Maggio 2022

La maledizione de “Il Club dei 27” – Le teorie complottistiche

La storia delle misteriose morti di alcuni miti della musica internazionale, accomunati dall’età in cui persero la vita, ma non solo

Le leggende e i racconti romanzati nel mondo della musica sono all’ordine del giorno. Anche grazie a congetture e racconti non sempre veritieri, si contribuisce a rendere ancora più iconici certi artisti. L’argomento di cui tratteremo oggi però è leggermente diverso. Il famigerato Club dei 27 non è un qualcosa di opinabile. Ha destato immenso interesse perché riguarda cantanti rock e non solo, di una certa fama.

I primi illustri “soci” del club

Fra il 1969 e il 1971 il mondo della musica venne scosso da una serie di morti improvvise con caratteristiche comuni fra loro. Il primo fu Brian Jones, polistrumentista dei Rolling Stones, trovato morto a soli 27 anni  sul fondo della piscina della sua casa nel Sussex il 3 luglio del 1969. Un anno dopo ci lasciò alla stessa età Jimi Hendrix, colui che è stato riconosciuto come uno dei migliori chitarristi di sempre. Nell’ottobre del 1970 toccò a Janis Joplin. Se ve lo state chiedendo, sì, anche la cantautrice statunitense morì alla fatidica età.

Ma non finisce qui! Il 3 luglio dell’anno successivo, il corpo di Jim Morrison, leader dei The Doors, venne ritrovato senza vita in una vasca da bagno. A 27 anni anche lui. Questi nomi illustri della musica internazionale furono i primi e più significati rappresentanti del Club dei 27. Oltre all’età nel momento della morte, questi artisti avevano altri tratti in comune. Erano tutti all’apice della propria carriera e la loro scomparsa è avvolta da un alone di mistero. Il British Medical Journal nel 2011 pubblicò uno studio in cui dichiarò che non esiste un rischio maggiore di morte per gli artisti di 27 anni. Non sarebbe stato semplice dimostrare il contrario.

Il culto del Club e le teorie complottistiche

Si tratta senza dubbio di una coincidenza che ha alimentato parecchio interesse e la creazione di numerose teorie complottistiche sulle presunte cause di morte dei musicisti suddetti.

Venivano tirati in ballo la CIA, i servizi segreti, gli alieni. C’è persino chi sostiene che alcuni di loro siano ancora vivi e si godano la vita tutti insieme in una nuova Woodstock. Secondo alcune congetture gli appartenenti a questo club virtuale sarebbero stati fatti fuori a causa della loro influenza sovversiva sulle masse. In particolare su Jimi Hendrix si disse che a molti non andava giù il fatto che finanziasse le Black Panthers.

Gli esponenti del club più recenti

Il termine giornalistico “Club dei 27” nacque in tempi relativamente recenti. Nel 1994, con la morte di Kurt Cobain, leader dei Nirvana, gli appassionati di rock cominciarono a ricollegare le scomparsi dei vari pezzi da 90 del mondo della musica.

L’ultima volta in cui tale maledizione ha riguardato un artista di fama mondiale, è stato nel luglio 2013, quando morì la cantante soul Amy Winehouse, pare a causa di un’intossicazione da alcolici e sostanze stupefacenti. Le morti dei famigerati membri di questo macabro club sono tutte avvenute o per suicidio, o per incidenti stradali o addirittura per omicidi.

Il Club dei J27

Forse ci avete già fatto caso, ma alcuni dei musicisti sopra citati, oltre ad essere morti all’età di 27 anni, hanno in comune la lettera J come iniziale del nome o del cognome: Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin e Jim Morrison. Vediamo insieme come ebbe fine la vita di questi 4 miti della musica.

BRIAN JONES –  (Cheltenham, 28 febbraio 1942 – Hartfield, 3 luglio 1969)

Il polistrumentista dei Rolling Stones morì il 3 luglio 1969 in circostanze mai del tutto chiarite. Venne ritrovato annegato nella piscina di casa sua dopo aver assunto una massiccia quantità di alcol e droga. Alcuni hanno paventato l’ipotesi che potesse trattarsi di omicidio.

