lo farà nessuno e resterà tutto com’è, non accadrà niente di grave, perché ora siete a casa vostra, e siete solo voi a decidere quando e come fare le faccende, voi a decidere quando e come lavare i panni, i pavimenti, le tapparelle, i lampadari, il corrimano e se farlo o no!

Date retta a me, fregatevene, la casa non deve sempre sembrare uno specchio, certo è una casa e non una palude, ma organizzandovi potrete gestire il vostro tempo al meglio per fare anche altro. La cosa che dovete tenere bene a mente è Di-ver-ti-te-vi!

Lasciatevi andare, imparate a divertirvi insieme.

Convivere è guardare abbracciati la tv, cucinare insieme, chiacchierare la sera a cena di tutto quello che è successo durante la giornata, dormire fino a tardi tenendosi la mano,  fare le puzzette nel letto e poi ridere, abbracciarsi mentre si lavano i piatti, piangere, sbuffare, fare l’amore, scoprire che passare il week end a casa sotto le lenzuola, insieme, è probabilmente la migliore terapia per la felicità.

Condividerete tutto, l’armadio, la scrivania, i cibi sfiziosi e quelli più sani, le piccole e  grandi cose saranno più facili insieme. Stare accanto alla persona amata nel bene e nel male, anche quando dovrete tenergli i capelli per un attacco di nausea dovuto ai bagordi della sera prima.

La convivenza spaventa, così come il matrimonio, ma  i cambiamenti fanno sempre paura. Ci piace crogiolarci nelle situazioni che conosciamo, nella nostra zona cuscinetto, ma non c’è niente di meglio che lanciarsi col paracadute ad alta quota. Avrete una paura fottuta prima di lanciarvi, ma una volta in cielo, vi renderete conto che il gabbiano Jonathan Livingston aveva ragione da vendere e che volare senza una rete protettiva sotto di voi è la cosa più emozionante che esista.

Quindi aprite le vostre ali e gettatevi nel vuoto!

Ek

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