Lun. Dic 15th, 2025

LA LEZIONE DI LEGO: A VOLTE LA SCELTA PIÙ SAGGIA È FERMARSI E ASCOLTARE

Cartello giallo “Stop and Listen” accanto a una nave LEGO illuminata dal tramonto, simbolo della pausa necessaria per ascoltare e ritrovare chiarezza.
Un invito visivo alla lezione di LEGO: fermarsi, ascoltare e tornare a ciò che conta davvero.


UNA STORIA CHE PARTE DA UN PICCOLO MATTONCINO

A chi non è capitato almeno una volta nella vita di montare un set LEGO o di ritrovarsi tra le mani un mattoncino colorato. L’altro giorno, mentre stavo assemblando un piccolo set natalizio, mi è tornata alla mente una delle storie più incredibili del panorama aziendale moderno. Una storia che porta con sé un paradosso affascinante: quel mattoncino che stavo incastrando, così semplice e familiare, avrebbe potuto non esistere affatto.

LEGO, infatti, è stata a un passo dal scomparire. Eppure, da quella crisi è nata una delle rinascite più sorprendenti degli ultimi decenni. È una vicenda che continua a colpirmi ogni volta che la ripenso, perché racconta qualcosa che viviamo tutti, molto più spesso di quanto crediamo: quel momento in cui ci troviamo davanti a un bivio e siamo convinti che la soluzione sia correre, fare di più, aggiungere, investire, complicare, crescere. Quando invece, la scelta più saggia è fermarsi.



UNA LEZIONE NASCOSTA DIETRO UN PICCOLO DETTAGLIO

Ci sono momenti, nella carriera come nella vita personale, in cui sembra impossibile rallentare. Ci diciamo che non possiamo permettercelo, che il tempo scarseggia, che gli altri vanno avanti e non possiamo restare indietro. Eppure, alcune delle decisioni migliori nascono proprio lì: nel silenzio, nella pausa, in quel piccolo spazio che ci concediamo per ascoltare davvero ciò che conta. E mentre montavo quel piccolo set, non ho potuto fare a meno di pensare che LEGO attraversò esattamente questo passaggio: una crisi profonda che la costrinse a respirare, a guardarsi dentro e ad ascoltare ciò che aveva smesso di sentire.

Ed è proprio qui che inizia la parte più sorprendente della sua storia, quella che difficilmente emerge nei racconti più tecnici. Per capire davvero come LEGO sia passata dal rischio di chiudere a diventare un gigante globale, dobbiamo fare un passo indietro e vedere cosa stava succedendo dentro l’azienda quando tutto sembrava crollare.


COME LEGO HA RISCHIATO DI SPARIRE

All’inizio degli anni Duemila, LEGO era sull’orlo del fallimento. Nel 2003 registrò una perdita di circa 300 milioni di dollari, la peggiore della sua storia. L’azienda stava inseguendo troppe direzioni: videogiochi, parchi a tema, collezioni di abbigliamento, gadget tecnologici, nuovi pezzi su nuovi pezzi. Ogni reparto spingeva per ampliare, aggiungere, moltiplicare.

L’idea alla base era semplice, eppure profondamente sbagliata: “Se facciamo di più, cresceremo.”

In realtà, “fare di più” stava distruggendo l’identità stessa del marchio. LEGO era diventata complessa, costosa e dispersiva. Soprattutto, aveva smesso di ascoltare chi conosceva davvero il prodotto: i bambini e le famiglie.


IL MOMENTO DI SVOLTA: LEGO SI FERMA

Quando nel 2004 arrivò il nuovo CEO, Jørgen Vig Knudstorp, disse una frase che segnò l’inizio della rinascita:

“Non dobbiamo diventare più grandi. Dobbiamo diventare più rilevanti.”

In un contesto in cui chiunque, davanti a una crisi, spinge sull’acceleratore, LEGO scelse la via più controintuitiva: si fermò.

Bloccò i progetti non redditizi, tagliò ciò che non funzionava, ridusse la complessità e decise di ascoltare davvero. Non banchieri. Non consulenti. Non manager. Ma i clienti.

Gli studi condotti tra il 2004 e il 2005 rivelarono una verità disarmante: i bambini non desideravano giocattoli più digitali, narrativi o tecnologici. Volevano ciò che LEGO aveva sempre fatto meglio: costruire, smontare, ricostruire, immaginare.


TOGLIERE PER RITROVARE SÉ STESSI

La rinascita di LEGO non passò dall’aggiungere, ma dal togliere.

L’azienda ridusse del 50% i pezzi diversi, eliminò le linee poco coerenti, riportò al centro il mattoncino classico e semplificò il modo di progettare. Tornò a un dialogo diretto con i bambini, chiedendo loro di testare, provare e commentare i prototipi.

Nel giro di cinque anni, LEGO aumentò i profitti del 700%. Nel 2015 diventò la più grande azienda di giocattoli al mondo.

Una rinascita costruita non sulla corsa, ma sulla chiarezza.


COSA PUÒ INSEGNARCI LEGO QUANDO NOI NON SAPPIAMO CHE STRADA PRENDERE

La storia di LEGO non parla solo di business. Parla di noi, di ogni volta che nella vita personale o professionale ci troviamo davanti a una scelta difficile.

A volte pensiamo che la soluzione sia fare di più, aggiungere, spingere, correre.

E invece LEGO ci ricorda che spesso la strada corretta è un’altra: rallentare, guardare, ascoltare.

Non sono i soldi a fare la differenza.

Non è la complessità a salvare una situazione.

Non è il “fare tanto” a risolvere.

La differenza la fa la scelta di ascoltare le persone giuste.

E nella vita, le persone giuste sono quelle che vivono davvero l’impatto delle nostre decisioni: clienti, colleghi, partner, famiglie. E, quando si tratta di scelte personali, siamo noi stessi — la parte di noi che spesso zittiamo perché siamo troppo impegnati a correre.


UNA BUSSOLA PER IL FUTURO

La storia di LEGO ci offre una bussola semplice e potente:

prima di muoverti, ascolta.

prima di espanderti, chiarisci.

prima di complicare, torna a ciò che conta.

Come disse Peter Drucker, uno dei più grandi pensatori del management moderno:

“La cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto.”

E a volte è proprio lì, nel non detto, che troviamo la direzione che stavamo cercando.

Ek.

RIPRODUZIONE RISERVATA.

di ErikaStreppa

Ciao sono Erika, questo blog si chiama “Cose Così” perché qui trovi davvero un po’ di tutto: dall’attualità alla musica, dalla politica alle curiosità passando per libri, economia, organizzazione e riflessioni. Sono un ingegnere con un master in economia, ma soprattutto una persona curiosa che ama osservare il mondo e raccontarlo in modo semplice e diretto. Mi piace prendere temi complessi, dall’economia ai piccoli dilemmi quotidiani, e renderli chiari, fruibili e vicini alla vita di tutti i giorni. La mia filosofia si racchiude nella frase “Se non riesci a spiegarlo in maniera semplice, allora non l’hai capito abbastanza bene”. Scrivo di “cose così”, argomenti che ci fanno riflettere, sorridere, discutere e, qualche volta, anche cambiare prospettiva.

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