JIMI HENDRIX – (Seattle, 27 novembre 1942 – Londra, 18 settembre 1970)

Il Dio delle sei corde, performer impareggiabile e ricco di talento, morì a Londra il 18 settembre 1970 soffocato da un conato di vomito provocato da un mix di alcol e tranquillanti.

JANIS JOPLIN – (Port Arthur, 19 gennaio 1943 – Los Angeles, 4 ottobre 1970)

Morì pochi giorni dopo Hendrix, di cui si vociferava fosse l’amante. Venne ritrovata nella sua stanza d’albergo a Los Angeles, stroncata da un’overdose di eroina.

JIM MORRISON – (Melbourne, 8 dicembre 1943 – Parigi, 3 luglio 1971)

L’iconico leader dei Doors fu trovato senza vita il 3 luglio 1971 nella vasca da bagno di casa sua. Lo scoprì la sua innamorata Pamela. Rimagono molte incognite sulla causa della sua morte, dato che non venne mai svolta un’autopsia sul suo corpo.

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FOTO: 5ant.wordpress.com

Governo Draghi – “C’è grossa crisi”, colpo di scena in vista?

E’ un momento molto delicato per l’Europa e più nello specifico per la politica e l’economia italiana, ma c’è chi predica unità

Today is the day! Il presidente del Consiglio è atteso in Parlamento per riferire sullo stato dell’arte della crisi Ucraina. Nelle ultime settimane sono stati fittissimi i colloqui fra Draghi e i vari leader internazionali.

La situazione non è propriamente semplice. Aleggia l’ombra di una crisi sul premier e i suoi ministri. Troppe le divergenze sulla decisione delle armi da inviare in Ucraina, soprattutto a causa dei distinguo del Movimento 5 Stelle.

Draghi si presenterà in Parlamento e adotterà la formula dell’informativa, nessuna discussione né voto fra i gruppi parlamentari. Se il M5S vorrà mettere al voto la linea del governo, dovrà presentare una mozione, discuterla in conferenza dei capogruppo e calendarizzarla. Un iter piuttosto lungo e poco auspicabile. Insomma, un’azione del genere da un lato potrebbe rivelarsi un grosso vantaggio per Draghi e co.

Dall’altra, tuttavia, potrebbe aumentare gli sconti interni alla maggioranza in un momento assai delicato. A pochi mesi dalla fine della legislatura non si vuole rischiare un capitombolo.

Enrico Letta, intervenuto al Forum organizzato a Sorrento da Mara Carfagna, non ha molti dubbi: “Credo che questo governo arriverà alla fine naturale della legislatura. Se ci fosse una crisi ora si andrebbe alle urne. Ma ora il paese ha bisogno delle riforme richieste per il Pnrr, sono state promesse”.

Conte sembra remare contro all’interno della maggioranza, ma Letta rimane fermo sulla sua posizione: “In un momento del genere qualsiasi governo avrebbe dei problemi, il conflitto in corso dopo la pandemia non ha aiutato. Gli effetti sull’economia sono devastanti. L’Italia ha una forte unità e mi auguro che le forza politiche rimangano unite per la ricerca della pace”.

Che tipo sei quando ti trovi nel branco?

Utilizziamo spesso il termine “branco” per indicare anche un gruppo di persone che si unisce per una determinata occasione o attività.

Unirsi in gruppo è segno di grande civiltà, stare insieme per giocare, studiare, lavorare, passeggiare e condividere ti rende parte di qualcosa di positivo e favorisce la maturazione dell’individuo. Per certi versi si potrebbe provare ad associare un funzionamento del branco di lupi e quello umano, e provare a vedere insieme le differenti figure principali all’interno dei Branchi di lupi e a quali personalità associarle nel mondo umano.

Vedremo insieme che i lupi vengono distinti con alcuni termini (alfa, beta, omega, intermedio, specialista) sono presi di peso dal mondo lupino, dove le gerarchie sono circolari e non piramidali – almeno in linea di massima e con qualche eccezione – e che sono anche fluide e non fissate una volta per tutte. Le gerarchie prevedono vari “ruoli sociali”, codificati dagli umani con tre lettere greche e alcuni aggettivi.

