UNO SGUARDO CHE PARTE DA NOI
Quando mi capita di parlare con amici, colleghi o lettori del blog, emerge spesso la stessa domanda:“Perché sembra che gli altri Paesi crescano e noi no?”.
Non è solo una percezione: molte persone notano che in altri Paesi europei gli stipendi aumentano con più regolarità, i servizi pubblici funzionano meglio, i benefit aziendali sono più diffusi e il costo della vita rapportato ai salari, risulta più sostenibile.
Nel mio percorso di studio e lavoro, noto spesso quanto queste differenze creino un senso di frustrazione. Non perché l’Italia non abbia potenzialità, ma perché troppo spesso la crescita economica non riesce a trasformarsi in un vero miglioramento del benessere quotidiano delle famiglie.
Ed è proprio per questo che i dati diventano importanti: aiutano a distinguere le percezioni dalle dinamiche reali. Uno dei più significativi arriva da Eurostat: negli ultimi vent’anni, il reddito reale delle famiglie è aumentato in quasi tutta l’Unione Europea, mentre in Italia e Grecia è diminuito.
Capire perché è il primo passo per costruire una crescita più solida, individuale e collettiva.
IL DATO: COSA SIGNIFICA DAVVERO REDDITO PRO CAPITE
Quando parliamo di reddito pro capite, in questo caso ci riferiamo al reddito reale disponibile delle famiglie, una delle misure più affidabili del benessere economico.
Include redditi da lavoro e da attività autonome, trasferimenti sociali, tasse e contributi, il tutto corretto per l’inflazione. In altre parole, non misura solo “quanto guadagniamo”, ma quanto quei guadagni riescono davvero a sostenere la nostra vita quotidiana.
Secondo Eurostat, tra il 2004 e il 2024 l’UE è cresciuta di oltre il 20%, mentre l’Italia e la Grecia hanno registrato un leggero ma significativo arretramento. Questo non significa che ogni famiglia stia peggio, ma che nel complesso il potere d’acquisto medio si è assottigliato.
Per esempio, nello stesso periodo alcuni Paesi europei hanno registrato aumenti molto significativi del reddito reale delle famiglie: la Romania ha visto una crescita di oltre il 134%, la Lituania del 95% e la Polonia del 91%. Economie che, pur partendo da livelli più bassi, hanno spinto con decisione su innovazione, digitalizzazione e investimenti, riuscendo così ad aumentare rapidamente il tenore di vita delle famiglie.
PERCHÉ SOLO ITALIA E GRECIA SONO “IN ROSSO”?
IL CASO GRECIA: UNA CRISI PROFONDA
La Grecia ha vissuto una vera e propria emergenza economica dopo il 2010:
- crollo del PIL di oltre un quarto
- austerità pesante
- tagli a salari e pensioni
- riduzione drastica della spesa pubblica
Secondo l’European University Institute, il PIL reale greco non ha ancora recuperato i livelli pre-crisi e potrebbe impiegare ancora anni per farlo.
IL CASO ITALIA: LA “STAGNAZIONE LENTA”
La nostra storia è diversa ma altrettanto significativa.
Negli ultimi vent’anni l’Italia ha vissuto una fase di crescita molto lenta. La produttività ha fatto fatica ad aumentare, i salari reali sono rimasti quasi fermi e l’occupazione — soprattutto quella femminile e giovanile — è cresciuta più lentamente rispetto alla media europea. A questo si è aggiunto un debito pubblico elevato, che ha ridotto la possibilità di investire con continuità in innovazione, digitalizzazione e infrastrutture. Così, anche quando il PIL è tornato ai livelli pre-2008, il reddito delle famiglie non ha seguito lo stesso percorso.
IL RUOLO DEL LAVORO IN NERO: C’ENTRA, MA NON È L’UNICA CAUSA
In Italia e in Grecia l’economia sommersa è più alta della media europea.
Il lavoro in nero influisce in molti modi. Da un lato riduce le entrate dello Stato, perché una parte dell’economia non contribuisce con tasse e contributi: questo limita le risorse per servizi, welfare, scuola e investimenti pubblici. Dall’altro lato aumenta il peso fiscale su chi paga tutto regolarmente, creando una sensazione diffusa di ingiustizia.