LUPI DA BRANCO

Diversi studi dimostrano che un branco vincente è generato dalla personalità dei lupi Alfa, dalla forza dei lupi Beta e dalla simpatia del lupo Omega. Il branco è una moltitudine che si fa unita per tutelare ogni suo membro, in una sorta di famiglia dove ognuno assume dignità proprio perché vi appartiene. Complici, risoluti e perfettamente inquadrati in una strategia improntata all’autoconservazione, vediamo insieme i vari componenti dei lupi in branco

ALPHA: il lupo (o più tipicamente una coppia di lupi) a cui gli altri si sottomettono perché lo ritengono il più forte, il più intelligente, il più esperto, il più figo di tutti: non cerca praticamente mai il conflitto (il che non significa che, se altri lo cercano, non lo trovino: è un capo, non un pirla), anzi tende solitamente ad isolarsi abbastanza e a starsene per i cavoli suoi, possibilmente in una posizione sopraelevata, se ce n’è una disponibile.

Sa chinarsi e sa guidare quando deve, e non è tanto quando e dove, quanto il come lo fa. Quasi in maniera regale per la dignità con cui si flette e la maestria con cui dirige, ma la cosa più impressionante è la velocità di apprendimento con cui assorbe il messaggio inviatogli da un altro essere. La semplicità d’azione mette in luce la sua sicurezza, ponendo subito fine alle ostilità (grandi o piccole che siano).

Nel mondo umano è tipica dei LEADER NATURALI, fonte del progresso per ogni azienda o società, che crescono e imparano in autonomia, ispirati dalla propria Vision. Autorevole, giusto, attento alle situazioni grandi e piccole, creatore di appartenenza, prende decisioni difficili, dà il buon esempio ed è in grado di motivare ed ispirare.

BETA: i beta sono i “poliziotti”: sono quelli deputati a mantenere le regole e a garantire la sicurezza. Anche loro sono solitamente una coppia, di stazza più grande e robusta della media, hanno il compito di delimitare il territorio in cui si muove un branco. Sono i più grossi e più forti ma non si sentono all’altezza della leadership così offrono la loro forza e la loro capacità di coordinamento agli esemplari alfa.

Nel mondo umano è quella del GREGARIO, che per accendersi ha bisogno di incontrare sul suo cammino un leader che lo ispiri; per rimanere motivato deve poter collaborare ed essere coinvolto da una squadra, al fine di contribuire alla realizzazione di una Vision comune, che col tempo possa diventare anche la sua. Assistono con diverso stile i decisori nella loro attività quotidiana, sono i secondi in comando, gli interlocutori preferiti, il braccio destro, i confidenti dei segreti più reconditi, gli alleati nelle battaglie etiche e nei colpi bassi.

INTERMEDIO: gli individui con l’udito più sviluppato e che, per questo, hanno il compito di avvisare gli altri qualora si avvicini un potenziale pericolo. Sono tendenzialmente diffidenti verso le novità. Sono eclettici, la loro maggiore dote è che possono sostituire in caso di morte qualsiasi ruolo all’interno del branco.

Nel mondo umano è L’OPERATIVO, sono utili alla soluzione del compito si esprimono con la stimolazione del gruppo, l’informazione, l’ascolto, l’interesse, l’organizzazione pratica delle attività.

OMEGA: Il loro compito è quello di disinnescare le tensioni e di appianare i conflitti: e per questo, tra i lupi, vengono ricompensati con privilegi di tutto rispetto. Tra i lupi il loro ruolo principale (e fondamentale) è quello di mantenere la calma, per esempio, al momento del pasto, quando tutti vorrebbero mangiare per primi e più degli altri: senza un omega, ogni pasto finirebbe in rissa e il branco subirebbe sicuramente delle perdite, o si ritroverebbe con metà dei membri feriti e sanguinanti (e in mezzo ai boschi non c’è il veterinario pronto ad intervenire…). Non va mai a caccia, ma è pronto a sdrammatizzare nei momenti brutti.

Nel mondo umano i CONVERGENTI: promuovono la coesione e si manifestano con l’incoraggiamento, l’armonizzazione delle differenze, la ricerca dell’accordo, la facilitazione della comunicazione.

SPECIALISTI CACCIATORI: considerati di “basso rango” dal branco, meno dinamici socialmente, inseguono la preda, la stancano o cercano di spedirla nella direzione dei beta, che poi la attaccano definitivamente e la uccidono.

Nel mondo umano è l’ESECUTORE, lavorano per vivere, non scorgendo nessun tipo di arte nel loro lavoro, al quale dedicano – come tutti – circa l’80% della propria vita. Hanno un approccio all’attività STATICO e a volte mancano di quella visione dinamica necessaria a dare un significato profondo ai compiti da svolgere.

SPECIALISTI BALIA: in natura ha la funzione di “zio” (o zia, se femmina) dei cuccioli della coppia alpha. Tra i cani è molto più facile trovare balia maschi; le femmine sono più rare. Figure fondamentali quando sono presenti i cuccioli, deputato a fare la guardia alla tana in cui vivono madre e cuccioli ed è l’unico autorizzato ad entrarvi anche prima che i piccoli, svezzati, escano dalla tana.

Nel Mondo umano Il PROTETTORE o funzione «protettiva del gruppo», in quanto permette agli altri membri di sentirsi tranquilli. Sono pazienti, disponibili, amano stare con i bambini ed hanno spiccate doti di comunicazione non verbale.

LUPO SENZA BRANCO: Esiste un’ultima categoria di lupo, che non ha il fascino attribuitogli erroneamente nel sentire comune.  In questa condizione chi resta senza branco, è in realtà destinato a fare una brutta fine per motivi di mera sopravvivenza.  Infatti, per assicurare il buon esito della caccia è necessario un numero variabile di individui legato perlopiù al tipo di preda.

Nel mondo umano il NO-TEAM, non ama sottostare alle regole della squadra, ed ha difficoltà ad integrarsi con le leggi e le regole sociali. Nel lavoro ha difficoltà a rispettare le tempistiche assegnate anche se normalmente è molto bravo nella sua attività, che pratica con precisione.

Voi a quale lupo vi sentite più vicini?

FOTO: Almonature.com

Possiamo eliminare le zanzare dal mondo e vivere sereni?

Sta per arrivare l’estate e già iniziamo a percepire la loro presenza intorno a noi. Ma possiamo davvero “rinunciare” alle zanzare?

Ci siamo già muniti di racchette elettriche, piastrine, zampironi, spray alla citronella, Olio di Neem ovunque che sembra di essere in India.

Queste piccole ronzatrici, alle quali saremo disposti a donare anche il nostro sangue, se non fosse per la terribile scocciatura delle protuberanze pruriginose e di notti insonni a causa del loro piccolo, ma martellante frastuono, in realtà non sono poi così inutili come possiamo immaginare, anche se alcune di loro portano con sé malattie a volte fatali.

Uno studio condotto dalla comunità Europea, capitanato dall’esperta María José Ruiz-López, ha dimostrato che le zanzare svolgono un ruolo fondamentale nell’ambiente. La Ruiz-López afferma «Sappiamo che trasmettono le malattie e che quando ci pungono, le odiamo, ma non fanno solo questo.»

Prima di tutto è giusto sfatare un mito su questi piccoli vampiri succhia sangue, e cioè che solamente le femmine traggono nutrimento dagli animali (umani inclusi), mentre sia maschi che femmine si nutrono di nettare. Ciò significa che le zanzare svolgono un importante ruolo di impollinazione, in particolare quando sono attive durante la notte, momento in cui gli impollinatori per eccellenza, quali api e farfalle, non sono presenti. E qui sento già il mormorio con “uccidiamo tutte le femmine”, ma non si può, per la storia del proseguimento della specie.

Per non parlare poi del fatto che già prima che dispiegano le proprie ali, svolgono un ruolo ecologico rilevante in forma larvale, poiché filtrano microbi, detriti e alghe da pozze stagnanti, il che le rende spuntini irresistibili per piccoli pesci e anfibi che rappresentano l’alimento di pesci più grandi e uccelli e così via.