C’è poi un impatto sulla qualità del lavoro: molte attività irregolari sono poco tutelate, mal retribuite e legate a realtà produttive che faticano a innovare. Questo rallenta l’intero sistema. Infine, la ricchezza prodotta in nero non entra nelle statistiche ufficiali: i dati possono risultare più bassi della realtà, ma questo non cambia la sostanza — un’economia con molta irregolarità cresce più lentamente.**
PERCHÉ GLI ALTRI PAESI SONO CRESCIUTI DI PIÙ
PRODUTTIVITÀ: IL VERO DIFFERENZIATORE
Paesi come Polonia, Irlanda, Germania, Lituania e Malta hanno puntato con forza su tecnologia, digitalizzazione, infrastrutture e formazione continua. Questo ha permesso alle imprese di produrre più valore e di far crescere i salari in modo più stabile. La produttività — cioè quanto riusciamo a generare in un’ora di lavoro — è stata il vero motore della differenza: dove è aumentata, anche il benessere delle famiglie è migliorato.
DEMOGRAFIA E LAVORO
L’Italia invecchia rapidamente e le fasce più giovani sono meno presenti nel mercato del lavoro rispetto alla media europea. Altri Paesi hanno puntato su una maggiore partecipazione femminile, sull’inserimento dei giovani e su politiche attive che facilitano la transizione tra studio e lavoro. Questo ha ampliato la base produttiva e ha sostenuto la crescita.
ISTITUZIONI E RIFORME
Molti Paesi che sono cresciuti più velocemente hanno dedicato attenzione alla qualità delle istituzioni: procedure più snelle, servizi pubblici digitali, regole chiare e tempi rapidi nelle decisioni. Per le imprese questo significa poter programmare con maggiore sicurezza, affrontare meno burocrazia e investire con più coraggio.
FINANZA PUBBLICA
Chi aveva meno debito pubblico ha potuto:
- tagliare le tasse sul lavoro
- sostenere le famiglie durante le crisi
- investire in scuola e innovazione
Noi, invece, abbiamo dovuto muoverci con più cautela.
COSA POSSIAMO IMPARARE DA QUESTI 20 ANNI
Nel mio lavoro ho visto spesso come il cambiamento non dipenda solo da una grande manovra, ma da una serie di scelte coerenti, fatte giorno dopo giorno.
Lo stesso vale per un Paese.
L’Italia ha enormi potenzialità:
- talenti diffusi
- imprese creative
- eccellenze tecnologiche
- una qualità della vita apprezzata nel mondo
Ma serve un ecosistema che permetta a tutto questo di trasformarsi in valore, e poi in redditi.
SI PUÒ MIGLIORARE CON LE POLITICHE ATTUALI?
Negli ultimi anni l’Italia ha avviato riforme importanti: investimenti legati al PNRR, digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, incentivi per l’innovazione delle imprese e misure per sostenere l’occupazione femminile e giovanile. Sono passi nella direzione giusta, perché toccano proprio i punti deboli storici del Paese: produttività bassa, burocrazia complessa e un mercato del lavoro che fatica a includere tutti.
Queste politiche possono migliorare il reddito delle famiglie se diventano continuità e non eccezione. Gli investimenti devono essere completati, le imprese devono crescere e innovare, e più persone devono poter accedere a un lavoro stabile e qualificato. Ridurre l’economia sommersa, investire nelle competenze digitali e rendere più semplice fare impresa sono leve che fanno la differenza.
Naturalmente ci sono ostacoli: il debito pubblico elevato, la bassa natalità e la lentezza istituzionale restano sfide cruciali. Ma molti Paesi che oggi crescono velocemente, come Irlanda, Portogallo e diversi Stati dell’Est Europa, vent’anni fa erano in difficoltà. Hanno cambiato traiettoria grazie a riforme mirate, investimenti consistenti e una forte continuità nel tempo.
L’Italia non parte da zero: ha talento, creatività, manifattura avanzata, tecnologia e un patrimonio culturale e sociale unico. Se le politiche attuali saranno portate avanti con coerenza e determinazione, il reddito pro capite potrà tornare a crescere.
Come direbbe Peter Drucker:
“La cultura mangia la strategia a colazione.”
E se la cultura economica e istituzionale evolve, la crescita diventa possibile.
UNA RIFLESSIONE FINALE PER CONTINUARE A CRESCERE
Capire perché il reddito pro capite è sceso non è un esercizio di pessimismo, ma un modo per guardare con lucidità ciò che possiamo ancora migliorare.
Ogni sistema può cambiare, e lo può fare più velocemente di quanto pensiamo.
Le famiglie, le imprese, le istituzioni: ognuno ha un pezzo in mano.
Come diceva Seneca:
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.”
E forse, oggi, la nostra forza sta proprio qui: nel scegliere la direzione.
Ek.
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