«Inoltre, sono importanti anche da adulte», spiega Ruiz-López «poiché, ad esempio, forniscono nutrimento a uccelli e ragni.»

E se eliminassimo almeno le quattro specie di zanzare che trasmettono la malaria? Loro sono le prime in lizza nei programmi di eradicazione, ma ci si è resi conto che non si può fare, poiché si sono dimostrate determinanti per l’ecosistema di più ampio respiro. «Se ci liberassimo di una di queste specie, non sappiamo cosa potrebbe succedere: più di quanto pensiamo, probabilmente», afferma Ruiz-López.

Tramite il progetto TransWNV, finanziato dall’UE, Ruiz-López ha studiato il ruolo della zanzara comune nella trasmissione del virus West Nile. Di solito, uccelli e zanzare si passano reciprocamente il virus, che tuttavia può essere trasmesso anche agli esseri umani. La ricercatrice ha riscontrato che alcuni uccelli, tra cui i passeri, sono altamente suscettibili alla malattia, mentre altri, quali quaglie e tortore, fungono da vettori asintomatici.

Ma allora perché le zanzare pungono anche noi esseri umani? A causa della rimozione di una fonte di approvvigionamento alimentare preferita della zanzara comune, ovvero gli uccelli, la costringe a cacciare prede meno desiderabili. Ed è proprio questo che avviene quando spuntano casi di virus West Nile negli esseri umani.

«Durante i miei interventi sostengo che ciò riflette il concetto di salute unica, vale a dire che la nostra salute è imprescindibile da quella degli animali e dell’ecosistema. Un ecosistema sano comprende le zanzare per fornire nutrimento agli insetti e pulire l’acqua: l’ambiente ha bisogno di tutti questi elementi.»

Sebbene le zanzare dimostrino una predilezione per specie, nonché per persone particolari, Ruiz-López ha un consiglio in merito: «Se si ha paura di essere punti, potrebbe essere una buona idea sedersi vicino a una persona più stuzzicante!». Quindi circondatevi di altre persone, alla fine qualcuno più appetibile di voi lo troveranno. 

Perché le dichiarazioni di Elisabetta Franchi non sono il vero problema

La bufera che ha colpito Elisabetta Franchi negli ultimi giorni è talmente vasta che non credo ci sia bisogno di presentazioni

L’imprenditrice si trova ad essere oggi più famosa per le sue recenti dichiarazioni, che per l’effettivo lavoro nella sua Maison.

Da madre lavoratrice, ascoltare le sue parole è stato strano – e la pezza è stata forse più strana della toppa.
Le dichiarazioni della Franchi sono un problema, ma non tanto per come si sta schierando il popolo. Come spesso accade in questi casi, ci troviamo di fronte a una fazione che dà ragione alla protagonista, e un’altra che le da contro. Ma è davvero così semplice la questione?

Mi sono laureata triennale in Ingegneria Elettronica ormai sei anni fa, conseguendo successivamente una magistrale in Biomedical Engineering, un corso di laurea dedicato all’Ingegneria Biomedica, completamente in inglese, lavorando e dovendo gestire anche una piccola malattia cronica autoimmune degenerativa che, per quanto innoqua, ha messo qualche difficoltà in più al mio percorso.

Una volta laureata, mi sono affacciata al mondo del lavoro che io consideravo “ufficiale”. Quello in cui mi sarei fatta una carriera nell’ambito che amo e su cui avevo sudato e faticato negli anni precedenti. Nel giro di un anno, con un po’ di fortuna e un altro pochino di fatica, ho anche trovato finalmente un lavoro che mi piace. Forse non proprio il lavoro che avevo pensato prima di iniziare l’università, ma un lavoro che mi fa sentire brava e, diciamolo, un lavoro che è anche soddisfacente.

Mi battevo per avere la mia indipendenza economica, per lavorare in un ambito che mi stimolasse, facendo qualcosa che per me fosse importante. Ero letteralmente terrorizzata dall’idea che un figlio avrebbe fatto finire tutto.
«Non puoi fare un figlio ora» mi dicevano. «Quando farai un figlio dovrai dire addio alla tua carriera». «Non sarai più in grado di gestire il tuo lavoro». «Sicuramente dovrai chiedere il part-time.»

Poi è successo. Io e mio marito un figlio lo volevamo davvero, quindi ho deciso di turarmi le orecchie e di provarci. Mi è stato insegnato che certi problemi capisci come risolverli solo quando te li ritrovi davanti. Mio figlio oggi ha un anno e mezzo e ha decisamente stravolto la mia esistenza, in modi che prima non immaginavo nemmeno possibili.
E il lavoro?

Grazie allo smartworking e ad una rete di colleghi di mentalità moderna, ho lavorato fino al nono mese di gravidanza, senza nessun calo di performance da parte mia. Essendo dipendente, ho potuto usufruire dei cinque mesi di maternità obbligatoria (che per la mia esperienza sono il giusto numero per riprendere possesso del proprio fisico e della propria mente dopo un cambiamento così radicale come la nascita di un bambino), al termine dei quali sono rientrata in ufficio con l’orario ridotto (come previsto dalla legge).

Tornare a lavorare, sebbene sempre in smartworking, per me è stato importante per iniziare a riprendermi un po’ di me stessa. Oggi sono tornata full time e trovo qualche difficoltà solo nel far combaciare gli orari dell’ufficio con le chiusure dell’asilo nido di mio figlio o delle vacanze della baby sitter.

Ma la mia è una storia come tante, con niente di speciale a parte forse la fortuna di avere una situazione che mi permetta di gestire bene lavoro e famiglia. Le parole della Franchi, però, non parlano di me. Non parlano delle donne che vogliono o hanno un figlio, ma che vogliono anche mantenere e coltivare la propria carriera. Le parole della Franchi sono un problema perché, è bene sottolinearlo, confessano l’inconfessabile, ciò che tutti sappiamo, ma che speravamo nessuno avesse più la faccia di dire.

Dicendo apertamente di preferire i manager uomini, la Franchi confessa un illecito. Per quanto tutti, per prime le donne, almeno una volta nella vita si sono trovate d’accordo con imprenditori che (a torto o a ragione) fanno avanzare gli uomini, dichiararlo come modo sistematico di proporre assunzioni e promozioni significa semplicemente confessare un reato – in quanto si prefigura una discriminazione di genere, basato oltretutto su una supposizione.

La dottoressa Franchi suppone, come tanti imprenditori. Suppone che una donna, solo perché nella pericolosa “età fertile” voglia o possa avere un figlio e, di conseguenza, decide che quella donna, che solo in quanto donna in età fertile allora automaticamente desiderosa di procreare, è meglio lasciarla indietro e aspettare “gli anta”, in modo che “se si doveva sposare si è sposata, se doveva fare figli li ha fatti, se doveva divorziarsi lo ha fatto”.

Insomma, una donna negli anta “ha già fatto tutto il circo” e l’azienda è fuori dal pericolo di dover vedere assentarsi una persona per cinque mesi. E suppone che un uomo, seppur nella stessa “età fertile” (stavolta non più pericolosa, perché l’uomo è maggiormente vincolato al lavoro), non voglia partecipare attivamente alla vita familiare.

«Eh, ma sai quante donne spariscono per anni una volta incinte?» È vero che tra maternità a rischio, maternità obbligatoria, aspettativa, allattamento e part-time una donna può assentarsi per diverso tempo dall’ufficio, ma quello che vorrei chiedervi è: cosa può portare una persona, in questo caso una donna, a studiare per anni, sgomitando e faticando ogni giorno, lavorando e impegnandosi il doppio dei colleghi uomini per dimostrare quanto vale, combattendo delle piccole grandi battaglie quotidiane che comprendono battutine e atteggiamenti più o meno gravemente sessisti, per poi arrivare al momento della gravidanza e decidere di interrompere la propria carriera, buttando anni e anni di impegno?


E non è forse tutto questo anche una discriminazione per i padri? Questi padri che oggi sono “fortunati” ad avere, quando va bene, ben dieci giorni di tempo per stare a casa con il nuovo arrivato o la nuova arrivata. Avere una disparità di questo tipo, obbliga i genitori fin da subito ad un meccanismo forzato in cui l’uomo torna immediatamente full time a lavoro e si occupa del proprio figlio solo nel “tempo libero” che gli avanza, mentre la donna (in assenza di alternative) avrà obbligatoriamente il ruolo di genitore che accudisce, perpetrando dei ruoli di genere anacronistici, appartenenti ad una società ben diversa da quella in cui viviamo oggi.

Non sarebbe meglio gestire l’arrivo di una nuova vita in famiglia in modo più elastico? In modo che ogni famiglia possa scegliere chi sta a casa e in che termini, ognuno in base a ciò che ritiene più opportuno per la propria situazione?

Magari dando anche ai padri il giusto tempo per abituarsi a un nuovo equilibrio, ad una nuova vita, a un nuovo ruolo, a dei nuovi orari, dei nuovi gesti, una nuova forma di stanchezza e di entusiasmo? Se la struttura della nostra società accogliesse diversamente le gravidanze, se sostenesse di più anche i padri fornendo loro un congedo adeguato alla situazione, se ci fosse una rete più solida a favore delle famiglie, se il lavoro fosse ottimizzato e orientato ad un equilibrio tra il profitto aziendale e il benessere psicofisico dei dipendenti, forse non ci sarebbe nessuna Elisabetta Franchi a fare scandalo per averci ricordato che non ci siamo ancora davvero evoluti.

Eliana Streppa

Michael Jackson – Le 5 curiosità mai rivelate sul Re del Pop

Nel 1983 la stampa attribuì a Michael Jackson il soprannome di Wacko Jacko, ovvero “Jack lo strambo”, dopo aver appreso due notizie che l’artista smentì in maniera categorica

Si diceva che la star statunitense avesse acquistato per una grossa cifra lo scheletro di Joseph Merrick, il cosiddetto uomo elefante. La seconda indiscrezione riguardava il fatto che Jackson dormisse in una camera iperbarica per mantenersi giovane. Come vi abbiamo anticipato, il re del pop negò entrambe le cose. Ciò non toglie che sulla vita di Michael siano state raccontante tantissime storie che suonano come leggende metropolitane, mentre altre, seppur strane, sono in realtà vere. Ve ne sveliamo 5 che pochissimi conoscono.

La folta chioma a fuoco

Nel 1984, mentre stava girando uno sport pubblicitario per la Pepsi Cola, i capelli di Jackson presero fuoco, provocandogli ustioni di secondo e terzo grado in testa. In seguito a tale incidente, il cantante dovette sottoporsi a svariati trapianti di cuoio capelluto.

Il suo amico scimpanzé

Nel favoloso ranch di Neverland, Michael aveva allestito uno zoo privato con tanti animali curiosi, come il montone Mr Tibbs e i lama Louis e Lola. Il suo preferito era senza dubbio lo scimpanzé Bubbles, adottato da un laboratorio di ricerca sul cancro quando l’animale aveva tre anni.

350 dollari per vederlo camminare

Fra le vicende più scabrose della vita di Jackson c’è il processo per pedofilia che lo vide imputato e da cui venne assolto nel 2005. Si racconta che il proprietario di un’abitazione con vista sul tribunale di Santa Maria, chiedesse 350 dollari ai fan e ai giornalisti per poterlo vedere camminare per pochi minuti.

La scarpa-antigravità

Tanto straordinario come cantante quanto come ballerino. A volte, però, Jackson andava oltre le leggi della fisica. Nel famoso video dell’88 di Smooth criminal, l’artista si piega a 45 gradi. Per riuscire in tale espediente scenico utilizzò una scarpa anti-gravità da lui stesso brevettata, che gli permetteva di agganciare il tacco della scarpa ad una griglia retrattile sul pavimento.

The King e The Queen

Michael Jackson e Freddie Mercury erano molto amici, tanto che nel 1980 registrarono insieme 3 canzoni: Victory, State of Shock e There must be more to life than this. Sono rimasti semplici demo e non sono mai ufficialmente usciti.

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